Sull’accelerazione impressa dall’emergenza sanitaria da Covid-19 alle dinamiche già in atto nel mercato del lavoro, sulla direzione e la profondità di queste dinamiche e su come cogliere le opportunità di quella che si prospetta come una vera e propria rivoluzione abbiamo intervistato Carlos Manuel Soave, Managing Director di Hays Italia, società quotata al London Stock Exchange, tra i leader mondiali nel recruitment specializzato.
Dott. Soave, che cosa ha modificato in modo permanente l’esperienza del lockdown da Covid-19 nel mondo del lavoro?
"L’emergenza Covid ci ha obbligati ad un cambio drastico in tempi brevissimi. In alcune zone ed in alcune città, come per esempio Milano, ci siamo ritrovati a dover lavorare da casa da un giorno all’altro. Come Hays, abbiamo constatato che le aziende sono state obbligate a valutare ed adottare strategie di lavoro più flessibili, situazioni che in altri Stati già avvenivano ma che in Italia, probabilmente, ancora non avevamo mai sperimentato. Da quanto apprendiamo dai nostri clienti e dai nostri candidati, oggi tante aziende stanno cercando di capire e comprendere quale possa essere la giusta valutazione dei dipendenti, basandosi su questi nuovi strumenti di lavoro flessibile. Le aziende stanno cercando di capire bene come valutare il lavoro delle persone da casa o in altri posti che non siano l’ufficio. Questa modalità durerà nel tempo in quanto, innanzitutto, c’è il timore di una potenziale nuova ondata del virus e, di conseguenza, le aziende si stanno sin da ora strutturando per avere una soluzione ibrida nel breve e medio termine. Questo è un momento di cambiamento, inutile negarlo, e dobbiamo interpretare questo processo in modo positivo perché i modelli ibridi, se impostati correttamente, possono offrire molti vantaggi e ottimi risultati. Queste soluzioni sono importanti e fondamentali per mantenere le persone attive, creare innovazione e portare nuove idee. Noi di Hays stiamo cercando di vivere ed affrontare il cambiamento in atto in questo modo".
Collegandoci alla domanda precedente, si ha l’impressione di essere all’inizio di una nuova fase dell’economia mondiale, all’insegna del binomio tecnologia digitale-sostenibilità, con tutto ciò che ne consegue in termini di ricadute occupazionali e sociali. Guardando al medio-lungo periodo, quale sarà l’evoluzione del mercato del lavoro nei prossimi 10 anni?
"Il mondo del lavoro è composto da tantissime realtà, dalla multinazionale alla piccola impresa, ed ognuna di esse fa storia a sé. Ciò che accumuna queste realtà è la fase di apprendimento: tante aziende stanno rivedendo il loro assetto e stanno cercando di capire quale sia il giusto approccio al lavoro, anche se in questa prima fase regna un po’ di incertezza. Nel medio termine queste nuove soluzioni si perfezioneranno e si troverà un nuovo equilibrio: se le persone vengono seguite bene e vengono dotate di strumenti di lavoro adeguati, i risultati si raggiungono. Si può essere produttivi anche se non si è fisicamente in ufficio. A mio avviso il Covid ha avuto un impatto sul mondo del lavoro che durerà nel tempo: in futuro, infatti, potremo immaginare società sempre più agili ed un lavoro sempre più smart, con l’abbattimento anche di confini geografici. Tante aziende ora stanno facendo colloqui e assumono personale da remoto, cosa impensabile fino a soli quattro mesi fa".
L’era post-Covid vedrà un aumento dei team ibridi?
