Caritas: ingrossa le sue file l'esercito dei poveri, sono ormai quasi sei milioni

- di: Redazione
 
Non ci sono parametri per definire i confini della povertà, se non quelli concreti, del vivere quotidiano non sapendo come affrontarlo. Perché, insieme a quella materiale, c'è la povertà che uccide la speranza, se chi ne è colpito non vede come uscire dalla condizione di indigenza, se non vedendo qualcuno, più ''fortunato'', tendergli la mano. Come fa quotidianamente, da sempre, la Caritas, che guardando ogni giorno il cuore più doloroso di questo problema deve sempre sapere come questo ''nemico'' si trasforma, per poterlo meglio combattere.

Caritas: ingrossa le sue file l'esercito dei poveri

I risultati di questo confronto sono stati riassunti in un rapporto su povertà e esclusione sociale, cui è stato dato il titolo ''L'anello debole'' e che è stato presentato oggi, in occasione della giornata internazionale dedicata a questo fenomeno. La correlazione scontata tra povertà e mezzi di sostentamento, oggi, ha meritato una riflessione di Papa Francesco che, incontrando una delegazione di imprenditori spagnoli, ha detto di guardare ad "un'economia che riconcili, tra loro, i membri delle varie fasi della produzione, senza disprezzarsi a vicenda, senza creare maggiori ingiustizie o vivere una fredda indifferenza". E' il lavoro che dà "dignità" alle persone, ha detto il Papa, aggiungendo che "c'è un rimedio per combattere la malattia della miseria: il lavoro e l'amore per i poveri", superando così "gli economici e sociali".

I ''numeri'' del rapporto della Caritas sono impietosi, perché disegnano per il nostro Paese un quadro molto più che allarmante, raccontando come lo scorso anno ha confermato la situazione che si era creata nel 2020, con l'esplosione della pandemia. In Italia, quindi, la situazione non ha subito miglioramenti, nonostante la situazione dei contagi e dei decessi da Covid-19 sia meno inquietante del 2020. Ma, nonostante questo, le famiglie in povertà assoluta sono poco meno di due milioni, cioè 5.571.000 persone e il 9,4% della popolazione residente.

Non desta sorpresa il fatto che la concentrazione più alta di famiglie in povertà assoluta risieda al Sud, il 10% (cioè lo 0,6 per cento in più rispetto al 2020). E' invece molto significativa la contrazione di numeri e percentuali al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%).
C'è un problema nel problema, legato all'età dei ''poveri'': la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65 (valore sotto il la media nazionale).

Spesso alla povertà si affianca la solitudine o il bisogno di volere fare partecipi anche altri di una situazione, nella speranza di avere un aiuto. Secondo il rapporto della Caritas, nel 2021, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati, le persone incontrate e supportate sono state 227.566. Tante in termini assoluti, ma a risaltare è soprattutto il fatto che, rispetto al 2020, siano aumentate 7,7%.
Non si tratta sempre di ''nuovi poveri'', perché sovente sono persone che oscillano tra lo stato di bisogno e una appena conquistata sopravvivenza. Non ci sono distinzione di genere, uomini e donne sono pressoché alla pari. A crescere invece è il numero degli stranieri, con punte che arrivano al 65,7% e al 61,2% nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est. Al Sud (68,3%) e nelle Isole (74,2%), prevalgono gli assistiti di cittadinanza italiana.

C'è poi un segmento della società che merita ulteriore attenzione, i senza dimora: i quasi 24 mila hanno chiesto aiuto. L'analisi della composizione di questa fascia dice che sonio per lo più di uomini (72,8%), stranieri (66,3%), celibi (45,1%), con un’età media di 43,7 anni e incontrati soprattutto nelle strutture del Nord (dove vivono quasi la metà degli homeless del Paese).
Un altro indicatore che assume notevole peso nell'analisi del problema è quello della correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione. Il rapporto, infatti, testimonia che sale il numero di chi possiede al massimo la licenza media (quindi, anche analfabeti, senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare), che passa dal 57,1% al 69,7%. Complessivamente nel 2021 la Caritas ha erogato quasi un milione e mezzo di interventi (con una media di 6,5 interventi per ciascun assistito, comprese le prestazioni di ascolto).

La Caritas Italiana, nella sua opera meritoria anche nel campo dell'informazione e dell'analisi, ha anche condotto il primo studio nazionale su un campione rappresentativo di beneficiari al fine di quantificare le situazioni di povertà ereditaria nel nostro Paese. ''Complessivamente - si legge nel rapporto - nelle storie di deprivazione intercettate, i casi di povertà intergenerazionale pesano per il 59,0%; nelle Isole e nel Centro il dato risulta ancora più marcato, pari rispettivamente al 65,9% e al 64,4%; il nord-Est e il Sud risultano le macro-aree con la più alta incidenza di poveri di prima generazione. Il rischio di rimanere intrappolati in situazioni di vulnerabilità economica, per chi proviene da un contesto familiare di fragilità è di fatto molto alto. Il nesso tra condizione di vita degli assistiti e condizioni di partenza si palesa su vari fronti oltre a quello economico. In primis nell’istruzione. Le persone che vivono oggi in uno stato di povertà, nate tra il 1966 e il 1986, provengono per lo più da nuclei familiari con bassi titoli di studio, in alcuni casi senza qualifiche o addirittura analfabeti (oltre il 60% dei genitori possiede al massimo una licenza elementare). E, sono proprio i figli delle persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente, fermandosi alla terza media e in taluni casi alla sola licenza elementare; al contrario tra i figli di persone con un titolo di laurea, oltre la metà arriva ad un diploma di scuola media superiore o alla stessa laurea''.

Anche il lavoro è un elemento che nel rapporto trova ampio spazio, riferendo che ''il raffronto tra le due generazioni mostra che circa un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri e che il 42,8% ha invece sperimentato una mobilità discendente (soprattutto tra coloro che hanno un basso titolo di studio). Più di un terzo (36,8%) ha, invece, vissuto una mobilità ascendente in termini di qualifica professionale, anche se poi quel livello di qualifica non trova sempre una corrispondenza in termini di impiego (data l’alta incidenza di disoccupati) o un adeguato inquadramento contrattuale e retributivo, vista l’alta incidenza dei lavoratori poveri''.

Il rapporto si conclude soffermandosi sulla situazione e le prospettive delle politiche di contrasto alla povertà, fissando tre interrogativi: ''Come realizzare buone politiche contro la povertà assoluta; quali interventi pubblici sono adeguati per fronteggiare l’alto rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia; quale ruolo la rete delle Caritas può svolgere in uno scenario di politiche pubbliche profondamente mutato negli ultimi anni, in cui lo Stato viene assume un rinnovato ruolo di centralità''.
Parlando del Reddito di cittadinanza, il rapporto rileva che, percepito da 4,7 milioni di persone, questa controversa misura raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%).
''Sarebbe quindi opportuno - questo l'auspicio della Caritas - assicurarsi che fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti. Accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale. Ma al momento una serie di vincoli amministrativi e di gestione ostacolano tale aspetto''.
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