Fino a 10 anni fa la vendita delle automobili ha seguito regole chiare e tutto sommato costanti nel tempo: le auto erano vendute dai concessionari che gestivano il rapporto con i clienti creando una relazione di fiducia.
Molte Case (Fiat, Renault, Mercedes, BMW e altre) hanno creato delle filiali di vendita diretta che si sono quasi sempre rivelate dei buchi neri dal punto di vista finanziario, o per scarse capacità imprenditoriali o perché spesso queste filiali diventavano lo strumento per operazioni commerciali di spinta sul mercato.
La digitalizzazione e la crescita delle vendite online hanno dall’alba del nuovo secolo trasformato tutti i business e il mondo dell’automobile pur non essendo stato stravolto come altri ne è stato influenzato. Lo stravolgimento è stato drastico in quasi tutti i settori: dall’abbigliamento ai libri e ai giornali, dai computer ai gioielli oggi non esistono quasi più case produttrici di beni che non vendano i loro prodotti direttamente al consumatore finale, tramite filiali o online.
Interessante notare che il settore delle vendite immobiliari invece, pur essendo invaso da motori di ricerca online, ha ampliato la presenza di negozi per strada, a dimostrazione che dove il valore del bene è rilevante una presenza umana, invece di una chatbot, è rassicurante.
L’acquisto di un’auto è l’acquisto più importante dopo quello di una casa e anche se alcune aziende automobilistiche offrono la possibilità di acquistare direttamente online qualcuno dei loro prodotti, il consumatore finale di fatto non si avvale di questa possibilità; i clienti utilizzano i siti per configurare le loro vetture, poi però per l’acquisto si affidano ai concessionari, dopo aver toccato con mano e provato su strada l’auto prescelta.
In questo panorama sostanzialmente uguale per tutti i marchi, solo Tesla ha rappresentato il primo e per ora unico esempio di un nuovo concorrente entrato nel settore auto con vetture elettriche vendute direttamente tramite filiali proprie o tramite internet, senza nessun concessionario.
Per molti anni Tesla è stata guardata con sufficienza dagli altri costruttori, sia perché le vendite erano limitate ma soprattutto perché Tesla ha perso soldi per 17 anni di seguito, realizzando il primo utile solo nel 2020, grazie alla vendita dei crediti energetici ad altri costruttori. Le perdite sono comunque state abbondantemente compensate per gli azionisti dalla crescita della capitalizzazione di Tesla arrivata a valere quanto la somma dei 7 costruttori che la seguono in questa graduatoria.
Negli ultimi anni Tesla ha iniziato a registrare volumi di vendita e utili importanti, attirando l’attenzione sul suo modello di business, in particolare sulla catena di distribuzione diretta. Molti costruttori hanno annunciato la loro volontà di incrementare le vendite online e di voler gestire le attività commerciali in modo più diretto: Mercedes ha dichiarato di voler vendere online un quarto delle sue autovetture, Volvo addirittura la metà. Nulla di questo sembra essersi verificato e i costruttori sono tornati indietro sui loro passi.
Un altro fatto importante è stata l’interruzione delle catene di fornitura a seguito dei lockdown: fino al 2023 materiali essenziali come i semiconduttori, erano scarsi e la produzione di auto si è contratta. La domanda è diventata superiore all’offerta, determinando a fronte di minori vendite, prezzi più alti, sconti azzerati e aumento degli utili, non solo in percentuale ma anche in valore assoluto.
Questo ha provocato un’ulteriore spinta per i costruttori a prendere più direttamente in mano la distribuzione sia per impossessarsi di una maggiore quota di utili necessari a bilanciare gli investimenti rilevanti per i veicoli elettrici e la loro inferiore marginalità, ma anche per avere un controllo più diretto del rapporto con il cliente. E quindi molti hanno iniziato a puntare sulle vendite online, hanno lanciato il contratto di agenzia, dove il concessionario viene ridimensionato al ruolo di agente e hanno in alcuni casi ampliato la propria presenza diretta nel settore Retail.
La situazione è molto fluida e i vari marchi vanno in direzioni diverse: il gruppo VW attraverso Porsche Holding ha acquisito una decina di concessionarie concentrate nel NE del Paese, totalizzando più di 30,000 vendite dirette di veicoli nuovi all’anno. Al tempo stesso Mercedes ha portato a compimento invece la cessione delle sue filiali dirette, con la vendita della filiale di Roma al gruppo Autotorino.
Il gruppo BMW è partito con il contratto di agenzia per il marchio Mini dal 1° gennaio 2024, annunciando che accadrà lo stesso per il marchio BMW nel 2026. Anche Mercedes ha annunciato l’intenzione di andare nella stessa direzione che è già operativa per Smart che però non è più sotto il controllo diretto di Mercedes.
Al contrario ad aprile Ford ha annunciato di rinunciare al passaggio al modello di agenzia in Europa e alcuni marchi di nicchia (Lotus e Ineos) già partiti col mandato di agenzia, hanno dichiarato di voler tornare indietro al tradizionale modello di concessionaria.
Tra i nuovi entranti cinesi quelli focalizzati sul mass market (ad esempio MG) hanno puntato sui concessionari, sfruttando anche il clima di disaffezione dei dealers per i loro brand tradizionali che sembrano puntare su modelli di distribuzione più diretta.
I marchi cinesi premium hanno invece cercato di adottare modelli di vendita diretta: Polestar che ha la sua anima in Svezia accanto a Volvo anche se la produzione e la proprietà sono cinesi, ha lanciato il suo brand con un modello di agenzia non genuino con alcuni investimenti a carico dell’agente, ma sta ora considerando la possibilità di tornare a modelli di distribuzione più tradizionali. Nio un brand noto per la sua strategia di battery swap (invece di ricaricare le batterie si possono cambiare in tempi rapidi in apposite stazioni) ha provato a partire con una modalità di vendita diretta (online più qualche showroom di proprietà) ma sta ora passando ad un sistema di vendita con i concessionari.
Quali sono le conclusioni che si possono trarre da questa situazione?
1.
È una situazione fluida con esperimenti in direzioni diverse e ancora non è chiaro quale sarà il modello di distribuzione dominante nel settore.
2.
I marchi premium sono più determinati nel voler andare verso la vendita diretta (online+ agenti) per poter gestire meglio l’esperienza del cliente, mentre i marchi di volume sembrano più legati al modello tradizionale di concessionaria
3.
L’impressione è che le Case stiano sottovalutando l’impatto di alcune conseguenze della vendita diretta:
a.
La gestione dei rapporti con gli acquirenti: una capacità dei concessionari è sempre stata quella di trovare soluzioni e compromessi locali, vis-a-vis con i singoli clienti. Ora le Case, che con la vendita diretta diventano l’unico interlocutore, pensano di sostituire questo lavoro con un grande call center europeo governato da chatbot. Per i clienti non sarà la stessa cosa: avete mai provato quel senso di impotenza nel non riuscire in nessun modo a parlare con un essere umano in grado di risolvere il problema?
b.
La gestione di tutti gli stock di vetture nuove e demo rimane a carico del Costruttore e non tutti hanno le spalle larghe per reggere finanziariamente questo urto. Molti si sono illusi che la situazione di stock bassa, con un’offerta strutturalmente inferiore alla domanda, potesse perdurare. Ma già ora la situazione è cambiata e inoltre nuovi concorrenti spingono per entrare sul mercato.
La battaglia è ricominciata e volerla affrontare da soli senza il supporto dei concessionari può essere un rischio.