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Germania, il “bazooka” da 1.000 miliardi e il conto che sale

- di: Bruno Coletta
 
Germania, il “bazooka” da 1.000 miliardi e il conto che sale
Germania, il “bazooka” da 1.000 miliardi e il conto che sale
Tra ripresa lenta, deficit record e welfare sotto pressione, l’era Merz si gioca (quasi) tutto su debito, cantieri e riarmo.

Berlino ha scelto la strada più controversa per un Paese che per anni ha fatto della disciplina fiscale un marchio di fabbrica: spendere di più (e per parecchio tempo) per rimettere in moto competitività e sicurezza. Sulla carta, il piano del cancelliere Friedrich Merz (foto) mobilita fino a 1.000 miliardi tra fondi, eccezioni alle regole e nuova capacità di indebitamento. Nella pratica, però, la Germania entra in un terreno scivoloso: la Bundesbank vede una ripresa che arriva tardi e a piccoli passi, mentre il deficit corre molto più veloce della crescita.

Una ripresa “in ritardo”: il 2026 come anno spartiacque

Nel quadro diffuso dalla Bundesbank il 19 dicembre 2025, la traiettoria è chiara: la fase di debolezza non si dissolve da sola. La banca centrale stima una crescita modesta nel 2025 e un passo ancora corto nel 2026, con un’accelerazione più visibile solo dalla seconda metà del 2026. Reuters, riportando le nuove proiezioni, sintetizza così il cambio di passo: la ripartenza dovrebbe appoggiarsi a più spesa pubblica e a un recupero dell’export, dopo anni di stagnazione e domanda interna fragile.

Il nodo è che, anche quando la crescita riappare, non assomiglia a una “normalizzazione” spontanea. Il Financial Times, commentando lo stesso set di dati, descrive un rientro dalla recessione lento: il Pil tornerebbe ai livelli precedenti solo verso la fine del 2026, segnale che il motore tedesco si è inceppato in modo strutturale, non episodico.

Il vero protagonista è il deficit: verso il 4,8% nel 2028

Se la crescita avanza in punta di piedi, il bilancio pubblico fa rumore. Secondo Reuters (sempre su dati Bundesbank, 19 dicembre 2025), il deficit salirebbe fino al 4,8% del Pil nel 2028, un livello che per Berlino suona come un campanello d’allarme multiplo: economico, giuridico (per il “freno al debito”) e politico.

La Bundesbank, pur riconoscendo la necessità di investimenti, chiede al governo di chiarire come intenda rientrare nei vincoli nel medio periodo. Il presidente Joachim Nagel, citato da Reuters, insiste sul punto: più spesa oggi può essere giustificata, ma senza una rotta credibile per i conti il rischio è trasformare un’operazione di rilancio in un’ansia permanente sui mercati e nella coalizione.

Il “paradosso Merz”: tanti soldi, ma non tutti per la crescita

Qui entra la seconda frizione. Il Financial Times (articolo del 19 dicembre 2025) sottolinea che una quota rilevante delle nuove risorse non finirebbe in investimenti ad alto moltiplicatore, ma in capitoli più “correnti”: welfare, trasferimenti, e anche misure fiscali. È il dettaglio che cambia il film: un maxi-piano può esistere, ma se una parte consistente serve a tenere in piedi la spesa quotidiana, l’effetto sulla produttività rischia di essere inferiore alle attese.

Per usare un’immagine: se l’obiettivo è rifare le fondamenta della casa (infrastrutture, energia, innovazione), ma una fetta del budget va a pagare bollette arretrate, il cantiere si muove, però non abbastanza da cambiare davvero il profilo dell’edificio.

Dazi, energia e Cina: tre pressioni che non concedono tregua

Sullo sfondo c’è un contesto esterno che non aiuta. Reuters, riportando una previsione dell’IMK, evidenzia come la ripresa tedesca rischi di diventare meno dipendente dall’export e più dalla domanda interna, anche perché il commercio globale è frenato da dazi statunitensi, domanda cinese debole e oscillazioni del cambio.

A questa dinamica si somma il fattore energetico: la Germania ha dovuto riscrivere la propria strategia industriale dopo l’era del gas russo a basso costo, con ricadute su chimica, metallurgia e catene del valore. Il risultato è una competizione più dura proprio nei settori dove Berlino era abituata a dettare il ritmo.

Inflazione e salari: l’altra faccia della medaglia

C’è poi un tema spesso trascurato nel racconto “solo crescita”: i prezzi e il costo del lavoro. Reuters (proiezioni Bundesbank) segnala revisioni al rialzo delle stime su inflazione e salari, con aumenti retributivi sostenuti da mercato del lavoro teso e carenza di manodopera specializzata. Tradotto: consumi più robusti possono aiutare la ripresa, ma la competitività manifatturiera rischia di soffrire se i costi salgono più dei concorrenti.

Riarmo e welfare: una scelta che divide

Il cuore politico della fase attuale è tutto qui: priorità. Da un lato, la Germania accelera sugli acquisti militari e sul potenziamento della Bundeswehr, anche grazie a eccezioni e riforme che hanno allentato (almeno in parte) i vincoli della disciplina fiscale. Dall’altro, il governo spinge per rivedere capitoli sociali, a partire dal Bürgergeld, il sussidio per chi è disoccupato o a rischio esclusione.

Sulla riforma del Bürgergeld, nel dibattito pubblico tedesco è emersa l’ipotesi di sostituire l’impianto attuale con una misura più stringente, orientata a rafforzare obblighi e sanzioni per chi rifiuta offerte congrue o non collabora con i centri per l’impiego. Diversi media tedeschi e internazionali hanno raccontato che l’obiettivo politico è aumentare i ritorni al lavoro, ma resta aperta una domanda: quanto si risparmia davvero?

Quanto “rende” il debito: la partita del moltiplicatore

Il punto tecnico che preoccupa più di un economista è semplice: se il deficit cresce molto, serve che la spesa produca crescita futura. Reuters iporta una stima attribuita alla Bundesbank: gli investimenti in infrastrutture e difesa possono avere un impatto positivo, ma l’effetto dipende dalla qualità e dalla composizione delle misure. E soprattutto: se una parte del disavanzo è alimentata da spesa corrente, la “benzina” finisce presto.

Il rischio politico: quando l’economia diventa identità

C’è infine una variabile che i grafici faticano a catturare: la percezione. Una Germania con crescita bassa, tagli e tensioni sociali è terreno fertile per chi vuole trasformare l’economia in una battaglia identitaria. Il Financial Times, nella lettura delle prospettive, parla di rischi prevalentemente orientati al ribasso: se la ripresa non arriva “in busta paga” e nei servizi, la promessa del maxi-piano può diventare un boomerang narrativo.

Che cosa guardare nei prossimi mesi

Nei prossimi trimestri, tre segnali diranno se la scommessa regge: 1) velocità di messa a terra dei cantieri (non solo annunci); 2) quota di risorse davvero destinata a produttività, energia e infrastrutture; 3) credibilità della traiettoria di rientro dai disavanzi nel quadro delle regole tedesche ed europee.

In estrema sintesi: il “bazooka” può evitare che la Germania resti intrappolata nella stagnazione. Ma il prezzo è un cambio di paradigma: più debito oggi, con la promessa di un Paese più forte domani. E in politica, si sa, le promesse hanno sempre una scadenza.

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