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Boom M&A in Italia: valore operazioni +47% nel 2025

- di: Matteo Borrelli
 
Boom M&A in Italia: valore operazioni +47% nel 2025
Boom M&A in Italia: valore operazioni +47% nel 2025
Il mercato delle fusioni e acquisizioni italiano cambia marcia: nel 2025 il valore complessivo dei deal è salito del 47% rispetto all’anno precedente, un’accelerazione che stacca nettamente la crescita globale, ferma intorno al 10%. A guidare la corsa sono soprattutto il settore finanziario e i beni di consumo, mentre il numero di operazioni resta più contenuto: meno transazioni, ma con ticket medi decisamente più alti.

Il quadro emerge dalle ultime rilevazioni del M&A Sentiment Index di Boston Consulting Group, che confermano l’Italia tra i mercati più vivaci d’Europa per attività straordinaria. Sullo sfondo, un contesto macroeconomico in graduale stabilizzazione, il raffreddamento dei tassi e un ritorno di fiducia da parte di corporate e fondi, pur dentro uno scenario geopolitico ancora complesso.

L’M&A italiano corre più del mercato globale

Secondo le elaborazioni basate sull’M&A Sentiment Index, nei primi nove mesi del 2025 il valore delle operazioni di fusione e acquisizione a livello mondiale ha raggiunto circa 1.900 miliardi di dollari, con un incremento di circa il 10% rispetto allo stesso periodo del 2024. L’Italia, invece, mette a segno un balzo di quasi cinque volte superiore, con un +47% anno su anno sul controvalore complessivo dei deal.

In termini relativi, il Paese esce dalla zona grigia della prudenza e torna fra i protagonisti europei. Il dato è ancora più significativo se confrontato con un’Europa che, nel complesso, mostra un arretramento del valore delle operazioni e una forte eterogeneità tra i diversi mercati nazionali.

Questo dinamismo si accompagna però a un lieve calo dei volumi: il numero di transazioni si riduce, mentre aumentano dimensione media, complessità e componente strategica. L’Italia, in altre parole, non è tornata alla stagione delle operazioni “a pioggia”: a dominare la scena sono deal selettivi, spesso articolati, con forte contenuto industriale.

I numeri del mercato globale e il ruolo del Nord America

La fotografia globale resta quella di un mercato in ripresa, ma non ancora euforico. Su scala mondiale, l’M&A beneficia della discesa dell’inflazione, della maggiore visibilità sui tassi e del recupero delle valutazioni azionarie, ma resta condizionato da dazi, tensioni geopolitiche e incertezza regolatoria.

Il Nord America continua a fare da locomotiva, concentrando intorno a sé oltre il 60% del valore complessivo delle operazioni e mettendo a segno una crescita di circa il 26% rispetto al 2024. La combinazione di megadeal, forte presenza di private equity e grande profondità dei mercati dei capitali continua a rendere l’area il baricentro del dealmaking internazionale.

L’Europa, al contrario, si muove a velocità diverse: alcuni Paesi registrano rimbalzi spettacolari, altri faticano a riaccendere la macchina delle operazioni straordinarie. In questo mosaico, l’Italia spicca come uno dei mercati più dinamici, insieme a pochi altri hub europei.

Settore finanziario in prima linea: banche, asset management e assicurazioni

La componente più spettacolare del balzo italiano arriva dal settore finanziario. I dati di diverse case di consulenza convergono nel segnalare che una parte rilevante della crescita a valore è legata a operazioni tra banche e gruppi finanziari, con grandi transazioni che hanno ridisegnato equilibri storici nel credito e nel risparmio gestito.

Operazioni di fusione, integrazione e scalata su istituti quotati e reti di distribuzione hanno agito da moltiplicatore di valore, generando un controvalore che compensa ampiamente il calo del numero complessivo di deal. In parallelo, non sono mancate operazioni su compagnie assicurative, società di gestione e player specializzati nel credito al consumo, spesso legate a strategie di razionalizzazione o di rafforzamento su segmenti ad alta redditività.

