Def: il governo pensa ai salari medio-bassi, ma deve fare i conti con il debito

- di: Redazione
 
La distanza tra le speranze e le evidenze è sempre molto ampia, come ha dimostrato ieri il Governo che ha approvato un Documento di economia e finanza (il Def) che, facendo tesoro dei numeri di ''cassa'', ha deciso un nuovo taglio taglio ai contributi a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi.
Una decisione che inciderà per tre miliardi sul periodo da maggio a dicembre dell'anno in corso, ma che per qualcuno è solo una misura tampone, quasi un pannicello caldo su un fronte in cui l'emergenza è continua, se per emergenza intendiamo le difficoltà per i salariati di cercare di uscire dalla palude di retribuzioni che non riescono a stare al passo di una crescita dei prezzi che le depaupera.

Def: il governo pensa ai salari medio-bassi, ma deve fare i conti con il debito

Forse, in termini assoluti, rispetto a un bilancio dello Stato che ha numeri ben più elevati, questi tre miliardi appaiono come poca cosa. Ma il Governo ha fatto una scelta ben precisa, oltre che esemplificativa del modello che intende seguire per accompagnare il Paese verso lidi più sicuri, al riparo dalle procelle di un debito pubblico che non può essere considerato come un fastidioso inconveniente da utilizzare per motivi politici.
In ogni caso, l'esecutivo ha detto che i tre miliardi saranno finalizzati a ''sostenere il potere d’acquisto delle famiglie''. Cosa buona e giusta, che però porta con sé delle implicazioni contabili affatto di poco conto, perché il Governo intende, per quest'anno, mantenere l’obiettivo il 4,5% del prodotto interno lordo, quando quello tendenziale porterebbe al 4,35%. Il governo, quindi, conferma la linea già imboccata con la legge di Bilancio, confermando per il 2023 il taglio di due punti dei contributi sulle retribuzioni fino a 35mila euro lordi. Una scelta che, tra la legge di Bilancio e la decisione adottata ieri, porta il totale dell'ammontare delle misure a favore dei redditi medio-bassi a oltre sette miliardi e 200 milioni di euro.

Ma per i prossimi mesi di problemi potrebbero essercene altri, perché, a fronte di una leggera crescita del Prodotto interno lordo previsto per il 2023, quello dell'anno prossimo è stato ipotizzato al ribasso, con un +1,5% rispetto alla precedente stima al +1,9. Stime che trovano eco in quelle del Fondo monetario internazionale (+ 0,7%, contro l'1% del Governo).
Sulla portata e gli obiettivi del Def, il presidente del Consiglio è stata chiara. ''Il governo - ha detto Giorgia Meloni - ha tracciato la politica economica per i prossimi anni, una linea fatta di stabilità, credibilità e crescita. Rivediamo al rialzo con responsabilità le stime del Pil e proseguiamo il percorso di riduzione del debito pubblico. Sono le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa''.

Parole cui fa eco l'osservazione del ministero dell’Economia, secondo il quale ''per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo non basta solo il Pnrr. È necessario investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso''. Il governo, nell'immediato futuro, intende farsi carico anche del problema della denatalità, da fronteggiare con ''con misure adeguate''. Lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dice che ''Abbiamo davanti grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo. Le riforme intendono riaccendere la fiducia nel futuro, tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi''.
Nel comunicato ufficiale di Palazzo Chigi c'è anche un riferimento allo svolgimento delle assemblee delle società quotate che ha ingenerato qualche timore negli azionisti che temono di non potere esercitare il loro diritto a rappresentarsi direttamente, senza delegare la funzione di controllo ad altri.

Nel comunicato, infatti, si dice che ''sono introdotte norme innovative in materia di svolgimento delle assemblee di società per azioni quotate, di esercizio dei diritti di voto plurimo e di flottante''. Che, si potrebbe dire, è tutto e l'esatto contrario, soprattutto perché lascia intatte le perplessità (che in qualche caso sono state vere e proprie proteste) degli azionisti davanti alla facoltà concessa ai CdA di continuare a tenere le assemblee con le medesime modalità adottate ai tempi della pandemia, ma che oggi non si riesce bene a capire perché dovrebbero essere confermate, a fronte di una situazione sanitaria nettamente migliore.
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