"Assolutamente sì. Noi abbiamo a che fare con le risorse umane, un ramo davvero complicato da gestire e quello che noi riscontriamo è che cresce sempre di più la voglia di andare incontro ad una soluzione ibrida. Quello che abbiamo riscontrato in questi mesi di lockdown è che le persone responsabili continuano a lavorare bene: questo dimostra che, se un’azienda assume una persona giusta e questa viene dotata di strumenti adeguati per lavorare bene, i risultati buoni arrivano ugualmente. La difficoltà sta nel gestire tutti i dipendenti della singola azienda e nel creare un senso di appartenenza anche se non si è presenti fisicamente in ufficio. Per una generazione come la mia è difficile accettare una situazione che non preveda la presenza in ufficio di un dipendente, per questo motivo le nuove generazioni si adatteranno più facilmente a questa soluzione, ma sarà impegnativo creare un vero senso di appartenenza che possa legare il lavoratore all’azienda e aiutarlo, in questo modo, a rendere di più. Oggi i giovani tendono a cambiare spesso aziende, luogo e tipologia di lavoro rispetto alle nostre generazioni e questa modalità di affrontare il mondo del lavoro offre importanti ed innumerevoli opportunità. Il mondo del lavoro è composto da diverse realtà e trovare la soluzione adatta per tutte è complicato".
Nel mercato del lavoro c’era già un divario tra domanda e offerta, soprattutto in alcuni Paesi, che ora potrebbe allargarsi. In altre parole, le imprese non trovano tutte le professionalità di cui hanno bisogno. Cosa fare per ridurre, se non proprio annullare, tale divario? In tale quadro, chi saranno sempre più i protagonisti del nuovo mercato del lavoro?
"A mio avviso i datori di lavoro dovrebbero sempre investire nella formazione dei dipendenti, in quanto più si investe nella formazione delle persone, più queste si sentiranno parte di un progetto e saranno affezionate all’azienda con un beneficio per tutti. Il processo formativo deve essere effettuato in forma continua e costante e, in questo contesto, verifichiamo quotidianamente che i ruoli nei quali troviamo tanta technicality trovano più riscontro e hanno un maggior mercato. Questi ruoli sono richiesti molto nel mondo dell’IT, nell’Engineering e nel Mathematics. I professionisti che hanno maturato della technicality hanno sempre un ampio mercato a disposizione, sono i ruoli più generici che fanno maggior fatica e sono potenzialmente più a rischio. Il ruolo del contabile, per esempio, come lo intendevamo noi, probabilmente in futuro non esisterà più. Per questi motivi è importante lavorare sulla formazione di ogni singolo dipendente ed aiutarlo a sviluppare le proprie particolarità".
Nel nuovo quadro del mercato del lavoro che si sta delineando qual è la situazione specifica dell’Italia? Quali i ritardi più gravi, quali le maggiori potenzialità alla luce della vostra esperienza di leader nell’attività di recruitment?
"In Italia ci sono tantissime persone che non hanno nulla da invidiare a professionisti stranieri. L’Università italiana ha fatto grandi passi in avanti, ma rimane sempre un luogo dal quale si esce con un bagaglio culturale non indifferente, con tanta trasversalità ma con pochi tecnicismi. In altri Paesi, invece, l’Università si concentra di più sui dettagli: io personalmente ho studiato negli Stati Uniti e quando sono uscito mi rendevo conto che, per quanto riguarda l’utilizzo del PC piuttosto che di altri strumenti informatici, ero molto più all’avanguardia rispetto ad altri colleghi italiani, pur bravissimi. Anche qui non abbiamo una ricetta comune: noi Italiani ci siamo sempre contraddistinti per essere abbastanza trasversali e questo senz’altro è un punto di forza perché si esce dal ciclo di studi con un bagaglio culturale molto importante. Le Università italiane sono ottime: generano continuamente potenziali talenti e abbiamo tanti casi di Italiani che sono diventati responsabili di aziende molto importanti a livello globale. Io penso che la forza dell’Università Italiana sia far uscire le persone con un bagaglio culturale straordinario, ma si può ancora migliorare e ho l’impressione che le Università stiano andando verso questa direzione. Occorre necessariamente adeguarsi a quelle skills che il mondo del lavoro richiede in questo momento. Concentrarsi, quindi, su un approccio trasversale, ma anche con un’attenzione particolare verso la parte tecnica".
Il Presidente del Cnel Tiziano Treu, sul tema dei contratti collettivi nazionali scaduti, pari al 59,3%, ha affermato che “bisogna favorire una nuova stagione contrattuale”. È d’accordo sulla necessità di aggiornare in profondità, adeguandoli ai tempi nuovi, i contratti nazionali collettivi di lavoro?
