Dallo Studio Ovale alla telefonata a Putin: Zelensky consegna la lettera della moglie sui bambini, Trump elogia Meloni e promette garanzie. I leader Ue spingono per la tregua, Merz annuncia un faccia a faccia Putin-Zelensky entro due settimane.
Cosa è successo
Washington è diventata l’epicentro della diplomazia: Donald Trump e Volodymyr Zelensky hanno tenuto un bilaterale nello Studio Ovale, poi un multilaterale con sette leader europei (Macron, Meloni, Merz, Starmer, Stubb, von der Leyen, Rutte). Nel mezzo, il colpo di scena: una telefonata di 40 minuti a Vladimir Putin per preparare prima un bilaterale con Zelensky e poi un trilaterale con Trump. Il Cremlino ha parlato di confronto “franco e costruttivo”; a fine serata, Merz ha detto che l’incontro diretto Putin-Zelensky è possibile entro due settimane.
Un ritorno diverso alla Casa Bianca
La scena nello Studio Ovale è stata volutamente distesa, quasi a marcare la discontinuità rispetto al gelo di febbraio: Zelensky ha ripetuto “grazie” più volte e ha consegnato a Trump una lettera di Olena Zelenska sul destino dei bambini ucraini deportati. Il tono è stato di cordialità cauta, con battute e sorrisi, ma anche con messaggi chiari sulla necessità di garanzie di sicurezza.
La telefonata che cambia il copione
Nella East Room, con i leader europei in attesa, Trump esce e chiama Putin: quaranta minuti di conversazione, poi il presidente Usa annuncia di aver avviato i preparativi per un incontro diretto Putin-Zelensky e un successivo trilaterale. La mossa spiazza alcuni partner, ma sblocca la giornata. L’intenzione è di fissare il faccia a faccia in 1-2 settimane.
Il ruolo dell’Europa
Macron invoca la tregua come “necessità” e chiede che alla trilaterale segua un incontro a quattro con l’Europa; Meloni offre sostegno “a ogni sforzo verso la pace” e incassa da Trump l’apprezzamento come “grande leader, d’ispirazione”; von der Leyen mette al centro i bambini e promette garanzie solide e durature; Starmer parla di “passo storico”, Stubb di “progressi nelle ultime due settimane più che in tre anni e mezzo”. Rutte definisce “un grande passo” l’idea di garanzie con coinvolgimento Usa.
La frattura sulla tregua
Qui emergono le linee: Trump afferma che “un cessate il fuoco non è necessario” per trattare, puntando a negoziare mentre si combatte; Merz replica che senza tregua la credibilità del processo rischia; Macron allinea i leader sulla necessità di fermare il fuoco. Il Pentagono lavora a opzioni di garanzie in coordinamento con gli europei, segno che gli Usa sono nel quadro, ma non vogliono replicare la Nato.
Dettagli e dietro le quinte
Il passaggio dalla East Room allo Studio Ovale non era previsto: è stato deciso da Trump “perché tutto stava andando bene”, con coreografia volutamente informale. Un microfono acceso avrebbe colto il presidente Usa sussurrare a Macron che “Putin vuole fare un accordo per me”, frase che racconta più di molti memo la diplomazia-spettacolo del tycoon.
La posizione di Mosca
Mentre ammicca al faccia a faccia, Mosca ribadisce la sua linea rossa: no a qualsiasi presenza di truppe Nato in Ucraina. Sul tavolo restano quindi garanzie di sicurezza “Nato-like” ma non identiche alla Nato, con Washington a fare da coordinatore e l’Europa chiamata a metterci risorse e responsabilità.
Perché conta (anche se non finisse bene)
Il format tripolare che emerge vede: Ucraina che chiede garanzie dure, Stati Uniti che vogliono guidare senza vincoli Nato, Europa che tenta di legare la pace a tregua e protezione dei civili. Se il faccia a faccia partirà, sarà anche perché i leader Ue hanno alzato la posta sulla tregua e sui bambini.