È guerra tra Israele ed Hamas: il mondo col fiato sospeso

- di: Diego Minuti
 
Quando si parla di Medio Oriente, la domanda ricorrente tra gli analisti, ma anche tra chi di politica internazionale mastica poco e male, non è ''se'' ci sarà una nuova esplosione di violenza, ma il ''quando''. E non si tratta di un pessimismo cosmico, di leopardiana memoria, ma di semplice consapevolezza che la fragilità delle basi su cui furono tracciati i confini che la regione avrebbe dovuto avere, dopo la seconda guerra mondiale (con il ''problema'' del risarcimento morale per il popolo ebraico), ha determinato una situazione che non avrà mai soluzione.
Purtroppo.

Anche oggi bisogna fare i conti con i razzi che sono piovuti su Israele e la forte risposta militare che essi hanno ricevuto. È una situazione che appare ancora lontana dal definirsi positivamente. I motivi sono abbastanza chiari. Israele, che da due anni non ha un vero governo, non può consentirsi di mostrare la sua debolezza politica interna, che potrebbe anche complicarne l'immagine internazionale. Dall'altro versante, Hamas deve, ciclicamente, dare una prova di esistenza in vita, confermando a chi la sostiene, economicamente, ma anche in altri campi, la sua missione d'essere spina nel fianco di Israele.

Ogni occasione è buona, per le parti, per mostrare la propria forza: Israele lo fa continuando nella sua politica di marginalizzazione della minoranza araba; Hamas, da parte sua, lo fa contribuendo al montare della rabbia della sua gente facendola esplodere a comando, a seconda delle contingenze politiche.
Se una situazione del genere si determinasse in qualsiasi altro posto del mondo, l'attenzione sarebbe nettamente inferiore. Ma in Medio Oriente si mischia tutto: religione, politica, economia.
I risultati di questo mix incendiario emergono proprio in queste ore, dove a prendere forza non è certo la speranza che si arrivi ad un cessate il fuoco, quanto l'escalation delle azioni di guerra, destinate ad intensificarsi perché, in questa fase della contrapposizione, Israele e Hamas non hanno interesse ad abbassare la tensione.

Quindi gli sforzi di quella che viene definita la comunità internazionale sembrano destinati a restare senza risultato. Come confermano le parole del portavoce delle forze armate israeliane (''Non sono a conoscenza di alcuna mediazione in atto'') e di quello delle Brigate Ezzedin al Qassan, braccio armato di Hamas ("I nostri razzi trasformeranno Ashkelon in un inferno'').
Che la fine delle ostilità sia ancora lontana lo si comprende anche dal fatto che Israele potrà pensare ad un rallentamento o alla fine della sua ''risposta'' agli attacchi solo quando neutralizzerà le oltre 150 postazioni per il lancio di razzi che Hamas e la Jihad islamica hanno piazzato nella Striscia di Gaza.

Un altro elemento rischia di complicare ulteriormente la qualità della risposta di Israele, secondo cui Hamas ha posizionato alcune delle sue basi in prossimità di zone fortemente abitate da civili, di fatto usati come inconsapevoli deterrente per gli attacchi di Israele.
Le vicende mediorientali, come quasi sempre accade, potrebbero essere l'innesco per una lievitazione del prezzo del greggio, vista la presenza nella regione di Paesi produttori, alcuni dei quali non estranei alla situazione di tensione che si è creata. E questo dice molto sulla irrisolvibilità del nodo mediorientale.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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