Il caro energia travolge il Paese. E il governo?

- di: Redazione
 
L'Italia, davanti all'enorme lievitare dei costi dell'energia, rischia di vedere morire in culla la speranza che i fondi europei da utilizzare nel Pnrr non siano divorati dalle bollette prima ancora di essere messi ''a reddito''. Se una cosa del genere la dicesse un cittadino qualunque, senza nessun interesse che quello di riuscire a non andare in rosso a fine mesi, tra introito e spese, non ci sarebbe granché da dire perché sarebbe il giudizio di chi delle decisioni che riguardano il Paese è testimone e non certo artefice.

Il caro energia travolge gli italiani che attendono la risposta del governo

Ma se a lanciare l'allarme è il ministro che dovrebbe guidare la transizione ecologica (settore che è il maggiore destinatario dei Pnrr), beh, allora c'è da preoccuparsi seriamente.
Il ministro Roberto Cingolani, in una intervista a La Stampa, ha detto di essere preoccupato per il costo dell'energia, e sin qui ci siamo, essendo questo un pensiero comune a tutti. Ma dopo, ha detto sempre parlando di energia, che ''il suo aumento, nell'arco del prossimo anno, rischia di avere un costo superiore all'intero Pnrr. Questo ci dice che il cosiddetto piano Marshall non è la soluzione a tutti i nostri mali. Dipende da come sapremo sfruttarlo''.

Ed è qui che, a leggere le parole di Cingolani, tutti dovrebbero essere seriamente preoccupati a cominciare dal Governo, e non solo perché il ministro in questione è il titolare di uno dei dicasteri più importanti dal momento che si occupa di dossier delicatissimi.
La dipendenza energetica dell'Italia non è cosa che si è scoperta nelle ultime settimane ed essa è anche conseguenza delle scelte che sono state fatte in un passato storicamente non lontano.
Oggi guardiamo ai costi energetici con un atteggiamento strabico. Da un lato, per decenni, ci siamo messi in testa il pennacchio di nazione antinucleare, con alcuni che, al manifestarsi di problemi in qualche impianto a energia atomica all'estero, quasi brindavano alla auto-accreditata lungimiranza. Dall'altro, non ci siamo accontentati di fare la guerra al nucleare, ma ci siamo intestarditi per chiudere le poche fonti energetiche che possiamo vantare. Perché in Italia per sentirsi qualcuno basta essere ''anti'', anche se questo può essere fonte di guai.

Anti-gasdotto, anti-trivellazioni, anti-parchi eolici e, in alcuni casi, anche anti-campi solari.
E ora, facendo zig-zag tra un ''anti'' e l'altro, dobbiamo stare col il fiato sospeso nel timore che le possibilissime mattanze nell'est Europa possano portare ad una chiusura dei rubinetti del gas. Cosa che, per la nostra economia, sarebbe devastante. Come lo sarebbe anche assistere, senza potere intervenire, al continuo alzarsi della curva dei costi per il gas, che è il pericolo più imminente.

Ma, ripetiamo, se queste cose rimangono relegate in un ambito distretto di dibattito, i problemi sono relativamente pochi. Ma se a denunciare questo stato di cose è un ministro, allora c'è qualcosa che non va, seriamente. Soprattutto perché, sia pure in un ambito di analisi più vasto, Cingolani apre il discorso alle difficoltà che l'attuazione del piano per le energie rinnovabili (che entro il 2030 dovranno raddoppiare rispetto a oggi) incontrerà quando si andrà a discutere con le autonomie locali dove posizionare questo o quell'impianto, dove dovranno sorgere foreste di pale eoliche o campi o piattaforme fotovoltaiche, davanti ai quali già s'ode levarsi l'urlo degli oppositori, alcuni attestati sul fronte ambientalista, altri su quello delle bellezze paesaggistiche messe in pericolo.

Negli Stati Uniti per definire questa situazione si usa la frase ''not in my back yard'' ('nimby' l'acronimo), che si potrebbe tradurre: fatelo dovunque, ma non nel giardino di casa mia.
Beato l'uomo, lo scienziato, l'uomo dei numeri o dei bulloni che troverà una soluzione ad un qualsiasi problema che metta tutti d'accordo.
Ma Cingolani, che sembra essere uomo pratico e che non gira intorno agli argomenti, nella sua intervista ha toccato anche il tema del nucleare, ricordando come la tecnologia stia facendo passi da gigante, soprattutto con impianti di quarta generazione (un gradino in più di quella francese, che non soddisfa dal punto di vista delle scorie), con piccoli reattori modulari già in attività negli Stati Uniti, ai quali si è accodato di recente il Giappone che una decina d'anni fa ha forse fatto troppo affidamento sull'energia atomica, lasciandoci quasi le penne (l'incidente di Fukushima).

Ora tutti guardano a palazzo Chigi perché ancora oggi non si capisce bene quale sia l'indirizzo che il governo intende darsi per frenare la spirale dei prezzi dell'energia (una impresa disperata) e per prepararsi al meglio per il futuro.
Forse non basta solo mettere mano alla borsa per attutire gli effetti dei rialzi sulle famiglie, ma anche porre delle basi per le future politiche energetiche. Contemplare le due cose non è facile perché il governo guidato da un tecnico vive solo per una alleanza passeggera tra partiti che tutto vogliono fare, meno che essere identificati con un esecutivo incapace di rispondere all'ennesima emergenza.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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