Sanità: dopo le dimissioni di Zuccatelli, la Calabria pretende rispetto

- di: Diego Minuti
 
Per quanto tempo ancora la Sanità calabrese resterà ostaggio della politica, che spesso dimentica di dover essere al servizio della gente? Di quella gente che, nel teatrino delle ultime settimane, si è sentita offesa, anzi umiliata senza che le sue istanze venissero recepite?

La domanda non è affatto retorica, anche se giunge nella giornata in cui il neocommissario alla Sanità calabrese, Giuseppe Zuccatelli, si è dimesso paradossalmente prima ancora di insediarsi.
Non è certo questo il momento per aprire il quaderno delle doglianze dei calabresi in un settore fondamentale come quello di garantire le migliori prestazioni mediche possibile. Ma, allo stesso modo, sarebbe sbagliato dimenticare tutto quanto è accaduto negli ultimi anni e che si potrebbe riassumere nella figura dei "commissari" nominati dall'Impero con l'incarico di mettere a posto tutto, ma che mancavano di una delle doti che forse più di altre si richiedono per un incarico delicatissimo ancorché gravoso: la conoscenza, non intesa come padronanza della scienza (medica, amministrativa), ma molto più modestamente del territorio su cui si va ad esercitare un enorme potere non conseguenza di un suffragio, ma della (vera, presunta, sperata) capacità di guardare ai problemi e di individuarne le possibili soluzioni.

Le vicende della Calabria di oggi sono uno schiaffo a coloro che, da amministrati, vi risiedono ponendo la loro fiducia in chi lo governa. Ma se la soluzione si chiama Saverio Cotticelli o Giuseppe Zuccatelli allora qualcuno deve avere sbagliato. E questo qualcuno deve avere il coraggio di ammetterlo parlando ai calabresi, non a chi - non eletto - guida oggi la Regione.
L'atmosfera surreale che le gesta dei due commissari hanno creato in Calabria e fuori (con exploit televisivi da film comici) sta alimentando la giustificata rabbia di chi ha deciso di ribellarsi al meccanismo dei pro-consoli che si distinguono non per la qualità degli atti che si pretende da loro (nella presunzione che siano stati scelti tra le migliori eccellenze amministrative), ma per sortite che, se non fossero vere, sembrerebbero scritte da chi ha il solo obiettivo di danneggiare una intera regione che ha le sue colpe, che sono gravi e datate, ma che nel momento in cui viene commissariata deve sperare che le cose vadano meglio. Così non è accaduto e, purtroppo, nel giudizio degli "altri", la Calabria somiglia non a sé stessa, ma ai suoi commissari, che si coprono di ridicolo.

Dicono cose inverosimili e poi, a mente fredda, ritengono di avere pronunciate sesquipedali castronerie solo perché sotto l'effetto di una droga o della macumba di entità indistinte: massoneria, 'ndrangheta, Big Pharma, circolo della tarantella, intrecciatori di ceste in vimini.
Dicono e poi cercano di minimizzare frasi pronunciate su come fronteggiare l'emergenza che non troverebbero ospitalità nemmeno sulla bocca di uno sciamano, manco di uno stregone.
Ora, quando non s'è asciugato l'inchiostro con il quale, oggi, Giuseppe Zuccatelli ha firmato la lettera di dimissioni da commissario della Sanità in Calabria, è cominciata la girandola dei nomi di possibili sostituti, con imbarazzanti autocandidature, mentre soffia un vento di ribellione che non è solo politica.

Ma se da Roma si pensa di risolvere il caso Calabria con un nuovo commissario, magari di grande nome, il rischio che si corre è quello del classico buco nell'acqua
. Per porre rimedio ai tanti mali della sanità calabrese non occorre un medico, peraltro stimatissimo, come Gino Strada (che, per fare bene quello che gli si chiede, dovrebbe trasferirsi in pianta stabile tra Aspromonte, Sila e Pollino, avendo a destra e manca Tirreno e Jonio), ma qualcuno che sappia di cosa si stia parlando, che conosca il territorio, e se non lo conosce, che lo batta palmo a palmo, che sappia perché per ottenere un'eccellenza bisogna sacrificare un piccolo presidio ospedaliero di frontiera e, di converso, perché si debbano preservare anche piccole presenze per non fare restare nessuno indietro.

Qualcuno che si renda conto che razionalizzare la spesa non significa necessariamente tagliarla e che i trenta chilometri tra un capoluogo del nord ed una cittadina del suo hinterland sono molto più brevi di quelli tra Catanzaro, Cosenza, Reggio, Vibo Valentia e Crotone ed un paesino, da cui li dividono montagne, curve, strade indegne di questo nome. Ora, dopo la presa d'atto del fallimento delle due esperienze commissariali (anche se quella di Zuccateli non è mai cominciata), una regione intera aspetta solo una cosa da Roma: rispetto.
A cominciare dalla sua gente che è ben consapevole che una certa classe politica non ha fatto quello per cui è stata eletta.
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