L’esercito israeliano ha ordinato a tutti i residenti di Gaza City di lasciare immediatamente la città. L’annuncio è arrivato con volantini lanciati dal cielo, messaggi sui telefoni cellulari e chiamate registrate. L’ordine riguarda ogni quartiere: dalla Città Vecchia fino a Tuffah, a est, e da lì fino al mare.
Israele ordina l’evacuazione totale di Gaza City
Le persone raccolgono i fogli gialli caduti dal cielo. Alcuni li leggono a voce alta, altri li stringono tra le mani senza parlare. Nelle strade il rumore dei droni copre le conversazioni. Le voci corrono veloci: bisogna andare via, non resta tempo.
La fuga
Famiglie intere scendono in strada con quello che riescono a portare. Borse di plastica, sacchi di farina, materassi arrotolati. Alcuni spingono passeggini, altri reggono i bambini sulle spalle. Le auto si muovono a passo d’uomo, cariche di persone e di bagagli legati con corde. Chi non ha un mezzo cammina. Centinaia percorrono le strade a piedi, trascinando valigie o taniche d’acqua. Altri salgono su carri trainati da asini. Le colonne di sfollati avanzano tra macerie e crateri.
Le destinazioni
L’IDF indica al-Mawasi, sulla costa meridionale, come “zona sicura”. Lì già vivono centinaia di migliaia di sfollati. Le tende bianche piantate sulla sabbia si moltiplicano, ma non bastano. Mancano acqua e servizi igienici, gli ospedali da campo sono saturi. I medici parlano di infezioni respiratorie, diarrea, disidratazione. L’arrivo di altre migliaia di persone rischia di aggravare la crisi.
Gaza City
La città mostra le ferite di settimane di raid. Quartieri residenziali rasi al suolo, edifici multipiano trasformati in cumuli di cemento. Israel Katz, ministro della Difesa israeliano, parla di “torri terroristiche” distrutte. Molti palazzi erano sedi di uffici, negozi, appartamenti. Interi isolati sono ridotti a macerie. Le strade centrali sono deserte, rotte dall’eco delle esplosioni.
Le parole del governo
Il premier Benjamin Netanyahu ha definito gli ultimi bombardamenti un preludio a una nuova manovra di terra. Ha detto: “Andatevene ora, Gaza City diventerà un campo di battaglia”. L’IDF sostiene che l’evacuazione serva a separare i civili dai combattenti e a facilitare l’ingresso dei soldati nelle zone urbane.
Le persone
Molti abitanti raccontano di avere già cambiato rifugio quattro, cinque volte dall’inizio del conflitto. Alcuni non hanno più nulla da portare via: solo documenti, bottiglie d’acqua, un pezzo di pane. Chi resta lo fa perché non ha la forza di spostarsi, perché è anziano, malato o perché non vuole lasciare la propria casa. Le famiglie si dividono: chi parte cerca di proteggere i bambini, chi resta veglia sulle abitazioni.
Il panico
Le ambulanze si muovono tra la folla, sirene che tagliano il brusio. Molti cercano di raggiungere parenti in quartieri lontani, altri si fermano sul ciglio della strada senza sapere dove andare. Le aree designate come sicure sono già sovraffollate, mancano cibo, acqua, elettricità. L’ordine di evacuazione si traduce in migliaia di persone in cammino, senza un rifugio certo.
Le immagini
Dall’alto Gaza City appare svuotata. Strade ingombre di detriti, automobili ferme ai lati dei marciapiedi, colonne di civili che si muovono verso sud. Alcuni avanzano in silenzio, altri piangono mentre trascinano i figli per mano. L’odore acre dei bombardamenti si mescola alla polvere che avvolge l’aria.