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Manovra/3 Sciopero 25 ottobre e industria in picchiata

- di: Marta Giannoni
 
Manovra/3 Sciopero 25 ottobre e industria in picchiata

Dalla protesta della Cgil alle cifre drammatiche del settore industriale.

(Maurizio Landini, Segretario generale della Cgil).

È un autunno che si preannuncia caldo per il mondo del lavoro e dell’industria italiana. Con la presentazione della legge di bilancio 2026, la CGIL lancia l’allarme: «una manovra contro il Paese e i lavoratori». Il segretario generale Maurizio Landini non usa mezzi termini e, parlando il 22 ottobre 2025, sostiene che «questa Manovra … è a danno dei lavoratori e del Paese perché non ci sono investimenti, non si prevede crescita, anzi c’è un peggioramento della situazione».

Salari, precarietà e la fiscalità che pesa

Nel documento sindacale c’è una contestazione forte del sistema fiscale e del mercato del lavoro: «Abbiamo un sistema fiscale che penalizza dipendenti e pensionati. A pagare sono dipendenti e pensionati». I punti critici? Il taglio dell’aliquota mediana dell’Irpef giudicato «insufficiente», la detassazione sui rinnovi contrattuali troppo limitata e – secondo la CGIL – esclusiva nei fatti per alcuni settori come quello metalmeccanico.

Landini aggiunge che «non si vanno a prendere i soldi dove ci sono, e non si inverte quello che è un problema oggi fondamentale, cioè l’abbassamento dei salari e l’aumento della precarietà». In altre parole: mentre si promettono sussidi e alleggerimenti fiscali, i salari reali restano bloccati e la precarietà divora posti di lavoro.

Produzione industriale in declino: numeri che colpiscono

Se la manovra viene vista come un’operazione che ignora il lavoro, l’industria italiana ne dà prova tangibile. Secondo i dati della ISTAT, nell’aprile 2025 l’indice della produzione industriale italiana è salito dell’1,0% rispetto al mese precedente e del 0,3% su base annua. Tuttavia il dato “non destagionalizzato” segnava un calo dell’1,2% rispetto ad aprile 2024. I numeri suggeriscono una fragilissima ripresa, eccessivamente debole per invertire la rotta strutturale.

Alcune fonti segnalano che l’output industriale in agosto 2025 abbia invece registrato una contrazione del 2,7% su base annua e del 2,4% su base mensile: un segnale che l’industria non si è affatto liberata dalla sua congiuntura negativa.

Non è solo un problema recente: un articolo accademico parla dell’Italia come «l’Achille dell’Eurozona», incanalato in un percorso di declino industriale di lungo periodo.

Il modello d’impresa sotto accusa

La CGIL non punta solo il dito sulla manovra o sui salari; l’attacco è anche al “modello d’impresa”. Landini ha dichiarato che «bisogna cambiare il modello di fare impresa. Abbiamo un modello che uccide, che è fondato molto spesso su appalto, sub‐appalto, precarietà». Questo significa che il problema non è solo economico, ma anche organizzativo: un sistema produttivo che scarica rischi e guadagni su chi lavora, invece che investire in crescita e innovazione.

Verso lo sciopero del 25 ottobre

La mobilitazione è fissata per sabato 25 ottobre 2025: la Cgil e i suoi alleati sindacali scenderanno in piazza per protestare contro quella che definiscono una manovra che scarica il peso sui lavoratori dipendenti e sui pensionati. È una mossa che punta a dare visibilità all’insoddisfazione crescente e a costringere il governo a segnare una svolta.

Quali scenari per il futuro?

Se il governo non interviene con politiche industriali all’altezza, gli scenari sono chiari: stagnazione economica, ulteriori perdite per la produzione, salari in calo, crescita che resta un miraggio. La Cgil parla apertamente di propaganda, e denuncia che «ci raccontano un boom inesistente e un Paese che non c’è».

Sul fronte politico-economico, diventa urgente che «si costruisca una politica industriale pubblica in grado di rilanciare il sistema industriale e di governare il processo di trasformazione». Se invece l’Italia resta priva di un piano convincente, potremmo trovarci davanti a un’altra fase di arretramento.

Il punto

La legge di bilancio si trova sotto accusa da parte della Cgil per aver scelto di ignorare salari, investimenti e produttività. Mentre la produzione industriale langue, il mondo del lavoro si prepara a far sentire la propria voce il 25 ottobre. Per Landini, l’Italia ha bisogno di un cambio di passo vero, non di annunci. Altrimenti sarà un paese che non cresce, che non lavora, che non produce.

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