Un pomeriggio di finali si trasforma in incubo a Providence: allerta, lockdown e oltre 400 agenti in campo. E la domanda che torna, puntuale, è sempre la stessa: quante volte ancora?
Che cosa è successo
La cronaca corre veloce e ha già lasciato un segno profondo nel campus di Brown University, a Providence, nello Stato del Rhode Island. Nel pomeriggio di sabato 13 dicembre (ora locale), un uomo è entrato in un edificio universitario e ha aperto il fuoco durante le prove d’esame. Il bilancio comunicato dalle autorità e rilanciato da più fonti americane è pesante: due studenti uccisi e nove feriti, diversi in condizioni critiche.
La sparatoria si è concentrata nell’area del Barus & Holley, complesso che ospita laboratori e aule legati a ingegneria e fisica: un luogo normalmente attraversato da studenti e ricercatori, che nel periodo dei finali diventa una piccola città nella città.
Il sospetto è in fuga e la città è blindata
Il punto decisivo, al momento, è uno: l’aggressore non è stato preso. Nelle prime ore dell’emergenza si è diffusa anche l’ipotesi di un fermo, poi smentita con chiarezza. La caccia all’uomo è diventata una maxi-operazione: secondo quanto riportato da Reuters, sul terreno sarebbero impegnati oltre 400 operatori tra forze locali e federali, con il supporto di FBI e ATF.
Le descrizioni raccolte dagli investigatori parlano di un uomo vestito di scuro, con un possibile travisamento del volto. La polizia ha diffuso anche un filmato di sorveglianza, ma senza un’inquadratura utile del viso: “non si vede la faccia”, ha spiegato il deputy chief Timothy O’Hara commentando il video in cui il soggetto si allontana a piedi (dichiarazione rilanciata da media locali e ripresa da più testate).
Lockdown nel campus: “Restate dove siete”
L’università ha attivato il sistema di allerta interna e ha ordinato un shelter-in-place: porte chiuse, telefoni silenziati, luci spente, persone nascoste in laboratori e aule. È la sceneggiatura che negli Stati Uniti ormai molti conoscono già, perché si ripete con una frequenza che altrove appare semplicemente inconcepibile.
Alcuni studenti hanno raccontato di essersi riparati sotto le scrivanie o dietro porte barricate; altri di aver cercato rifugio in attività commerciali nei dintorni. L’area attorno al campus è stata interdetta e presidiata, mentre ambulanze e mezzi delle forze dell’ordine riempivano le strade di Providence.
Feriti e soccorsi: ore decisive in ospedale
I feriti sono stati trasportati in più strutture, con un afflusso importante al Rhode Island Hospital. Le condizioni cliniche più gravi sono state descritte come critiche ma stabili in diversi aggiornamenti serali. Le autorità sanitarie e la polizia, come spesso accade in queste situazioni, mantengono il massimo riserbo su identità e dettagli, anche per informare prima le famiglie.
Un elemento emerso nelle ore successive è che quasi tutte le persone colpite sarebbero studenti, come indicato da aggiornamenti ufficiali citati dai media americani e dalle agenzie internazionali.
Reazioni: dal municipio alla Casa Bianca
Il sindaco di Providence, Brett Smiley, ha parlato pubblicamente nelle ore dell’emergenza, sottolineando la priorità assoluta: identificare e fermare l’aggressore, con la collaborazione della popolazione. Sul fronte federale, il presidente Donald Trump ha commentato la sparatoria con toni di cordoglio, dicendo ai reporter che “possiamo solo pregare per le vittime” e definendo l’accaduto “una vergogna”.
La governatrice e le autorità statali hanno promesso sostegno alla comunità universitaria e piena collaborazione alle indagini. Anche la presidente dell’ateneo, Christina Paxson, ha espresso dolore e vicinanza, parlando di una giornata cupa per Brown.
Le indagini: video, tracce e segnalazioni dei cittadini
Gli investigatori lavorano su più livelli: ricostruzione minuto per minuto, acquisizione di filmati (telecamere interne, esterne e dispositivi privati), rilievi balistici e raccolta di testimonianze. Il supporto federale non è solo “simbolico”: FBI e ATF vengono impiegate per accelerare l’analisi di tracce e circuiti informativi.
È stata attivata anche una modalità di raccolta segnalazioni online: alcuni canali mediatici statunitensi indicano un portale dedicato e, in parallelo, resta disponibile la piattaforma ufficiale dell’FBI per l’invio di informazioni e materiali utili alle indagini.
Il contesto: armi, campus e numeri che non smettono di fare rumore
Il Rhode Island, rispetto ad altri Stati americani, ha una tradizione normativa più restrittiva e nel 2025 ha visto un nuovo passaggio politico rilevante: il governatore Dan McKee ha firmato una legge che vieta la vendita di alcune armi in stile militare (con entrata in vigore differita). Eppure la tragedia di Brown dimostra quanto il “perimetro” di sicurezza possa saltare in aria quando un aggressore decide di colpire in un luogo aperto e affollato.
Sullo sfondo resta il dato strutturale: negli Stati Uniti le morti legate alle armi da fuoco restano su livelli elevatissimi. Le analisi su base CDC, riprese anche da centri di ricerca e testate specializzate, indicano che nel 2023 (ultimo anno con dati completi consolidati) i decessi per cause legate ad armi da fuoco sono stati 46.728. Un numero che aiuta a leggere la notizia di Providence non come un fulmine isolato, ma come parte di una lunga e dolorosa continuità.
Cosa aspettarsi adesso
Nelle prossime ore il nodo sarà duplice: identificazione del sospetto e ripristino della sicurezza nel campus. Brown University dovrà decidere se e come rimodulare gli esami e le attività didattiche, mentre la città gestirà il ritorno alla normalità con un’incognita ancora aperta: un uomo armato, potenzialmente pronto a colpire ancora.
L’altra partita, inevitabile, è politica e culturale: ogni sparatoria riapre il dibattito su accesso alle armi, controlli, sicurezza degli edifici e prevenzione. Ma la cronaca, oggi, ha una priorità più brutale e immediata: dare un nome a chi ha sparato e consegnarlo alla giustizia.