Conad, l'ad Pugliese: "Sostenibilità e digitalizzazione, le chiavi del successo"
- di: Redazione
Dopo aver conquistato la leadership della GDO in Italia nel 2019, Conad ha continuato a crescere anche nel 2020, nonostante gli effetti della pandemia. Le ragioni di questi successi, le nuove sfide, le luci e le ombre del settore distributivo italiano, le richieste al Governo in questa intervista a Francesco Pugliese, Amministratore delegato Conad.
Dottor Pugliese, nel 2020 Conad ha portato il fatturato a 15,95 miliardi di euro (+12,3%) e completato l’acquisizione della rete Auchan. Risultati davvero non da poco in un anno caratterizzato dalla pandemia, con il crollo dei consumi non alimentari. Inoltre, nel 2019 avevate raggiunto il traguardo storico della leadership assoluta tra le catene della distribuzione in Italia. È soddisfatto? Come avete affrontato l’emergenza da Covid e quali segnali stanno arrivando sul fronte dei consumi?
Il nostro fatturato ha sfiorato i 16 miliardi, confermando la nostra leadership con una quota di mercato del 15,1%. Siamo soddisfatti, ma non felici. Non possiamo non considerare che la pandemia ha prodotto e produrrà effetti molto pesanti sul sistema economico italiano, in termini di chiusura di aziende e di perdita di posti di lavoro. Soprattutto le aziende del libero servizio come bar, ristoranti e alberghi, soffrono e soffriranno. La loro chiusura ha colpito e colpirà anche noi: sono, infatti, moltissimi i pubblici esercizi che acquistano una parte dei prodotti che offrono ai loro clienti da noi. I consumi alimentari hanno tenuto: nel 2020 sono cresciuti i canali di prossimità, i negozi e i supermercati vicino a casa, mentre i punti vendita di attrazione, quelli di grandi dimensioni, hanno sofferto un netto calo. Nella prima parte del 2021 si sta verificando il contrario: riprendono i consumi negli ipermercati e calano, rispetto all’anno scorso, quelli nei negozi sotto casa. In entrambi i casi, comunque, i consumi alimentari sono superiori a quelli del 2019 e quindi siamo in attesa di ulteriori dati per poter fare delle analisi più complete.
Lei ha dichiarato che “multicanalità, sviluppo dei prodotti a marchio Conad, sostenibilità, digitalizzazione sono le
direttrici strategiche di Conad”. Come prevedete di impleentarle ulteriormente nel medio-periodo? Quale, in questo contesto, il ruolo dei vostri Prodotti a Marchio?
Un prodotto su tre venduto nei nostri punti vendita ha il nostro
marchio: siamo 10 punti al di sopra della media del mercato in
Italia. Continuiamo a lavorare per ampliare la nostra offerta e per
far crescere la qualità dei prodotti che portano il nostro nome,
selezionando le migliori aziende italiane e costruendo con loro
solide collaborazioni. Lavoriamo anche sulle linee premium: a
“Sapori & Dintorni” si è da qualche mese aggiunta la linea “Sapori & Idee”, che offre prodotti rivolti a chi ama sperimentare gusti
ed esperienze più contemporanee e innovative. Inoltre, abbiamo
ampliato l’offerta di prodotti “bio” e anche quella dei prodotti
“green”: sono nicchie di mercato interessanti.
Stiamo anche crescendo nell’offerta di prodotti non alimentari,
capitalizzando una esperienza fatta da un gruppo di professionisti che facevano parte di Auchan e che oggi lavorano con Conad.
Rimanendo sul tema, Conad ha annunciato investimenti
per 1,5 miliardi di euro per il triennio. Su quali versanti
verranno effettuati questi investimenti? Quali sono i nuovi obiettivi che intendete raggiungere?
La rete distributiva italiana, come quella autostradale, è vecchia in molti punti e ha bisogno di continua manutenzione
e di interventi radicali di rafforzamento in alcuni punti. Anche la nostra rete Conad ha bisogno di alcuni
interventi importanti, come su gli ex negozi Auchan, e di una manutenzione e innovazione
continue. Al termine del triennio avremo
una rete multicanale, in grado di offrire
ai consumatori 5 diversi ‘prodotti
distributivi’, in grado di soddisfare le diverse esigenze che
ogni persona e ogni famiglia
ha nell’arco di un mese. Perché
non abbiamo lo stesso bisogno
tutti i giorni e facciamo la spesa ogni volta in modo diverso.
Il commercio e gli esercizi pubblici in Italia sviluppano un
fatturato di 542 miliardi di euro, contano 663mila imprese e oltre 2 milioni di occupati, creano un valore aggiunto
di 86 miliardi di euro, con un piano di investimenti di 10
miliardi di euro. Insomma, una realtà cruciale per l’economia italiana. Qual è la situazione italiana del settore
distributivo rispetto a quella degli altri Paesi europei?
Luci e ombre.
