Ira del premier Shigeru Ishiba (foto). il Giappone è – dati alla mano – il primo investitore estero negli Stati Uniti. Un dato che rende la scelta di Washington non solo economicamente aggressiva, ma politicamente incomprensibile.
Il Giappone rompe gli indugi e parla chiaro: le nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti rappresentano “una crisi nazionale”. A dichiararlo è il primo ministro Shigeru Ishiba, intervenuto oggi con toni insolitamente duri davanti alla Dieta, il Parlamento giapponese. Non si tratta di un’esagerazione retorica, ma della constatazione di un attacco economico diretto da parte di quello che fino a ieri era considerato un alleato storico.
Il presidente americano Donald Trump ha deciso di colpire le esportazioni nipponiche con un’imposta del 24%, nel quadro delle sue cosiddette “tariffe reciproche” che stanno destabilizzando i mercati globali. Peccato che il Giappone sia – dati alla mano – il primo investitore estero negli Stati Uniti. Un dato che rende la scelta di Washington non solo economicamente aggressiva, ma politicamente incomprensibile.
“Il nostro governo è impegnato a ogni livello per limitare i danni”, ha dichiarato Ishiba. Il leader giapponese ha poi auspicato un atteggiamento “calmo” nei negoziati, ma il tono generale è stato inequivocabile: Tokyo si sente colpita alle spalle e non intende subire in silenzio.
La decisione unilaterale di Trump mette in forte tensione l’asse pacifico, incrina il clima di fiducia tra partner strategici e manda un messaggio velenoso a tutti gli alleati: nessuno è al sicuro. La Casa Bianca conferma così la sua strategia “America First” in versione ritorsiva, già applicata all’Europa, alla Corea del Sud e ora anche al Giappone.
Le imprese nipponiche, già sotto pressione per la frenata cinese e l’instabilità valutaria, si preparano a un contraccolpo che potrebbe costare miliardi. Ma il vero danno è politico: l’establishment giapponese, prudentemente allineato agli Stati Uniti per decenni, vede ora vacillare l’intero impianto della cooperazione bilaterale.
La crisi commerciale non è più una questione di dazi: è un terremoto strategico.
Reazioni internazionali e misure interne
L’annuncio delle tariffe ha scatenato reazioni a catena a livello internazionale. L’Unione Europea ha espresso “profonda preoccupazione” per le misure protezionistiche statunitensi, mentre la Cina ha minacciato contromisure equivalenti, alimentando i timori di una guerra commerciale su vasta scala.
In patria, il governo giapponese sta valutando una serie di misure per sostenere le industrie colpite. Il ministro dell’Economia, Yoji Muto, ha dichiarato che verranno esplorate “varie opzioni” per proteggere gli interessi nazionali, senza escludere possibili ritorsioni commerciali.
Impatto sul mercato e prospettive future
I mercati finanziari hanno reagito negativamente all’annuncio dei dazi. Il Nikkei 225, principale indice azionario giapponese, ha registrato una flessione significativa, riflettendo le preoccupazioni degli investitori riguardo alle prospettive economiche del paese.
Analisti economici avvertono che l’escalation delle tensioni commerciali potrebbe avere ripercussioni durature sull’economia globale, rallentando la crescita e aumentando l’incertezza nei mercati internazionali.
Una sfida senza precedenti
Il Giappone si trova ora di fronte a una sfida senza precedenti nella gestione delle sue relazioni con gli Stati Uniti. La risposta di Tokyo sarà cruciale non solo per l’economia nazionale, ma anche per l’equilibrio delle alleanze geopolitiche nella regione Asia-Pacifico. In questo contesto, la capacità del governo giapponese di navigare tra fermezza e diplomazia sarà determinante per il futuro del paese.