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Trump e Putin preparano lo scambio che umilia Kiev e l’Europa resta a guardare

- di: Bruno Chiavazzo, giornalista e scrittore
 
Trump e Putin preparano lo scambio che umilia Kiev e l’Europa resta a guardare
Sembra questo il finale che i due capibastone, Trump e Putin, stanno apparecchiando in Alaska per l’Ucraina. Il palazzinaro dai capelli arancioni continua a spararsi le pose sui media di tutto il mondo: “Mi basteranno due minuti per capire le intenzioni di Putin”. Come se le intenzioni di Putin fossero un segreto. L’ha detto e ridetto in tutte le salse: “L’Ucraina è nostra e la rivogliamo”.

Cos’altro deve dire? Senza alcun preavviso o atto scatenante, tre anni e mezzo fa si è presentato con una colonna di carri armati ai confini e ha cominciato a sparare su qualsiasi cosa, convinto com’era che nel giro di un paio di settimane sarebbe stato accolto a Kiev con rose e coriandoli. Non è andata così, almeno finora.

Fino a quando, cioè, non è entrato in scena quell’altro megalomane che ha cominciato subito trattando come un servo Zelensky alla Casa Bianca. Date le premesse, a Putin non restava che aspettare, come il cinese sulla riva del fiume, che il cadavere del presidente eletto democraticamente dell’Ucraina passasse sotto i suoi occhi. Ed è esattamente quello che sta per accadere.

Quel coatto di Trump ha subito parlato di “scambi di territori” per chiudere l’accordo; ma quali sarebbero i territori da scambiare, se quelli occupati sono già sotto il controllo russo? Ma queste sono quisquilie, pinzillacchere (cit. Totò). A Trump non gliene può fregar di meno delle conseguenze per l’Europa, per il popolo ucraino, per gli equilibri mondiali. A lui interessa “fare l’accordo”: come ogni affarista senza scrupoli, il suo motto è “qua la pezza e qua il sapone”, antico detto napoletano che potremmo tradurre in merce in cambio di soldi. Nel caso specifico: l’Ucraina in cambio di affari futuri con il dittatore russo. Tutto il resto è pura noia per Trump, tempo sottratto al golf.

Fanno tenerezza gli appelli dei fantasmatici “leader” europei a essere invitati al tavolo imbandito. Dopo aver preso mazzate a gogò sui dazi imposti, senza alcuna contropartita, da Trump, ora sbraitano per essere stati tagliati fuori come intrusi. In tutto questo io non capisco cosa aspettino a ribaltare il tavolo e, come si fa al poker, andare a vedere, una volta per tutte, le carte in mano ai due bari.

Si parla di “interessi elettorali”, ma quali interessi, se Trump e Putin stanno sullo stomaco alla stragrande maggioranza degli europei? La nostra Presidente, Giorgia Meloni, è ancora convinta di avere un “legame” particolare con Trump? Ancora non ha capito che quello non se la fila di pezza, alla stessa stregua di Macron, Sánchez, Tusk e tutti gli altri? Ancora crede che reggere il moccolo a Trump le porterà voti e consenso?

Mi viene in mente la famosa frase di Hemingway: “Non chiedere mai per chi suona la campana, essa suona per te”.
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