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Casa, i bonus scendono al 36% nel 2026: allerta investitori e tempi stretti sul mercato

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Casa, i bonus scendono al 36% nel 2026: allerta investitori e tempi stretti sul mercato

La conferma dei bonus casa nella manovra non basta a sciogliere i dubbi di chi sta valutando un acquisto immobiliare. La prospettiva del ritorno al 36% nel 2026 – e del successivo 30% nel 2027 – accende l’incertezza, soprattutto fra chi compra non per viverci ma per mettere l’immobile a reddito. A pesare non è solo il taglio graduale degli incentivi ma il clima politico attorno alla cedolare secca: l’aliquota per gli affitti brevi sale dal 21 al 26%. Un segnale che molti leggono come frenata implicita sul mercato dell’investimento.

Casa, i bonus scendono al 36% nel 2026: allerta investitori e tempi stretti sul mercato

Secondo Il Sole 24 Ore, la manovra proroga di dodici mesi la detrazione al 50% per le prime case e al 36% per gli altri immobili. Ma l’orizzonte cambia già l’anno dopo: 36% e 30% dal 2027. Chi compra oggi deve calcolare i lavori entro 31 dicembre 2026, un limite che rischia di diventare un collo di bottiglia soprattutto per i condomìni, dove tempi amministrativi e tecnici raramente coincidono con le scadenze fiscali.

La forbice tra intenzione e realizzazione si apre proprio qui: il bonus resta, ma il tempo stringe. Ed è un tempo fiscale, non edilizio.

Un mercato in crescita… ma nervoso

Le stime di Scenari Immobiliari parlano di 770 mila compravendite nel 2025, sopra le 720 mila del 2024. Il mercato, dunque, corre. Ma rallenta il passo degli investitori mobiliari, che oggi devono guardare alla redditività netta, non solo al beneficio fiscale. Nel 72,5% dei casi chi compra paga le imposte con l’agevolazione “prima casa”, segnale che il perimetro dell’incentivo è ormai parte stabile della domanda primaria. Ma il margine di ritorno sull’investimento cambia se entra in gioco l’affitto breve tassato al 26%.

L’esempio che rende chiaro l’effetto

Chi acquista un appartamento e lo destina a prima casa ha uno scenario lineare: 60 mila euro di spesa, detrazione di 3 mila euro l’anno per dieci anni. Diverso il percorso per chi compra per affittare. Nel caso di un trilocale da 220 mila euro e lavori per 40 mila, con il bonus al 36%, la rata di detrazione scende a 1.440 euro l’anno per dieci anni. Se l’immobile viene affittato a 900 euro al mese, il rendimento netto atteso – sottratta la cedolare al 21% e l’Imu – resta intorno al 3,3%. E questo senza contare i costi vivi della proprietà (spese straordinarie, manutenzione, morosità potenziale).

La redditività diventa così più sottile, legata al quadro fiscale più che al valore dell’immobile.

Il messaggio politico implicito
Il governo conferma l’incentivo, ma lo riduce nel tempo. È un bonus che resta in piedi, pur perdendo spinta. Una sorta di “atterraggio morbido” dopo anni di maxi-agevolazioni. Il segnale è duplice: sì alla ristrutturazione, no al canale speculativo. E l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi porta con sé il retroscena: meno incentivi sul modello rendita, più favore a utilizzi stabili.

In controluce emerge un nuovo equilibrio: meno premialità fiscali automatiche, più prove di sostenibilità economica, più rischio calcolato. Per chi vuole investire, la finestra 2025-2026 è l’ultima con vantaggio pieno. Dopo, il rendimento diventa un’altra partita.

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