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L’Aquila, il tempo che ricuce la memoria: il Museo Nazionale d’Abruzzo torna al Castello

- di: Anna Montanari
 
L’Aquila, il tempo che ricuce la memoria: il Museo Nazionale d’Abruzzo torna al Castello
Sedici anni non sono soltanto una misura del tempo. Sono una materia densa, fatta di attese, promesse, impalcature e silenzi. Sedici anni dopo il terremoto del 6 aprile 2009, L’Aquila compie uno di quei gesti che segnano una svolta simbolica più che amministrativa: il Museo Nazionale d’Abruzzo rientra nella sua sede storica, il Castello Cinquecentesco, restituendo alla città un luogo che non è solo contenitore di opere, ma spazio di identità e di memoria condivisa.

L’Aquila, il tempo che ricuce la memoria: il Museo Nazionale d’Abruzzo torna al Castello

Non è una riapertura qualsiasi, e non ha il tono trionfalistico delle grandi inaugurazioni. È piuttosto un ritorno misurato, per tappe, come tutto ciò che riguarda L’Aquila dopo il sisma. Il MuNDA, ferito come la città, aveva trovato rifugio in una sede provvisoria all’ex mattatoio, mentre il Castello Spagnolo restava chiuso, imponente e silenzioso, a ricordare ogni giorno ciò che mancava. Oggi, con la riapertura parziale degli spazi restaurati, quel silenzio si rompe e il Castello torna a essere ciò che è sempre stato: un presidio della storia aquilana.

La ricostruzione che passa dalla cultura


Il rientro del museo nel Castello segna una tappa fondamentale della ricostruzione culturale della città. Perché L’Aquila ha capito, spesso a proprie spese, che la rinascita non è fatta solo di metri cubi ricostruiti o di numeri di cantieri chiusi, ma di luoghi simbolici restituiti alla collettività. Senza la cultura, la ricostruzione resta una riparazione tecnica; con la cultura diventa invece una ricucitura profonda tra passato e futuro.

Le opere e la memoria restituita

Le sale che tornano accessibili ospitano una parte delle collezioni del museo, testimonianze che attraversano secoli di storia, dalla preistoria al Novecento. Ogni opera rientrata racconta non solo l’Abruzzo che è stato, ma anche quello che ha resistito. Non si tratta di un semplice riallestimento museale, ma di un atto di restituzione alla comunità, che rivede tornare nei luoghi originari frammenti della propria memoria collettiva.

Il Castello come simbolo urbano


Il Castello Cinquecentesco, baluardo militare diventato negli anni cuore culturale della città, torna a dialogare con L’Aquila dall’alto delle sue mura. La sua riapertura ha un valore che va oltre il museo: è il segnale di una città che ricomincia a riconoscersi nei propri spazi simbolici. Il Castello, come L’Aquila, porta ancora addosso le tracce del sisma, ma proprio per questo diventa il luogo ideale per raccontare una storia di resilienza che non cancella le ferite, le rende parte del racconto.

Una città che rinasce senza dimenticare

Il terremoto non è archiviato, né potrebbe esserlo. È una presenza costante, una linea di confine che separa un prima e un dopo. Il ritorno del MuNDA al Castello non rimuove quel trauma, ma lo trasforma in consapevolezza. È il segno di una città che ha scelto di non dimenticare, ma di convivere con la propria storia, trasformando il dolore in patrimonio condiviso.

Verso il 2026, tra passato e futuro

In vista delle sfide che attendono L’Aquila, a partire dal percorso verso Capitale italiana della Cultura 2026, la riapertura del Museo Nazionale d’Abruzzo assume un significato ulteriore. Non è un punto di arrivo, ma una tappa decisiva. Molto resta da fare, molti spazi devono ancora essere restituiti, ma qualcosa di essenziale è tornato al suo posto. Ed è spesso da questi ritorni silenziosi, più che dalle grandi cerimonie, che si misura la vera rinascita di una città.

La bellezza come atto di resistenza

Alla fine, il museo che riapre racconta una verità semplice e potente: la bellezza, quando resiste, non lo fa per caso. Resiste perché qualcuno l’ha difesa, restaurata, rimessa in piedi con pazienza. Sedici anni dopo, il MuNDA che torna al Castello non cancella il dolore, ma lo trasforma in racconto. Ed è in questo racconto, finalmente condiviso, che L’Aquila ricomincia a parlarsi e a riconoscersi.
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