In questo scenario, molti osservatori sottolineano il ruolo della regolazione e della vigilanza: i requisiti di capitale, l’esigenza di maggiore efficienza e la trasformazione digitale spingono gli istituti a cercare massa critica e a concentrare risorse su pochi poli di dimensione sufficiente per reggere la competizione europea.

Beni di consumo e marchi italiani nel mirino

Accanto alla finanza, il secondo grande protagonista del biennio 2024-2025 è il comparto dei beni di consumo. Moda, lusso accessibile, food & beverage e design continuano a esercitare una forte attrazione su investitori industriali e fondi internazionali.

Brand italiani molto riconoscibili, filiere produttive flessibili e forte esposizione all’export rendono il comparto un bersaglio privilegiato, soprattutto per gruppi stranieri in cerca di marchi da inserire in piattaforme globali. Le operazioni non si limitano all’acquisizione tout court: frequenti i casi di ingressi in minoranza, partnership industriali e accordi che puntano su crescita internazionale e digitalizzazione dei canali di vendita.

La logica è chiara: sfruttare la forza del marchio e del “made in Italy” integrandoli in strategie multi-brand, in grado di massimizzare sinergie di distribuzione, marketing e produzione, preservando al tempo stesso identità e posizionamento.

Il commento di Bcg: Italia tra i mercati più dinamici d’Europa

Le analisi di Boston Consulting Group insistono su un punto: la performance italiana non è un fuoco di paglia, ma il risultato di una dinamica che dura da più trimestri. Nel commentare i dati dell’M&A Sentiment Index, Enrico Tanduo, partner di Boston Consulting Group, sottolinea come il Paese abbia trovato una sua traiettoria di crescita, pur all’interno di un quadro non privo di incertezze.

“Nel contesto europeo il mercato italiano si sta distinguendo per vivacità e capacità di attrarre operazioni complesse”, osserva Tanduo, evidenziando che la fase più recente è caratterizzata da una lieve flessione dei volumi ma da un incremento significativo della qualità e del valore medio delle transazioni. “Il mese di luglio ha segnato il picco annuale per numero di deal, un segnale importante della solidità del mercato nel periodo post-pandemico”, aggiunge il manager.

Il messaggio chiave che arriva dagli advisor è che la selettività è diventata un tratto strutturale dell’M&A: si chiudono meno operazioni “tattiche”, mentre crescono i deal che ridisegnano catene del valore, modelli di business e geografie commerciali.

Megadeal, private equity e capitale estero

La ripartenza dell’M&A italiano si inserisce in un quadro globale in cui aumentano i megadeal, le operazioni con valore superiore ai 10 miliardi di dollari. A livello mondiale il loro numero è salito rispetto al 2024, segnalando un ritorno della propensione al rischio tra grandi gruppi industriali e fondi.

Il private equity gioca un ruolo tutt’altro che marginale. Dopo mesi di attesa, con ingenti masse di capitale in stand-by, nel 2025 i fondi hanno ripreso ad attivarsi sia sul fronte buy-out sia su quello delle piattaforme da consolidare tramite acquisizioni successive. In Italia l’interesse è forte soprattutto per:

  • aziende esportatrici con margini solidi ma ancora frammentate a livello azionario;
  • campioni di nicchia nella meccanica, nella componentistica e nel food;
  • società di servizi B2B e tecnologici legati alla digitalizzazione delle imprese.

A ciò si aggiunge la presenza crescente di capitali esteri, in particolare da Europa continentale, Stati Uniti e, in misura selettiva, da investitori del Middle East. Molte operazioni hanno una chiara impronta industriale, più che puramente finanziaria, con piani che combinano integrazione cross-border, nuovi mercati di sbocco e rafforzamento della ricerca e sviluppo.

