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Tensioni tra Cambogia e Thailandia, la Cina chiede dialogo e prudenza

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Tensioni tra Cambogia e Thailandia, la Cina chiede dialogo e prudenza

Lungo la frontiera tra Cambogia e Thailandia, l’atmosfera è tornata ad essere esplosiva. Dopo anni di tregua armata e tensioni latenti, il confine orientale della Thailandia è stato teatro di scontri mortali tra unità militari dei due Paesi, alimentando un conflitto mai del tutto sopito. Secondo le prime ricostruzioni, le ostilità si sarebbero accese nei pressi della provincia cambogiana di Oddar Meanchey, in un’area da sempre contesa e soggetta a rivendicazioni parallele. Le dinamiche esatte dei combattimenti restano in parte oscure, ma il bilancio parla già di diversi militari morti e feriti, con accuse reciproche di sconfinamenti e provocazioni.

Tensioni tra Cambogia e Thailandia, la Cina chiede dialogo e prudenza

Di fronte a un’escalation che rischia di coinvolgere due Paesi strategici per il Sud-est asiatico, la Cina ha rotto il silenzio esprimendo “profonda preoccupazione” per l’aggravarsi della situazione. Il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino ha invitato pubblicamente le parti “a risolvere le divergenze attraverso il dialogo e le consultazioni”. Un messaggio che, sebbene formulato in termini diplomatici, sottolinea il timore della Cina di un deterioramento degli equilibri regionali in un momento in cui la stabilità commerciale e politica dell’area appare già messa alla prova da altre crisi, dal Mar Cinese Meridionale alla Birmania.

Il peso delle dispute territoriali irrisolte

Alla base delle tensioni tra Cambogia e Thailandia vi sono dispute di lungo corso su diverse porzioni di territorio al confine, in particolare intorno al sito del tempio di Preah Vihear, una zona storicamente sensibile e teatro di scontri già nel 2011. Sebbene la Corte internazionale di giustizia abbia riconosciuto la sovranità cambogiana sull’area, la presenza militare thailandese non si è mai ritirata completamente. I governi dei due Paesi hanno spesso alimentato sentimenti nazionalisti per fini politici interni, e ciclicamente il confine torna a infiammarsi, con gravi rischi per le comunità locali e per la tenuta della cooperazione economica regionale.

La pressione diplomatica e la posizione di Pechino
La Cina, che intrattiene relazioni strategiche sia con Phnom Penh che con Bangkok, si è proposta come possibile intermediario, pur mantenendo una posizione formalmente equidistante. Pechino ha tutto l’interesse a prevenire instabilità ai suoi confini meridionali, soprattutto in un’area in cui investe pesantemente attraverso l’iniziativa Belt and Road. La diplomazia cinese, tradizionalmente cauta in materia di interventi diretti, potrebbe però questa volta svolgere un ruolo più attivo, anche alla luce dei timori per una possibile estensione del conflitto a gruppi armati non statali e a comunità transfrontaliere.

La voce delle popolazioni locali
I primi report provenienti dalle aree coinvolte parlano di villaggi evacuati e centinaia di civili in fuga, in particolare lato cambogiano. Le famiglie che vivono lungo il confine, spesso impegnate in agricoltura e commercio di frontiera, temono un ritorno degli scontri sistematici e la militarizzazione del territorio. Alcuni testimoni hanno riferito di spari nella notte e di pattuglie armate che hanno imposto il coprifuoco. Le organizzazioni umanitarie locali chiedono un intervento urgente per proteggere i civili e garantire l’accesso agli aiuti in caso di ulteriori escalation.

Il ruolo dell’Asean e l’appello al multilateralismo
Nel frattempo, l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean), organismo regionale di cui entrambi i Paesi fanno parte, si è limitata a un comunicato interlocutorio in cui “si prende atto degli sviluppi con crescente preoccupazione”. Ma la debolezza dell’Asean nel gestire i conflitti interni tra i suoi membri torna a farsi evidente. La Cina auspica invece “una gestione appropriata della crisi”, parole che rivelano la volontà di non compromettere i rapporti economici con Bangkok e Phnom Penh, ma anche la consapevolezza che senza una mediazione esterna difficilmente le tensioni potranno rientrare.

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