"Il numero di contratti collettivi nazionali del lavoro in Italia è molto ampio. Se vogliamo che ci siano società estere che investono in Italia, però, si dovrebbe snellire questa soluzione: noi stessi che siamo di casa madre inglese, quando presentiamo ai nostri colleghi anglosassoni tutte le situazioni possibili, ci troviamo in difficoltà a dover spiegare tutti i singoli dettagli. Ogni contratto ha le sue caratteristiche e particolarità e secondo noi più si semplificano questi passaggi, più sarà facile per un’azienda investire nel nostro Paese".
Una delle principali ragioni del successo di Hays sta nel
fatto che siete specializzati nelle diverse aree di mercato, per le quali avete
sviluppato nel corso degli anni divisioni dedicate: Accountancy & Finance,
Banking & Insurance, Information Technology, Engineering, Human Resources,
Legal, Life Sciences, Retail, Sales & Marketing. Quali di queste divisioni,
nel prossimo futuro, si presentano come le più promettenti alla luce
dell’economia post-Covid?
"In questi ultimi anni le figure maggiormente richieste sono gli IT: vediamo, infatti, sempre più attività svolgersi attraverso strumenti informatici. Tante richieste ci sono anche nel mondo Digital e anche qui il Covid ha accelerato alcuni comportamenti che hanno portato all’aumento degli acquisti online, anche da parte di persone non particolarmente propense per questo genere di soluzioni. Il mondo dell’Insurance continua ad essere ricco di richieste, così come per il settore Engineering. Laddove c’è technicality la richiesta non manca. Categoria a parte sono i settori Sales: tutte le aziende nascono per generare profitto e vendere, e alcune di esse stanno mutando la loro forza vendita, in quanto si rendono conto che alcuni commerciali che avevano prima del lockdown non saranno più adatti alla nuova realtà verso la quale stiamo andando incontro. Tante catene Retail stanno chiudendo i negozi e si stanno concentrando sulla vendita online e, in alcune situazioni, è necessario anche un ricambio del personale. Ci sono altri settori, come per esempio quello del Food e della Logistica, che, malgrado le difficoltà, riescono ad essere meno colpiti rispetto ad altri e a mantenere un ruolo centrale".
Divario di genere. Nell’ambito dell’attività di recruitment specializzato, quale è la situazione di questo aspetto importante del mercato del lavoro? C’è ancora un consistente divario di genere non solo negli avviamenti, ma anche nelle progressioni di carriera?
"Hays è di matricola inglese e per noi uomini e donne hanno le stesse identiche opportunità, il tutto dipende ed è basato sulle performance di ogni singolo individuo. Ciò che conta è solo la performance, altro non importa. Noi siamo stati educati in questo modo e crediamo fortemente in questo percorso. La situazione in Italia sta pian piano migliorando da questo punto di vista: confrontandoci a riguardo con i nostri clienti notiamo che, anche nel nostro Paese, ci si basa sempre di più sulla performance e non su altri aspetti, anche se sono presenti ancora differenze questo è innegabile. Abbiamo anche svolto dei sondaggi in occasione della Giornata Internazionale della Donna e, anche gli stessi uomini, percepiscono che i datori di lavoro si stanno impegnando maggiormente nel migliorare la parità di genere in ambito nazionale".
Il vostro Gruppo, con oltre 10mila professionisti che compongono il team Hays worldwide con uffici dislocati in 33 Paesi nel mondo e 20 divisioni specializzate, è certamente un punto di osservazione privilegiato dell’andamento e delle caratteristiche mondiali del mercato del lavoro. Quali aree del pianeta sono oggi le più attrezzate nel rispondere alle esigenze professionali dettate dalla rivoluzione digitale e, più in generale, tecnologica?
"Ci sono dei poli nei quali alcune aree tecnologiche sono estremamente all’avanguardia: il Nord Europa, piuttosto che gli Stati Uniti o la Cina su tutti. Percepiamo che c’è molta richiesta di profili IT nell’area asiatica, ma lo scenario è in continua evoluzione e potrebbe cambiare in tempi molto brevi".