Cronache dai Palazzi - Ma all'Italia conviene fare guerra all'Europa?
- di: Redazione
La Nadef, per come è stata presentata e, soprattutto, giustificata in termini di numeri (sugli obiettivi e sulle speranze sarà il tempo a dare le sue risposto), rimanda ad una difficoltà oggettiva del nostro Paese, che sta attraversando un contingenza delicatissima, che mette a rischio la tenuta del governo.
Non certo in termini di prosecuzione del mandato sino alla fine della legislatura (come fanno intendere i numeri, che lasciano tuttora ampi margini di sicurezza), ma di coesione.
Perché l'andare in ordine sparso sembra essere la costante rispetto alla compattezza che ci si aspetterebbe da un esecutivo deciso restare in sella per i prossimi quattro anni.
Ma il clima resta difficile da decrittare.
Cronache dai Palazzi - Ma all'Italia conviene fare guerra all'Europa?
Il presidente del Consiglio spende la maggior parte delle sue energie per costruire, a sua immagine e somiglianza, un'Italia che abbia peso ben maggiore rispetto al passato sulle scenario internazionale. Quello stesso dove solo il prestigio personale di Mario Draghi aveva dato autorevolezza e audience.
Ma i guai, politicamente parlando, Giorgia Meloni se li ritrova tra le mura amiche, perché se l'obiettivo delle elezioni europee della prossima primavera è abbastanza palese e scontato per tutti, è il modo con il quale vi si avvicina che rischia di logorare il governo.
In cui, per l'ennesima volta (lo ha già fatto con il governo Conte) Matteo Salvini sembra volere essere di lotta e di governo, nel senso che sfrutta la platea concessagli del ruolo di vicepremier e ministro per portare avanti una sua battaglia in vista delle europee. Però, a differenza del passato (quello della versione ''petto nudo and mojito'' del Papeete), questa volta, nella missione, ha arruolato anche alcuni pesi massimi della Lega, che si sono caricati del compito di rendere difficili i rapporti con l'Europa quando essi sembrano mostrare bel tempo.
La sortita del vicesegretario Andrea Crippa (che ha ''firmato'' uno spericolato paragone tra la Germania di oggi e quella che, 80 anni fa, lanciava le sue divisioni alla conquista dell'Europa) sottolinea che Salvini ha con sé la Lega, evidentemente convinta che la linea ''anti-tutto'' (dai migranti alle tasse) alla fine paghi in termini elettorali. E a dire il vero sorprende il silenzio di quei big del movimento - soprattutto tra i presidenti di Regione - che dovrebbero incarnare l'ala dialogante della Lega, per come hanno ripetutamente dimostrato anche nel recente passato, e che preferiscono stare zitti.
Se è strategia, per come pare, è complessiva perché non vuole soltanto sottrarre voti a Fratelli d'Italia da destra cavalcando temi scontati (la paura dell'invasione dei migranti, visti come potenziali stupratori e spacciatori; le tasse taglieggiano gli italiani; le piccole irregolarità amministrative che sono da perdonare a colpi di condoni, anche se non li si chiama così)) , ma anche mettersi di traverso nel tentativo di Giorgia Meloni di proporsi, in Europa, come interlocutrice e non invece come semplice spettatrice, se dovesse cedere (ma non sembra ci sia spazio) alla tentazione di schierarsi con Marine Le Pen e i ''para-nazisti'' di AfD, l'Alternativa per la Germania.
Ma, ed è questo l'interrogativo di fondo, che terreno potrebbe preparare per domani la scelta di ostacolare i rapporti con l'Europa e i Paesi più rappresentativi dell'Unione, come sta cercando di fare la Lega?
Non è una domanda dalla risposta scontata, perché la nostra situazione economica oggi più di ieri dipende da Bruxelles e dalla potenziale benevolenza verso le nostre istanze, ad esempio nella revisione dei criteri del fondamentale patto di stabilità. Se continuiamo ad insultare gli altri, in cosa confidiamo per vedere riconosciute le nostre difficoltà e, con esse, le nostre disperate esigenze?
C'è poi un elemento solo apparentemente secondario, che è l'attacco al prestigio personale del presidente del consiglio. Che, se fa appello ai ministri dicendo di essere cauti nelle loro richieste in sede di legge di bilancio, stante le acque basse delle casse dello Stato, non può essere ricambiata con la ripetuta richiesta di inserirvi i fondi per il Ponte sullo Stretto di Messina, che sarà forse un'opera importante, ma non certo necessaria in questo momento. Eppure Salvini sembra non sentire gli inviti del primo ministro e va in giro per l'Italia a vendere la sua visione del Paese, a dispetto della realtà.