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Europa-Iran, la miccia ormai è stata accesa

- di: Matteo Borrelli
 
Europa-Iran, la miccia ormai è stata accesa
Europa-Iran, la miccia è accesa
Londra, Parigi e Berlino riattivano le sanzioni Onu. Teheran minaccia di uscire dal Trattato nucleare, Mosca e Pechino al contrattacco.

(Foto: Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran).

 Non è un passaggio tecnico: il ritorno delle sanzioni Onu contro l’Iran segna un cambio di fase brutale. L’Europa spinge sull’acceleratore, Teheran alza la posta e le grandi potenze si schierano. La miccia è accesa.

Un ritorno alle sanzioni che sa di resa dei conti

La decisione di Regno Unito, Francia e Germania di rimettere in moto il meccanismo Onu che riporta in vigore le misure punitive sospese dopo l’accordo del 2015 non è un dettaglio da addetti ai lavori: è un ultimatum. Le tre capitali hanno notificato al Consiglio di Sicurezza la volontà di attivare il ripristino automatico delle sanzioni, ritenendo che l’Iran abbia violato in modo chiaro e deliberato gli impegni assunti dieci anni fa.

La procedura è semplice nella sostanza e feroce negli effetti: entro trenta giorni, in assenza di una nuova risoluzione che mantenga la sospensione, tutte le vecchie misure tornano operative. È la traduzione istituzionale di una scelta politica: non lasciare più spazio all’ambiguità.

Il dossier nucleare iraniano è una polveriera

Agli occhi europei, Teheran ha travolto i limiti dell’intesa del 2015: accumuli record di uranio arricchito oltre le soglie fissate e una cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ridotta al minimo. Gli ispettori chiedono accessi e trasparenza, ma la risposta è intermittente, frammentaria, insufficiente. L’ultimo tentativo di ricucitura, un incontro a Ginevra a fine agosto, è naufragato: i rappresentanti iraniani non hanno messo sul tavolo passi concreti che potessero sbloccare il tavolo negoziale.

Gli europei hanno affrettato i tempi anche per ragioni di calendario: a settembre la presidenza del Consiglio di Sicurezza è sudcoreana, a ottobre toccherà alla Russia. E quando la guida passerà a Mosca, ogni iniziativa che penalizzi l’Iran diventerà una salita ripidissima.

Teheran rilancia e brandisce l’uscita dal Tnp

La risposta iraniana è stata immediata: il Parlamento ha avviato la procedura d’urgenza per valutare il ritiro dal Trattato di non proliferazione nucleare. È una minaccia pesantissima, perché il Tnp è la pietra angolare dell’architettura di sicurezza costruita dal 1968 per frenare la corsa all’atomica. Uscirne significherebbe liberarsi da vincoli, protocolli, ispezioni.

Nelle dichiarazioni pubbliche il tono è ruvido. Per una parte della leadership di Teheran, l’E3 è “la fonte di molti problemi nel mondo”. Il ministro degli Esteri Abbas Araqchi lascia uno spiraglio condizionato: “Siamo pronti a riprendere negoziati giusti, se l’Occidente mostrerà reale buona volontà”. Ma la sensazione è che sia più avvertimento che mano tesa.

Mosca e Pechino serrano le fila

Russia e Cina contestano la scelta europea. Mosca parla di decisione “sbagliata e pericolosa”, evoca “conseguenze irreparabili” e invita a fermarsi “prima che si apra la strada a una nuova tragedia”. Pechino definisce il ritorno delle sanzioni “controproducente” e chiede moderazione. Non è solo diplomazia di rito: è geopolitica pura. Iran, Russia e Cina condividono interessi energetici, commerciali e strategici, e vedono nella mossa europea l’occasione per incrinare ulteriormente la proiezione d’influenza occidentale.

Europa decisa, ma il rischio è l’isolamento

L’obiettivo dell’E3 è impedire che l’Iran trasformi lo stallo in vantaggio. Ma il prezzo può essere alto: un’Europa percepita come rigida, affiancata dagli Stati Uniti ma senza un percorso politico alternativo credibile; un Iran più saldo nell’asse con Mosca e Pechino; e un Medio Oriente esposto a nuove scosse telluriche. Non a caso, Berlino ha già raccomandato ai propri cittadini di lasciare l’Iran, segnale che il timore di ritorsioni è concreto e riguarda non solo l’economia ma anche la sicurezza.

Una scadenza che incombe come una clessidra

Il timer è partito. Trenta giorni per evitare il ritorno integrale delle sanzioni. In termini pratici, una montagna quasi impossibile da scalare: gli attori con diritto di veto non sembrano disposti a mantenere la sospensione. Se Teheran uscisse davvero dal Tnp, la frattura sarebbe irreversibile. Non sarebbe solo un capitolo in più del contenzioso con l’Europa, ma un colpo potenzialmente mortale all’intero sistema di non proliferazione.

L’illusione che la pressione basti

La linea della fermezza europea ha una logica: mostrare che le regole valgono. Ma confida in un presupposto fragile, ovvero che la pressione economica spinga l’Iran a cedere. Gli ultimi anni raccontano altro: le sanzioni sono state rielaborate a uso interno come prova dell’accerchiamento occidentale e hanno alimentato la narrativa della resistenza. Nel frattempo l’Occidente si è mostrato diviso, mentre a Washington la politica verso l’Iran è tornata terreno di scontro più che di stabilizzazione.

Il rischio è un déjà vu: economia iraniana strangolata, programma nucleare intatto, e una Teheran ancora più dipendente da Mosca e Pechino. L’Europa ha scelto di mostrare i muscoli, ma potrebbe aver acceso un incendio che altri useranno per ridisegnare la mappa del potere.

L’autunno della miccia accesa

Questo ritorno alle sanzioni non è un capitolo qualunque: è l’inizio di un conto alla rovescia. Se l’Iran sceglierà la via d’uscita dal Tnp, la miccia brucerà senza freni. L’Europa ha imposto il ritmo, ma il controllo della fiamma potrebbe sfuggire di mano: tra Teheran che rilancia, Mosca e Pechino che proteggono, e una comunità internazionale che fatica a trovare un linguaggio comune, l’autunno si annuncia incandescente.

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