Covid-19: la pandemia possibile innesco di tensioni sociali, lo dice la Storia
- di: Diego Minuti
La pandemia non accenna ad allentare la sua presa mortale in quasi tutto il mondo e, mentre assistiamo ad un quotidiano elencare numeri drammatici, si rischia seriamente di cadere in una assuefazione che fa apparire come ineluttabile quanto sta accadendo. Ma, mentre la parola passa ai politici ed alle case produttrici di vaccini (due categorie distantissime tra di loro, ma che oggi sono costrette a dialogare, oscillando tra il bene comune e il guadagno), ci si deve pure cominciare ad interrogare su quello che sarà il futuro, vicino e non lontanissimo, e come la pandemia avrà inciso sui comportamenti dell'Uomo.
Purtroppo, visto il continuo aggiornarsi delle statistiche che il virus impone, non è ancora il momento di fare bilanci, ma di certo ci si comincia ad interrogare sullo scenario che si determinerà quando la pandemia sarà stata sconfitta. Interessante, in proposito, uno studio di tre analisti del Fondo Monetario Internazionale che hanno studiato le conseguenze di epidemie, in termini di disordini sociali, in 130 Paesi.
Philip Barrett, Sophia Chen e Nan Li, nel loro studio, hanno guardato al pericolo che la pandemia scateni tensioni sociali, acuendo le diseguaglianze sociali e creando le condizioni per tensioni tra diverse classi, che non necessario si potrebbero fermare alla semplice protesta.
Perché, nel suo essere comune a tutti gli strati della popolazione, la pandemia non ha fatto distinzione colpendo tutti e determinando una tensione sociale che ha coinvolto non solo i settori che si sono fermati a causa di misure sanitarie (come il turismo), ma anche chi ha un lavoro precario o chi invece ha un posto garantito. Allo stesso modo si sono determinate nuove divisioni, accentuando le precedenti, tra ricchi e poveri, sia come singoli, che come nuclei familiari, come, addirittura, tra Paesi che hanno beneficiato di campagne di vaccinazione degne di tale nome e altri, invece, che stentano ad avviarle.
Come sempre accade, nei momenti di maggiore crisi, economica più che morale, resta in superficie un certo ottimismo, che fa sperare come, dopo il baratro creato dalla pandemia e il virus sarà sotto controllo da un punto di vista dei numeri, assisteremo ad un ritorno della crescita che appianerà tutto, che farà tornare alle dinamiche sociali precedenti, in una sorta di pax che cancellerà l'accaduto.
Questo potrebbe dire l'ottimismo, ma la Storia racconta evoluzioni diverse nelle società profondamente colpite dalle epidemie.
Come sostengono nel loro studio Philip Barrett, Sophia Chen e Nan Li "dalla peste di Giustiniano (VI ° secolo) alla peste nera (XIV ° secolo) , attraverso l'influenza spagnola del 1918, la storia è piena di esempi di pandemie che hanno avuto a lungo impatto sociale". Il perché, per i tre analisti, è evidente: "Un'epidemia può rivelare o esacerbare le scappatoie preesistenti nella società, come reti di sicurezza sociale inadeguate, una mancanza di fiducia nelle istituzioni o la percezione di un governo incompetente o corrotto".
Un esempio che viene citato nello studio ricorda quanto accadde in Francia quando il colera, nel 1832, a Parigi, uccise quasi ventimila persone su un totale di 650.000 abitanti. A soccombere furono soprattutto gli abitanti dei quartieri popolari. Per questo i ricchi accusarono i poveri di essere il veicolo dell'epidemia ed i poveri accusarono i ricchi di averli avvelenati.
Il risultato fu che la rabbia popolare si incanalò contro il re Luigi Filippo.
"I funerali del generale Lamarque (vittima della pandemia e difensore delle classi popolari) si trasformarono" - hanno scritto i tre analisti nel loro studio - "in una grande manifestazione contro il governo nelle strade sbarrate: scene che Victor Hugo immortalò nel suo romanzo 'Les Misérables'. Alcuni storici hanno sostenuto che l'interazione dell'epidemia con le tensioni accumulate fosse la causa principale di quella che è conosciuta come l'insurrezione di Parigi del 1832, che a sua volta potrebbe spiegare la successiva repressione del governo e le rivolte avvenute nella capitale".
Ma il manifestarsi di una pandemia, con i suoi morti, può sempre determinare una esplosione della rabbia popolare?
Il parere del Fondo monetario internazionale è esplicativo: "Durante o immediatamente dopo una pandemia, i danni a lungo termine al tessuto sociale, sotto forma di disordini sociali, potrebbero non essere evidenti. In effetti, le crisi umanitarie tendono a ostacolare la comunicazione e il movimento necessari per organizzare proteste su larga scala. Inoltre, l'opinione pubblica può rivolgersi alla coesione e alla solidarietà quando i tempi sono duri. In alcuni casi, i regimi al potere possono anche trarre vantaggio da un'emergenza per consolidare il proprio potere e soffocare il dissenso. Ad oggi, l'esperienza Covid-19 si adatta a questo modello storico. In effetti, il numero di episodi significativi di tensione sociale è sceso in tutto il mondo al livello più basso in quasi cinque anni. Notevoli eccezioni includono gli Stati Uniti e il Libano , ma anche in questi casi le proteste maggiori sono legate a problemi che il COVID-19 può aver aggravato, ma non direttamente causato".