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Asia in rosso: scossa Fed, crollano tech e yen debole

- di: Matteo Borrelli
 
Asia in rosso: scossa Fed, crollano tech e yen debole
Da Tokyo nervosa a Mumbai guardinga, listini asiatici in ordine sparso: giù tecnologia e Cina, meglio Jakarta e Manila. Petrolio e oro risalgono, future europei in calo con la Fed che frena i sogni di tagli rapidi.

In Asia è stata una seduta nettamente risk-off, figlia del doppio colpo arrivato dagli Stati Uniti: sell-off violento sui tecnologici di Wall Street e toni più falchi dalla Federal Reserve, che hanno raffreddato le scommesse su un taglio dei tassi già a dicembre.

A Tokyo il Nikkei 225 ha chiuso in calo di circa l’1,8% a 50.376,53 punti, cancellando gran parte dei guadagni delle ultime sedute, dopo essere scivolato in mattinata di oltre mille punti dai livelli di giovedì. Il listino è stato zavorrato soprattutto dai titoli tecnologici e growth, sulla scia del crollo dei campioni dell’AI al Nasdaq. Lo yen resta debole, intorno a 154,5 per dollaro, sui minimi da nove mesi.

Al tempo stesso, l’indice MSCI Asia-Pacifico ex Giappone ha perso circa l’1,6%, allineandosi alla caduta di oltre l’1,5% registrata nella notte dallo S&P 500 e dal Nasdaq.

Tokyo guida il ribasso

Il movimento su Tokyo è stato emblematico del nervosismo globale: il Nikkei ha accusato pesanti prese di profitto sui grandi nomi della tecnologia, dopo giorni di corsa alimentati dalla narrativa sull’intelligenza artificiale. Secondo le stime di mercato, i titoli legati all’hardware e ai semiconduttori hanno guidato le vendite, mentre comparti più difensivi come farmaceutico e alimentare hanno retto meglio.

“Le probabilità di un taglio già a dicembre sono diventate un testa o croce, mentre le valutazioni dei titoli tech restano tirate”, ha spiegato Shane Oliver, capo economista di AMP a Sydney, notando come il rally dell’anno abbia reso i listini vulnerabili a qualunque delusione di politica monetaria.

Nel complesso, i listini asiatici hanno seguito il colpo subito da Wall Street, con gli investitori che ricalibrano le aspettative su tempi e intensità dei prossimi allentamenti della Fed.

Cina e Hong Kong frenate da dati deludenti

Nei listini cinesi la seduta è stata meno drammatica ma ugualmente negativa. Il CSI 300 delle blue chip ha ceduto intorno allo 0,6%, mentre l’indice Shanghai Composite si è mosso in area 4.022 punti, in ribasso di quasi lo 0,2%.

A Hong Kong l’Hang Seng ha interrotto la striscia di rialzi e si è attestato poco sopra i 26.500 punti, in calo di circa l’1,9%, con l’indice dei titoli tecnologici in flessione di oltre il 2%.

Il sentiment sulla Cina resta fragile: i dati di ottobre su produzione industriale e vendite al dettaglio hanno mostrato un rallentamento rispetto alle attese, confermando una ripresa ancora disomogenea e appesantita dalla crisi immobiliare.

“Il drawdown è stato marcato su tutte le asset class, oggi in Asia c’erano pochi veri rifugi”, ha osservato Chris Weston, responsabile della ricerca di Pepperstone a Melbourne, commentando un quadro in cui azioni, alcune obbligazioni e valute più rischiose sono state vendute in contemporanea.

Seoul, Singapore e Australia: tecnologia sotto attacco

La correzione è stata particolarmente violenta in Corea del Sud: il Kospi si è portato in area 4.060 punti, dopo aver perso fino al 3,6% nel corso della seduta, trascinato al ribasso dai grandi nomi dell’elettronica e dei chip, che replicano il tonfo dei colossi statunitensi dell’AI.

Anche la regione del Sud-est asiatico più sviluppato ha sofferto. A Singapore lo Straits Times Index è sceso in area 4.540 punti, con un ribasso vicino all’1% intraday e una perdita di circa lo 0,8% sulla seduta, complice la debolezza delle finanziarie e dei REIT.

In Australia, l’S&P/ASX 200 ha lasciato sul terreno circa l’1,3-1,4%, attestandosi intorno a 8.640 punti. A pesare sono stati i titoli delle materie prime e della tecnologia, mentre i finanziari hanno limitato le perdite.

Mumbai guarda a Bihar e Fed, Jakarta e Manila salvano la faccia

Più difensivo il quadro in India. A Mumbai il Sensex ha accusato un calo nel corso della mattinata fino allo 0,5%, con un minimo intraday attorno a 84.042 punti, per poi ridurre le perdite a circa lo 0,4% in area 84.176 punti; l’indice Nifty 50 si è mosso intorno allo 0,3-0,4% in meno, in area 25.792 punti.

