Emilia Romagna: mentre cresce il numero degli sfollati, la politica si accapiglia

- di: Alessandro Amati
 
Al Tg1 delle 20 di ieri sera – l'edizione di massimo ascolto – alcuni milioni di italiani hanno potuto assistere, in diretta, a una rappresentazione dello scontro che si sta consumando fra governo ed opposizione sulle responsabilità dei danni provocati dalla nuova alluvione in Emilia Romagna. Da una parte il viceministro alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, e dall’altra Irene Priolo, presidente pro-tempore della Regione, si sono rinfacciati accuse di mala gestione dei fondi assegnati o della scarsità dei medesimi.

Emilia Romagna: mentre cresce il numero degli sfollati, la politica si accapiglia

Lo spettacolo, che non ha fatto che riecheggiare le accuse incrociate che proseguono da ieri fra i due schieramenti, francamente non è stato edificante. Ci sono intere cittadine ancora sommerse, migliaia di sfollati, un panorama di devastazione e la prima cosa da fare sarebbe pensare a come soccorrere le popolazioni, a come uscire dalla fase emergenziale (relativa ai soccorsi, perché ormai le conseguenze del cambiamento climatico non sono più un’emergenza), a come ripulire strade e palazzi e cercare di tornare a una seppur minima normalità.
Ma fra poco ci sono le nuove elezioni per la Regione, dopo le dimissioni di Stefano Bonaccini approdato al parlamento europeo, ed è fin troppo evidente che ognuno pensa soprattutto a portare più voti alla propria parte, mentre città ed abitanti combattono, spesso a mani nude, contro acqua e fango.

La Regione accusa il governo di non aver stanziato abbastanza fondi; il governo accusa la Regione di averli spesi male: la Regione voleva 8,5 miliardi, il governo ne ha dati 3,8.
Pastoie burocratiche hanno bloccato il piano contro il dissesto idrogeologico, il commissario straordinario, Figliuolo, sconta il fatto di essere stato nominato dal governo per ''bloccare'' Bonaccini, che sarebbe stato il candidato naturale, ma il Generale si difende e accusa i sindaci…Potremmo andare avanti a lungo.

E’ ovvio che si dovrà andare per capire fino in fondo come le risorse sono state utilizzate, se ci sono specifiche responsabilità su rallentamenti o un uso maldestro delle medesime, sperando che non si esaurisca tutto nel consueto scaricabarile, come spesso accade in Italia. Resta, al di là delle cifre e dei dati, che ognuno può usare, come un’arma contro gli altri, dei fatti incontestabili.
In Emilia, come nel resto del Paese, le aree a rischio di dissesto sono molte, troppe. Non riguardano solo gli alvei dei fiumi, ma il territorio nel suo complesso. I campi coltivati, ad esempio, sono stati livellati eliminando molti canali di scolo per aumentarne la produttività; nelle città, quasi sempre, la rete fognaria non ha avuto nessuna progettazione organica, limitandosi a seguire le costruzioni dei caseggiati, vecchi e nuovi, molto spesso eretti senza criterio urbanistico.

Dunque, non si può ridurre tutto a una polemica fra destra e sinistra, perché la questione interessa amministratori locali di ogni segno politico (l’alluvione, ad esempio, ha interessato anche le Marche, governate dal centrodestra). E se, alle elezioni, da quelle aree alluvionate venisse una larga adesione al non voto, nessuno si stupirebbe.
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