Sono circa 2,2 milioni gli italiani che dichiarano di percepire un reddito attraverso una piattaforma digitale, pari all’1,5% della popolazione compresa tra 18 e 74 anni e di questi, circa 600mila guadagnano tramite prestazioni lavorative svolte su piattaforma: è quanto emerge dal “Rapporto Fairwork Italia 2024”, curato dall’Università La Sapienza con il supporto dell’Inapp e in collaborazione con l’Oxford Internet Institute, secondo il quale il 48% dei lavoratori su piattaforma considera il reddito guadagnato essenziale per il bilancio familiare, mentre il 32% lo ritiene indispensabile per soddisfare le necessità quotidiane.
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Fairwork è un progetto attivo in 39 Paesi su cinque continenti che analizza l’impatto dell’intelligenza artificiale e delle piattaforme digitali sul mercato del lavoro e sulla protezione sociale. I risultati italiani verranno confrontati con quelli degli altri Paesi inclusi nel progetto per definire una tendenza complessiva del lavoro su piattaforma e valutare il posizionamento dell’Italia nel contesto internazionale. In particolare, i punteggi attribuiti alle piattaforme mostrano dinamiche differenziate, con alcune piattaforme più attente alle necessità dei lavoratori rispetto ad altre.Fine modulo
Il presidente dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, Natale Forlani, ha discusso questi risultati durante un evento presso l’Auditorium dell’Inapp insieme al professor Andrea Ciarini, responsabile del progetto, e a numerosi esperti, rappresentanti sindacali e manager delle piattaforme digitali.
Profilo dei lavoratori digitali
Dal rapporto emerge che la maggioranza dei lavoratori su piattaforma è costituita da uomini (oltre il 75%), principalmente nella fascia di età compresa tra i 30 e i 49 anni. Il 45% dei lavoratori ha completato l’istruzione secondaria, mentre circa il 20% è laureato. La distribuzione dei settori di impiego vede una netta prevalenza della logistica, che comprende il 50% del totale: il 36% di questi lavoratori si occupa della consegna di cibo e il 14% della distribuzione di merci e pacchi. Tra le altre occupazioni su piattaforma, il 10% riguarda i servizi domestici, il 5% il trasporto di passeggeri e il restante 35% include attività di crowdwork online, come informatica e traduzioni.
Contratti e condizioni di lavoro
Un altro aspetto evidenziato dal Rapporto riguarda la frammentazione delle forme contrattuali. Oltre la metà dei lavoratori su piattaforma (57,6%) è autonomo, mentre circa il 31% non ha un contratto di lavoro scritto. La natura del lavoro su piattaforma implica spesso una pluri-committenza: molti lavoratori operano su più piattaforme contemporaneamente e, in alcuni casi, nello stesso giorno, con forme contrattuali differenti.
Questa frammentazione, secondo i ricercatori, impone la costruzione di un sistema di relazioni industriali che tenga conto delle specificità del lavoro digitalizzato. La regolamentazione del settore, come sottolineato nel Rapporto, potrebbe passare attraverso un rafforzamento della contrattazione collettiva e il miglioramento di strumenti contrattuali che aumentino le tutele per i lavoratori, inclusi disoccupazione, malattia, maternità e sicurezza sul lavoro.
Necessità di un sistema regolatorio per il lavoro digitalizzato
Il rapporto evidenzia anche l’importanza di regolamentare la gestione algoritmica, un aspetto sempre più centrale nel lavoro su piattaforma. La costruzione di relazioni industriali adeguate per il lavoro digitalizzato passa, secondo il Rapporto, anche attraverso l’ampliamento degli spazi di partecipazione delle parti sociali nelle decisioni aziendali.