L’epidemia silenziosa: adolescenti italiani tra ansia, isolamento e sfide pericolose

- di: Barbara Leone
 
Un quadro sempre più allarmante emerge dal recente sondaggio condotto dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza tra gli adolescenti italiani: più della metà dei ragazzi soffre di ansia o tristezza prolungata, il 49,8% denuncia stanchezza cronica, e il 46,5% sperimenta un nervosismo continuo. È una realtà in cui il disagio psicologico sembra diffondersi come un’ombra silenziosa, accentuata dalla pandemia e dalle sue conseguenze, creando una generazione di giovani che si sente oppressa da emozioni negative, fatica mentale e pressioni sociali.

L’epidemia silenziosa: adolescenti italiani tra ansia, isolamento e sfide pericolose

Quasi 7.500 studenti delle scuole secondarie italiane hanno partecipato alla consultazione pubblica sull’impatto della pandemia, realizzata tramite la piattaforma online dell’Autorità. Di questi, i sedicenni hanno rappresentato la metà dei partecipanti, evidenziando il coinvolgimento di quella fascia di età in cui il disagio psicologico sembra manifestarsi in modo più marcato. I dati rivelano che il 29% dei ragazzi lamenta mal di testa frequenti, mentre il 25,4% riferisce difficoltà a dormire. «Penso sia necessario porre l’accento sulla condizione dei minorenni», dichiara la Garante Carla Garlatti, sottolineando che «La salute mentale viene spesso discussa in riferimento agli adulti, mentre vorrei che si prestasse maggiore attenzione ai ragazzi e a come è cambiata la loro vita dopo la pandemia».

Ma come si sentono davvero gli adolescenti oggi? Solo il 35% si dichiara sereno, mentre il 24% si definisce ansioso e il 16% fatica a esprimere il proprio stato d’animo. E se per alcuni il ritorno a una certa normalità ha giovato, con il 40,3% che sente di aver migliorato il rendimento scolastico rispetto al periodo della pandemia, resta preoccupante il 24,7% che percepisce un distacco da parte degli insegnanti, descritti come disinteressati e attenti solo ai risultati. Le relazioni, cuore della vita di ogni adolescente, sono uno dei fronti su cui la pandemia ha lasciato cicatrici profonde. Sebbene il 55,9% preferisca incontrare gli amici dal vivo, una significativa percentuale, pari al 26,4%, ammette di provare disagio nelle interazioni sociali. Sono ancora vive le abitudini nate durante la pandemia: il 40,4% ha continuato a studiare in modo discontinuo, il 33,3% a dormire poco, il 31,8% fa poca attività fisica e il 31,7% non regola l’alimentazione. Si è dunque affermata una modalità di vita frammentata, caratterizzata da una socialità ridotta e da stili di vita poco sani, che faticano a ritrovare un equilibrio.

Un quadro che si fa ancor più drammatico alla luce dei dati riportati da Maria Pontillo, psicoterapeuta presso l’Unità di Neuropsichiatria dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Negli ultimi anni, il numero di emergenze psichiatriche che coinvolgono i giovani è cresciuto esponenzialmente: se nel 2012 erano 239 i casi registrati, nel 2023 sono saliti a 1.415, con un picco di 1.824 durante il secondo lockdown del 2021. «Parliamo di giovanissimi, con un’età che oscilla tra i 13 e i 18 anni», spiega la psicoterapeuta, «nella maggioranza dei casi ragazzi romani». Non si tratta solo di accessi di emergenza: ogni anno, circa cinquemila visite ambulatoriali vengono richieste per diagnosi di ansia, depressione e disturbi comportamentali, e spesso presentano sintomi gravi come ideazioni suicidarie o comportamenti autolesionistici. Le difficoltà psicologiche dei ragazzi si intrecciano sempre più con i rischi della rete, che ormai rappresenta uno spazio non solo di interazione ma di esposizione a stimoli estremi e pericolosi. Tra le problematiche emergenti, la dipendenza da videogiochi e social media è in continua crescita e spesso rappresenta il contesto di sfide, le cosiddette challenge, che mettono a rischio la salute fisica e mentale dei più giovani. Un caso drammaticamente noto è quello della “Blue Whale”, la sfida autolesionistica che ha spinto molti adolescenti a compiere atti dannosi, ma la lista di queste pericolose mode non si è fermata lì. «Abbiamo avuto anche casi legati alla cosiddetta “cicatrice francese”», racconta la dottoressa Pontillo, riferendosi alla tendenza nata in Francia, in cui i ragazzi si provocano graffi e lesioni sul volto per poi esibire le ferite sui social. Di recente, una nuova e allarmante sfida, la “sex roulette”, ha fatto discutere l’opinione pubblica: un “gioco” che si svolge attraverso chat private in cui adolescenti, perlopiù ragazze, vengono coinvolte in incontri sessuali non protetti, con il pericoloso obiettivo di “vincere” tornando a casa senza incorrere in gravidanze. «Non è in gioco un compenso monetario, ma la pura adrenalina e il rischio», spiega Pontillo. «La “sensation seeking”, la ricerca di emozioni forti, spesso guida questi ragazzi fragili, che diventano facile preda della pressione sociale e dell’influenza dei social network». Dietro questa necessità di esporsi a rischi si cela il bisogno di visibilità, di approvazione, di riconoscimento: un terreno di insicurezza emotiva che accomuna molti giovani. Esporsi, rischiare, provare la trasgressione sembra diventare per alcuni l’unico modo di sentirsi parte di un gruppo, di affermare la propria identità. Tuttavia, il prezzo da pagare è altissimo: le sfide online non rappresentano solo una moda pericolosa, ma una delle tante spie di un disagio profondo che trova poche vie di espressione e ancora meno ascolto.

I dati sulle emergenze psichiatriche negli ospedali pediatrici raccontano di una gioventù che si rivolge al pronto soccorso solo quando il malessere diventa ingestibile, quando l’ansia e la depressione sono già arrivate a livelli critici. Spesso la richiesta di aiuto arriva quando l’isolamento si è trasformato in disperazione, e non resta altro che cercare una soluzione d’urgenza. Manca, insomma, un percorso di prevenzione e cura che consenta ai ragazzi di accedere a un sostegno psicologico in modo regolare, senza dover attendere di trovarsi in una condizione critica. Ecco perché appare evidente che, alla luce di tutto ciò che peraltro è anche sotto i nostri occhi di genitori, nonni, zii, formatori e adulti in genere, la vera urgenza è quella di una vera e propria rivoluzione copernicana di approccio e valori. Un cambiamento, a partire dalle scuole, che potrebbero diventare un punto di riferimento per i ragazzi, e dalle famiglie, che hanno il compito di ascoltare, accogliere e aiutare i propri figli. Perché mai come adesso questa “epidemia silenziosa” merita di essere affrontata con serietà e responsabilità: solo così si potrà costruire un futuro in cui i giovani non siano costretti a cercare, nei pericoli della rete, il coraggio per sentirsi vivi.

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