Abbiamo appena presentato l’XI° Rapporto sulla Legislazione
Commerciale, curato da ANCD e da SDA Bocconi. Per raggiungere dimensioni paragonabili a quelle di altri Paesi dell’UE
abbiamo bisogno di una profonda revisione delle leggi sul
commercio. Abbiamo bisogno di semplificare e snellire la burocrazia, di avere lo stesso trattamento tra canali fisici e digitali: Amazon fa spesso quello che vuole e non paga le tasse in
Italia; noi dobbiamo rispettare regole diverse in ogni regione
e comune e abbiamo un carico fiscale notevole. Abbiamo poi
bisogno di nuove regole creare condizioni in cui gli operatori
del comparto possano lavorare e favorire la crescita economica
di tutte le filiere produttive dell’agroalimentare, che valgono
circa il 25% del PIL.
Quali sono i punti chiavi delle sfide post-pandemia per il
settore distributivo italiano? Cosa ha cambiato in modo permanente un anno e più di pandemia nella situazione e
nelle prospettive del settore? Quali appuntamenti il settore distributivo italiano è chiamato a non mancare?
Il contesto in cui si muove il commercio è caratterizzato da una
forte innovazione: e-commerce, tecnologie digitali per il contatto dei clienti, logistica rivoluzionata, comunicazione ormai quasi
personalizzata. È opportuno considerare che il commercio è motore di grandi investimenti industriali e tecnologici, perché usa
molta energia e ha come pillar strategico per i prossimi anni la sostenibilità: azioni concrete come riduzione delle emissioni di CO2
,
riciclabilità delle confezioni e loro riduzione, maggior efficienza
energetica. La pandemia ha accelerato alcuni di questi fenomeni,
che possono essere trasformarti in reali benefici per il consumatore solo con appropriati investimenti.
Che giudizio dà del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) presentato dal Governo Draghi e approvato dal
Parlamento, sia come impostazione generale che come interventi specifici, sia anche come governance? Rileva delle
particolari criticità?
Ho letto con attenzione il PNRR: lo valuto positivamente, anche
se lo spazio riservato al commercio e al suo sviluppo non è molto.
Io credo che non serva lamentarsi, ma trovare nel PNRR quelle
indicazioni che consentano al nostro comparto di cogliere le opportunità date dagli investimenti destinati alla transizione digitale e quella verso la sostenibilità. Penso che l’imprenditorialità
diffusa che caratterizza il nostro sistema possa trovare spunti per
crescere nella direzione auspicata dal Governo e da noi, operatori
del comparto.
Conad si è sempre dimostrata molto attenta al tema della
Sostenibilità ambientale come di quella economica e sociale. Nel marzo scorso avete lanciato “Sosteniamo il futuro”,
una strategia di sostenibilità concreta al servizio delle comunità. Ce ne può parlare?
Per noi la sostenibilità ha tre dimensioni: ambiente e risorse; persone e comunità; imprese e territorio. Su queste costruiamo il nostro futuro, investendo sul rinnovamento dei nostri negozi e realizzando una piattaforma per l’e-commerce, che non deve essere
solo “servizio a domicilio” ma un canale per quella parte della
cittadinanza, che oggi non supera il 5% del totale, che preferisce
questa modalità di acquisto.
Interveniamo sulla logistica e sui packaging, sulla formazione delle nostre persone e sull’educazione dei giovani, a sostegno delle
parti più fragili delle comunità in cui operiamo e dello sviluppo
delle realtà produttive delle filiere agroalimentari.
Abbiamo aperto una piattaforma di interventi che abbiamo chiamato “Sosteniamo il futuro” proprio per dare a tutta la nostra
azione un tratto comune, che guidi l’azione di tutte le nostre
strutture sui territori.
Lo scorso 20 aprile il Senato ha approvato il recepimento
delle direttive europee sulle pratiche commerciali sleali
nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare. Con questa legge arriva il divieto alle aste al doppio
ribasso. Si tratta di una vera svolta nell’ambito delle filiere
agroalimentare o non c’è da illudersi troppo?
Si tratta del primo passo, importante, per isolare quei pochi che
utilizzano pratiche sleali. Il tema è che spesso chi agisce male è
più visibile, a discapito dei molti che operano bene. Con questo
accordo mettiamo in chiaro cosa fa chi lavora bene. C’è ancora
strada da fare, ma ora è più facile distinguere i buoni dai cattivi.
Che ne pensa del ‘Nutriscore’, ovvero il sistema di etichettatura nutrizionale proposto dai francesi e che rischia di
mettere fuori gioco molti prodotti di qualità italiani chiave della Dieta mediterranea come l’olio d’oliva? E sull’etichettatura d’origine, cavallo di battaglia della Coldiretti
che il Governo italiano intende sostenere in Europa?
Siamo contrari a questa misura e siamo impegnati, con molte
altre aziende e associazioni italiane, a dimostrare come questa
misura sia miope, perché non crea un vero vantaggio per i consumatori e non combatte le cattive abitudini di quelle persone che
non sanno distinguere cosa va bene per la loro alimentazione da
quello che non va bene.
Questa misura è l’ennesima dimostrazione della nostra scarsa capacità di ‘fare sistema’, anche per difendere la qualità del nostro
lavoro e dei nostri prodotti. Cogliamo l’occasione per unirci in una
importante battaglia per la protezione delle nostre filiere agroalimentari.