Commissione Ue: Fitto vicepresidente, una vittoria a metà
Fitto vicepresidente, una vittoria a metà
- di: Redazione
Fioccano, da ieri, i peana all'indirizzo di Raffaele Fitto per la nomina a vicepresidente esecutivo della Commissione europea, che dovrà comunque passare al vaglio del parlamento per la ratifica.
Una nomina è pur sempre una nomina, anche se celebrare quella di Fitto come fosse un successo su tutta le linea non è forse completamente aderente alla realtà dei fatti, che, come spesso accade, non sempre coincide con speranze e aspettative.
L'indicazione di Ursula von der Leyen verso il ministro italiano per l'attuazione del Pnrr risponde a logiche diverse. Quella politica, innanzitutto, perché la presidente della Commissione europea, ponendosi come obiettivo il rafforzamento della sua posizione e la necessità di allargare il consenso, ha ceduto alle istanze di Giorgia Meloni di attribuire a Raffaele Fitto una vicepresidenza esecutiva, sapendo di potere, domani, incassare una ''cambiale'', non avendo spezzato il filo, ormai sottile, con i conservatori europei.
Commissione Ue: Fitto vicepresidente, una vittoria a metà
Ma la presidente, e qui è un altro aspetto, ha anche messo i classici puntini sulle ''i'', dando sì a Fitto un titolo importante (anche perché prevede il coordinamento di commissari di ''secondo piano''), ma non sostanziandolo con le deleghe pesanti cui aspirava Roma.
Insomma, è come se a Natale sotto l'albero trovi, impacchettato e infiocchettato, un portafoglio di lusso, sapendo che resterà desolatamente vuoto. Forse non è esattamente questo il quadro, ma appare scontato che a Roma le ambizioni erano ben altre fino a pochi mesi fa, quando Ursula e Giorgia volavano assieme per il Mediterraneo, cercando di disinnescare crisi in atto o potenziali, mostrandosi, a dir poco amiche più che semplici alleate.
La lettera di missione, si chiama così la comunicazione al futuro commissario con le competenze che gli sono conferite, contiene le deleghe alla politica di coesione, all'attuazione del Pnrr e alle riforme.
Deleghe importanti, ma, bisogna pure dirlo, meno pesanti di quelle attribuite a commissari che vengono da Paesi che certo non hanno la stessa storia e la stessa importanza dell'Italia. Anche la competenza sull'attuazione del Pnrr a Fitto è ''neutralizzata'', per modo di dire, dal fatto che essa sarà gestita in coabitazione con il lettone Valdis Dombrovski che, nella precedente commissione, ha spesso, per non dire sempre, vestito i panni del fautore del rigore economico estremo. Un atteggiamento che ha anche avuto nell'Italia il destinatario.
Un ''inquilino'' a Bruxelles di cui Fitto avrebbe forse fatto volentieri a meno, considerando la tendenza di Dombrovski a cercare di imporre la sua linea.
In ogni caso, la nuova commissione porta netta l'impronta di Ursula von der Leyen che, come i cerusici di un tempo, centellinando, filtrando e eliminando elementi, ha creato una pozione che sembra fatta su misura per le sue ambizioni, che sono tante e grandi e con le quali ha dovuto fare i conti con Giorgia Meloni, trovatasi suo malgrado davanti ad una finta alternativa, tra accettare e inghiottire oppure dire di no, sapendo che il prezzo politico da pagare sarebbe stato altissimo.
Ora tutto il peso di questa situazione passa sulle spalle di Raffaele Fitto che dovrà mettersi a lavorare dimenticando che altri commissari, espressione di Paesi di secondo piano, ma utilissimi al disegno di ''donna Ursula'', avranno in mano deleghe importanti e, soprattutto, da potere tradurre in fatti concreti.