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Prezzo del petrolio, scossa da sanzioni e Opec: cosa succede davvero

- di: Vittorio Massi
 
Prezzo del petrolio, scossa da sanzioni e Opec: cosa succede davvero
Prezzo del petrolio, scossa da sanzioni e Opec: cosa succede davvero
Fiammata dopo il giro di vite Usa su Rosneft e Lukoil, poi il mercato guarda a Opec+ e alla crescita globale: perché il rimbalzo potrebbe restare temporaneo.

(Foto: estrazione del greggio).

Il mercato del greggio ha reagito in modo immediato alle nuove sanzioni statunitensi contro Rosneft e Lukoil, i due colossi russi dell’energia. In pochi scambi, Brent e WTI sono risaliti nell’area 66–62 dollari al barile dopo giorni di nervosismo, con operatori e case d’investimento costretti a riprezzare il rischio di offerta.

La fiammata: perché i prezzi sono scattati

L’elemento dirimente non è la notizia in sé delle sanzioni, ma quanto saranno applicate e fatte rispettare lungo la catena logistica e finanziaria: trasporto marittimo, assicurazioni, banche corrispondenti e soprattutto la risposta dei principali acquirenti in Asia.

Il nodo Asia: Pechino e Nuova Delhi davanti al bivio

Se Cina e India riducono gli acquisti di barili russi, l’effetto sui prezzi può intensificarsi nel breve periodo. Alcune major e trader asiatici stanno valutando tagli selettivi per limitare l’esposizione a possibili sanzioni secondarie. Ma la domanda vera è: i flussi russi verranno dirottati altrove o resteranno bloccati? Nel primo caso, il mercato assorbe e il rimbalzo si sgonfia; nel secondo, l’offerta globale si restringe e la curva può impennarsi ancora per qualche settimana.

Opec+ al centro: più barili se serve

Sul lato opposto dei fondamentali, Opec+ ha già segnalato che può aumentare l’output da novembre e oltre. L’obiettivo è stabilizzare il mercato e recuperare quote erose dalla concorrenza extra-cartello. Se la coalizione guidata da Riad aprirà i rubinetti quel tanto che basta, l’effetto sarà una copertura del deficit russo e un freno naturale alla corsa dei prezzi.

Domanda globale: il freno della crescita

Il contesto macro resta di rallentamento globale. Produzione manifatturiera debole, commercio in frenata e credito più caro comprimono la domanda di carburanti. Con questi fondamentali, il mercato fatica a sostenere per lungo tempo prezzi troppo elevati senza nuove interruzioni fisiche dell’offerta.

Cosa dicono le banche d’affari: picchi effimeri, 2026 più morbido

Le previsioni delle principali case indicano un quadro coerente: picchi possibili nel breve, ma medie in calo nel 2026. Alcuni scenari vedono Brent stabilizzarsi nella metà bassa dei 50 dollari tra fine 2026 e inizio 2027, con WTI qualche dollaro sotto. In pratica: la finestra per un Brent in area 80–85 esiste, ma richiede una stretta materiale e duratura dei flussi russi o shock inattesi.

Che cosa guardare nelle prossime settimane

  • Enforcement: quante navi, assicurazioni e banche verranno effettivamente toccate dalle sanzioni.
  • Risposta Opec+: entità e tempistica di eventuali aumenti di produzione.
  • Asia: segnali concreti su riduzioni d’acquisto da parte di Cina e India.
  • Scorte: andamento delle riserve commerciali e dei prodotti raffinati.
  • Domanda: indicatori ad alta frequenza su mobilità, voli, traffico merci.

La linea di fondo

Al netto della fiammata, i fondamentali suggeriscono volatilità più che un toro di lungo periodo: l’ago della bilancia è la combinazione tra severità delle sanzioni e reazione Opec+. Con una crescita mondiale incerta, la traiettoria di base resta discendente nel 2026, salvo shock geopolitici aggiuntivi. 

 
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