Amministrative: il centrodestra si squaglia, vittima di egoismi e di calcoli politici sbagliati

- di: Redazione
 
"Il centrodestra unito vince", aveva detto Matteo Salvini, in uno slancio di scontato ottimismo che poggiava sull'esito di sondaggi che premiavano la coalizione, sia pure in modo diverso e senza tenere conto dei passaggi tra i tre partiti che lo compongono. Nel senso che, sommando i risultati delle varie indagini demoscopiche sulle intenzioni di voto degli italiani, l'esito di tutte le elezioni, dalle amministrative e, nel 2023, alle politiche non doveva avere storia, con una vittoria a mani basse.

Amministrative: il centrodestra esce male dai ballottaggi

Così non è stato perché il voto di ieri ha detto che i buoni proponimenti di (in ordine alfabetico) Berlusconi, Meloni e Salvini sulla solidità delle alleanze sono naufragati come il guscio di noce che affronta la procella di un mare nero e che schiuma sperando di superarla indenne.

La sconfitta in alcuni casi ha avuto il profilo di una inspiegabile debacle (come a Catanzaro, dove il candidato del campo largo, Nicola Fiorita, ha ribaltato il risultato dei primo turno, che aveva visto il civico - ma a trazione del centrodestra - Valerio Donato nettamente in testa) o di un rovescio che razionalmente non avrebbe avuto ragione di essere se non nella follia (politica) che ha indotto il favoritissimo Fratello d'Italia Federico Sboarina a riuscire nell'impresa di strangolarsi con le proprie mani, rifiutando l'apparentamento col rivale Flavio Tosi, come lui ex leghista, consegnando Verona a Damiano Tommasi, buon giocatore, ma neofita della politica.

Piccole gelosie e grandi dispetti, che non possono essere tollerabili all'interno di una coalizione che si candida non a guidare Catanzaro o Verona (con il massimo rispetto per le due città), ma l'intero Paese, sul quale fare gravare le ombre di una difficile coesistenza oggi, figurarsi quando si tratterà di scegliere chi mandare a Palazzo Chigi.
L'esito delle amministrative non è rassicurante per l'alleanza a destra perché ora i dubbi e i sospetti saranno ulteriormente alimentati dalle accuse che si scambieranno partiti e leader, nel tentativo di scaricare su altri responsabilità che sono comuni. Se Giorgia Meloni ora dovrà capire come possa Sboarina avere rifiutato di vincere, quando non aveva ostacoli verso la sindacatura se non il livore contro Tosi, a Mattero Salvini toccherà il difficile compito di fare metabolizzare alla Lega come il partito sia ulteriormente arretrato se non nei numeri, quanto meno nel peso politico in seno alla coalizione. E Silvio Berlusconi come avrà preso la sconfitta, sia pure di misura, del ''suo'' candidato a sindaco di Monza, città ormai eletta a suo feudo politico-sportivo?

Di certo, quando i sorrisi di circostanza saranno messi da parte, Berlusconi e Salvini si confronteranno su come risolvere il 'problema Meloni', che, candidandosi quasi apoditticamente a guidare la coalizione grazie ai numeri di Fratelli d'Italia, sta mandando all'aria progetti e prospettive comuni.
Comunque, bisogna dare atto al 'campo largo' di avere azzeccato alcune combinazioni tra candidati e liste di sostegno, evitando di sottolineare le chiare differenze e cercando invece un terreno comune su cui costruire una proposta credibile. Non è che, però, con l'esito delle amministrative, tutti i problemi a sinistra siano risolti perché il difficile arriva ora, con l'esigenza di dare dignità di coalizione ad un'ammucchiata che, solo pochi anni fa, avrebbe fatto inorridire i puristi della politica.

Anche perché se il Pd può con ragione celebrare la sua affermazione, altrettanto non può dire il movimento dei Cinque Stelle che, la dove si è presentato accanto ai democratici, ha dato un contributo numerico assolutamente ininfluente. Ma Enrico Letta non può assolutamente permettersi di fare lo schizzinoso: i Cinque Stelle servono perché, se manterranno un profilo coerente con la loro storia, potrebbero essere quell'anello della coalizione necessario per vincere anche alle politiche.
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