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Australia, l’antitrust mette nel mirino Microsoft: “Nascosti i piani più economici senza Copilot”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Australia, l’antitrust mette nel mirino Microsoft: “Nascosti i piani più economici senza Copilot”

L’Australia chiama in causa Microsoft per pratiche commerciali considerate ingannevoli. La denuncia è stata depositata davanti alla Corte Federale: nel dossier dell’authority sulla concorrenza (ACCC) c’è l’accusa di aver guidato gli utenti verso gli abbonamenti più cari di Microsoft 365, quelli che includono Copilot, l’intelligenza artificiale lanciata come perno della nuova strategia del gruppo di Redmond.

Australia, l’antitrust mette nel mirino Microsoft: “Nascosti i piani più economici senza Copilot”

Secondo i regolatori, i piani “Classic” – meno costosi e privi di AI – sarebbero stati di fatto oscurati. Non scomparsi: semplicemente resi invisibili fino al momento della disdetta. È lì, all’ultimo passaggio, che l’utente scopriva che esistesse ancora un’altra opzione.

La presidente dell’authority: “Una scelta costruita, non libera”
“Mostreremo in tribunale che Microsoft ha deliberatamente omesso il riferimento ai piani più economici per orientare gli abbonati verso quelli premium”, ha spiegato Gina Cass-Gottlieb, numero uno dell’ACCC. Per l’autorità il tema non è solo economico ma sistemico: quando un servizio diventa quasi imprescindibile – posta, cloud, suite Office – il margine di scelta reale si restringe. E l’asimmetria informativa diventa leva di mercato.

L’accusa ricostruisce un comportamento attivo, non casuale. Le pagine promozionali non offrivano alternative immediate ai pacchetti con Copilot. Per tornare a una versione “Classic” bisognava prima decidere di disdire. Poi, solo a quel punto, compariva l’altra opzione. Le differenze di costo? Tra il 29 e il 45 per cento in più, a favore della nuova formula con intelligenza artificiale.

Il rischio sanzioni e il messaggio al mercato globale

Se le contestazioni dovessero essere accolte, la multa potenziale è di almeno 30 milioni di dollari australiani per singola violazione. Una cifra che può lievitare in base alla durata della condotta: secondo l’esposto, tutto comincia nell’ottobre 2024 e prosegue per oltre un anno senza correzioni.

Ma la posta è più alta dei numeri. Il caso australiano diventa un test politico per la regolazione dell’AI commerciale: il bundling delle funzioni intelligenti con i software di produttività sta già attirando l’attenzione di Europa e Stati Uniti. Il sospetto è che l’innovazione venga usata come trincea competitiva per consolidare il vantaggio esistente, più che come ampliamento di mercato.

Un precedente che fa scuola

In Australia, la vicenda apre un dibattito sul potere delle big tech e sul grado di trasparenza richiesto quando l’utente non ha vere alternative praticabili. Il cuore dello scontro è lì: non il prezzo, ma la possibilità di sottrarsi senza rinunciare a strumenti ormai indispensabili.

Per Microsoft è un fronte delicato. Per i regolatori, una prova generale. Per il mercato, un segnale: l’era dell’AI non è soltanto nuova tecnologia, ma nuovo terreno di conflitto tra libertà di scelta e modelli di piattaforma.

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