Volumi in calo, valori in crescita: i dati di Kpmg, PwC ed Ey

Se il valore dei deal corre, i numeri sulle operazioni annunciate raccontano un’altra parte della storia. Alcune analisi sul mercato italiano indicano che nel primo semestre 2025 sono state chiuse circa 660 operazioni per un controvalore superiore ai 30 miliardi di euro, mentre sui primi tre trimestri si contano quasi mille deal per circa 57 miliardi di euro. I volumi risultano in calo rispetto al 2024, ma i valori restano stabili o in crescita, proprio grazie ai grandi dossier nel settore finanziario e industriale.

Secondo stime diffuse da primarie società di consulenza, l’andamento del 2025 conferma un trend già evidente: meno operazioni di piccola taglia, più deal strategici e di dimensione maggiore. In particolare:

  • a livello globale, i volumi scendono mentre aumentano i valori medi, trainati da operazioni sopra 1 e 5 miliardi di dollari;
  • in Italia, la crescita a valore è fortemente legata ai Financial Services; al netto del comparto bancario-assicurativo, il mercato risulta più debole, soprattutto in alcuni segmenti industriali;
  • le acquisizioni all’estero da parte di gruppi italiani aumentano sia per numero sia per valore, segnalando una maggiore propensione all’espansione internazionale.

L’impatto di tassi, dazi e tecnologia sul dealmaking

La traiettoria del mercato M&A non può essere letta senza considerare tre fattori chiave:

  • I tassi d’interesse: il rallentamento della stretta monetaria e le aspettative di un ciclo più prevedibile rendono più semplice la strutturazione di operazioni leveraged, pur in un contesto in cui il costo del capitale resta superiore al decennio passato.
  • I dazi e le tensioni commerciali: l’inasprimento di barriere e misure protezionistiche spinge molte aziende a ripensare catene di fornitura e geografie produttive, favorendo acquisizioni “difensive” o di riorientamento strategico.
  • La tecnologia, in particolare l’intelligenza artificiale: l’AI sta entrando sempre più spesso nella due diligence, nella valutazione dei target e nella modellizzazione degli scenari post–deal. Al tempo stesso, molte operazioni hanno proprio l’innovazione come oggetto: acquisire competenze tecnologiche, piattaforme digitali e proprietà intellettuale è diventato un obiettivo prioritario.

In questo quadro, gli esperti sottolineano come l’Italia rischi di pagare un ritardo strutturale su scala digitale, ma al tempo stesso disponga di un tessuto di pmi ad alto potenziale, appetibili proprio per la valorizzazione tecnologica che gruppi più grandi possono offrire.

Le prospettive per il 2026: selettività, consolidamento e outbound

Quale direzione potrebbe prendere il mercato M&A italiano nel 2026? I segnali raccolti dagli advisor convergono su alcuni elementi chiave:

  • prosecuzione del consolidamento nel settore finanziario, anche attraverso eventuali dossier oggi in stand-by o ancora in fase esplorativa;
  • nuove operazioni su beni di consumo e marchi forti, con attenzione crescente alla sostenibilità delle filiere e alla trasparenza ESG;
  • maggiore ruolo dell’outbound, con gruppi italiani pronti a rafforzare la presenza in Europa, Nord America e mercati emergenti tramite acquisizioni mirate;
  • selettività estrema negli investimenti da parte dei fondi, che devono conciliare pressioni a investire capitali già raccolti e disciplina sui rendimenti attesi;
  • più spazio a alleanze strategiche, joint venture e partnership come alternative alle acquisizioni full equity.

L’elemento decisivo resterà la capacità di trasformare le operazioni straordinarie in crescita sostenibile di lungo periodo. In un contesto di margini sotto pressione, rivoluzione tecnologica e geografia dei mercati in mutamento, l’M&A non è più un semplice strumento di espansione, ma un’arma strategica che va usata con chirurgica precisione.

Se il +47% del 2025 segnerà l’inizio di un nuovo ciclo per l’Italia o resterà un picco isolato dipenderà dalla qualità dei deal che verranno chiusi nei prossimi trimestri, dalla capacità delle imprese di integrare rapidamente i target e dalla stabilità del quadro macroeconomico e regolatorio. Per ora, una cosa è certa: il mercato italiano delle fusioni e acquisizioni è tornato al centro del radar degli investitori globali.

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