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IBL: Chat Control, l’Europa a rischio sorveglianza di massa

- di: Jole Rosati
 
IBL: Chat Control, l’Europa a rischio sorveglianza di massa
Nel nome della sicurezza dei minori, Bruxelles rischia di aprire la porta a una sorveglianza digitale senza precedenti. L’analisi dell’Istituto Bruno Leoni e le reazioni delle Big Tech.

La promessa di proteggere i minori online potrebbe trasformarsi in una minaccia per i diritti fondamentali dei cittadini europei. È il paradosso al centro della proposta di regolamento nota come “Chat Control”, concepita per combattere la diffusione di materiale pedopornografico ma accusata di scardinare le basi della privacy digitale. A lanciare l’allarme è l’Istituto Bruno Leoni – Idee per il libero mercato nel Focus curato da Claudia Giulia Ferrauto, analista indipendente in comunicazione e tecnologia.

Un’idea nata per proteggere i bambini, ma che mette a rischio tutti

Il piano, proposto dalla Commissione europea, punta a introdurre la scansione automatica dei contenuti digitali, compresi quelli cifrati con crittografia end-to-end. L’obiettivo è intercettare immagini e messaggi di abuso sui minori. Tuttavia, per Ferrauto “la sorveglianza generalizzata non è compatibile con i principi di necessità e proporzionalità del diritto europeo”, poiché trasforma ogni cittadino in un potenziale sospetto e mina la riservatezza delle comunicazioni.

La proposta – slittata dopo il rinvio del voto previsto per il 14 ottobre 2025 – resta sul tavolo del Consiglio europeo. Secondo l’analisi dell’Istituto Bruno Leoni, la misura rischia di violare articoli centrali della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e del GDPR, introducendo un modello di sorveglianza digitale che ricorda più i regimi autoritari che una democrazia liberale.

La frattura politica e le reazioni delle grandi piattaforme

Le principali aziende tecnologiche – da WhatsApp a Signal, passando per Apple, Telegram e Meta – hanno bocciato senza appello il “Chat Control”. Il CEO di WhatsApp, Will Cathcart, ha avvertito che la proposta “mette a rischio la sicurezza di miliardi di utenti e distrugge la fiducia nella crittografia end-to-end”. Signal ha parlato di “una minaccia esistenziale” e ha ventilato l’ipotesi di lasciare il mercato europeo se il regolamento dovesse passare nella forma attuale.

Pavel Durov, fondatore di Telegram, ha denunciato l’iniziativa come “un attacco diretto alla libertà di comunicazione”, mentre Apple ha ricordato la propria marcia indietro del 2021 su un sistema simile di scansione dei contenuti, sospeso dopo le proteste globali. Persino X (ex Twitter) ha definito il rinvio del voto “una vittoria per la protezione delle comunicazioni sicure”.

La battaglia giuridica e il rischio di una “normalizzazione” della sorveglianza

Le sentenze Schrems II e Quadrature du Net della Corte di giustizia europea hanno già dichiarato sproporzionate le raccolte indiscriminate di dati. Tuttavia, il “Chat Control” sembra ignorare questi precedenti. Ferrauto osserva che la tecnologia di client-side scanning, analizzando i contenuti direttamente sui dispositivi degli utenti, “aggira la crittografia e apre varchi che possono essere sfruttati anche da attori ostili”.

La proposta, secondo l’Istituto Bruno Leoni, non solo indebolisce la sicurezza digitale, ma rischia di legittimare pratiche di controllo globale, creando un pericoloso precedente per Paesi meno democratici. “Normalizzare la sorveglianza”, scrive Ferrauto, “significa ridurre la fiducia nelle istituzioni e aprire la strada all’autocensura”.

Un problema anche economico e tecnologico

L’imposizione di sistemi di scansione obbligatoria potrebbe spingere fuori dal mercato europeo realtà come Signal o Telegram, con ripercussioni sull’innovazione e sugli investimenti in cybersicurezza. Secondo l’analisi, il rischio è quello di alimentare una migrazione verso piattaforme non regolamentate, dove il controllo dei contenuti diventa ancora più difficile.

Ma il nodo più delicato è tecnologico: l’introduzione di backdoor o accessi nascosti comprometterebbe l’intera architettura della sicurezza digitale europea. Gli algoritmi di analisi, privi di audit indipendenti, possono generare falsi positivi e classificare come “sospetti” contenuti innocui. Un effetto domino che metterebbe a rischio la presunzione d’innocenza, cardine del diritto europeo.

Le alternative possibili: innovazione senza sorveglianza

L’Istituto Bruno Leoni propone di puntare su strumenti innovativi compatibili con la tutela della privacy, come la crittografia omomorfica, che consente di analizzare dati cifrati senza decifrarli. Una tecnologia già sperimentata in ambito sanitario e finanziario che permetterebbe di rilevare materiale illegale senza compromettere la riservatezza.

La Ferrauto invita anche a potenziare la cooperazione giudiziaria internazionale e l’educazione digitale, invece di affidarsi a un controllo automatico “cieco”. “Solo un approccio proporzionato e trasparente può garantire la sicurezza dei minori senza distruggere la libertà degli adulti”, scrive nell’analisi.

Un bivio per la democrazia digitale europea

Il rinvio del voto non chiude la partita. Il tema tornerà all’esame del Consiglio dell’Unione Europea tra dicembre e gennaio, con la presidenza danese chiamata a mediare tra chi chiede più sicurezza e chi difende la privacy. L’Istituto Bruno Leoni auspica una riscrittura profonda del testo e l’apertura di un dibattito pubblico che coinvolga cittadini, imprese e ricercatori.

In un’Europa già attraversata da tensioni autoritarie, il “Chat Control” rappresenta molto più di una questione tecnica: è un banco di prova per la tenuta dello Stato di diritto. La privacy, ricorda Ferrauto, “non è un lusso, ma la condizione essenziale per l’esercizio della libertà”.

Sicurezza sì, ma senza sacrificare la libertà

La sfida non è tra libertà e sicurezza, ma tra sicurezza e controllo. Come conclude l’analisi dell’Istituto Bruno Leoni, “proteggere i minori è un dovere, ma non può diventare un pretesto per sorvegliare tutti”. Serve un equilibrio nuovo: un’Europa che difenda i bambini senza trasformare ogni cittadino in un sorvegliato speciale.

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