“Le Borse indiane risentono delle prese di profitto globali e del tono incerto della Fed, ma sullo sfondo restano forti fondamentali domestici”, ha commentato Ponmudi R, amministratore delegato di Enrich Money. Secondo VK Vijayakumar, strategist di Geojit, la reazione ai risultati elettorali in Bihar sarà verosimilmente di breve periodo, mentre a medio termine conteranno soprattutto crescita del PIL e utili societari.

Nel resto dell’Asia emergente il quadro è stato più sfumato: a Jakarta il Jakarta Composite Index si è mosso in lieve rialzo, intorno a 8.380 punti, con un progresso frazionale di circa lo 0,1%; a Bangkok il SET Index è scivolato in area 1.267 punti, in calo di circa l’1,6%; a Manila il PSEi ha proseguito il recupero, attestandosi attorno a 5.750 punti con un guadagno vicino allo 0,5%.

Nel complesso, i flussi hanno premiato relativamente i mercati con fondamentali domestici più solidi e minore esposizione diretta ai mega-titoli tech globali.

Valute: dollaro un po’ più debole, yen ancora sotto pressione

Sul mercato dei cambi la seduta asiatica ha visto un leggero arretramento del biglietto verde. L’indice del dollaro resta comunque intorno a quota 99, in lieve calo rispetto al paniere di principali valute.

Lo yen ha trovato un temporaneo sollievo, risalendo in area 154,4-154,6 per dollaro dopo aver toccato in settimana i minimi da nove mesi, mentre verso l’euro si è riportato poco sotto quota 180.

Sulle altre divise asiatiche lo yuan resta debole ma sotto controllo, complice la gestione stretta del fixing da parte della banca centrale cinese; il won coreano si è indebolito in scia al tonfo del Kospi; la rupia indiana ha mostrato movimenti limitati, sostenuta dagli afflussi domestici nonostante l’umore più cupo degli investitori internazionali.

Petrolio e gas su, l’oro torna a fare da paracadute

Sul fronte delle materie prime, la giornata è stata dominata dal rialzo dell’energia e dal ritorno d’interesse per i beni rifugio.

Il petrolio Brent è salito in area 64 dollari al barile, con un progresso vicino al 2%, dopo la notizia di un attacco con droni ucraini a un deposito di greggio russo a Novorossijsk, importante hub di esportazione sul Mar Nero. Il WTI statunitense viaggia poco sotto i 60 dollari, anch’esso in aumento di oltre il 2% nella sessione asiatica.

L’oro spot si muove sopra la soglia dei 4.180 dollari l’oncia, in rialzo di circa lo 0,4% e in progresso sul bilancio settimanale, sostenuto dall’indebolimento del dollaro e dai timori per una Fed meno accomodante.

Operatori sui mercati dei metalli preziosi sottolineano che l’oro torna a essere il “paracadute naturale quando azioni e bond scivolano insieme”, mentre sul petrolio pesano soprattutto le preoccupazioni sul lato dell’offerta più che un boom della domanda reale.

Future su Europa e Wall Street: l’onda rossa non si ferma in Asia

Lo sguardo dei desk asiatici è già rivolto all’apertura delle Borse europee. In avvio di mattinata, i future sull’Euro Stoxx 50 risultano in calo di circa lo 0,3%, quelli sul Dax tedesco in leggero rialzo di circa lo 0,1%, mentre i contratti sul Ftse 100 di Londra segnano un arretramento intorno allo 0,4%.

Sul fronte americano, i future sull’S&P 500 hanno invertito i timidi rimbalzi visti in avvio di seduta asiatica e trattano in perdita di circa lo 0,2%, con i future sul Nasdaq 100 in ribasso di circa lo 0,5%, segno che la presa di profitto sui grandi titoli dell’AI non è ancora esaurita.

In una nota da Singapore, gli analisti di DBS osservano che la sessione americana è diventata “un caso di vendere l’America” e che la narrativa sul taglio dei tassi si sta rapidamente riequilibrando verso scenari meno accomodanti, almeno finché non tornerà un flusso regolare di dati macro dopo la lunga chiusura del governo federale.

Cosa significa per gli investitori europei

Per l’Europa, la giornata si preannuncia in salita: la combinazione tra tecnologici sotto pressione, Fed meno prevedibile e dati cinesi in raffreddamento riduce la voglia di rischio, proprio mentre diversi indici europei arrivano da massimi storici o quasi.

In questo contesto, i desk di trading si aspettano una rotazione dagli high-beta (tech, auto, ciclici puri) verso settori difensivi, una forte attenzione ai dati macro in uscita nell’Eurozona e negli Stati Uniti nelle prossime settimane e una possibile temporanea riapertura del canale risk-off a favore di franco svizzero, oro e titoli governativi core, qualora la volatilità su Wall Street dovesse restare elevata.

Come riassume un gestore basato a Hong Kong, “non è l’inizio della fine del bull market, ma è un promemoria brutale su quanto sia stretto lo spazio di manovra per la Fed e per i listini tech”.

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