Spinacorona: il Festival delle passeggiate musicali napoletane per scoprire i tesori nascosti della città

- di: Barbara Leone
 
Per i napoletani veraci è la Fontana delle Zizze. Per tutti gli altri semplicemente la Fontana della Spiracorona. Non una delle più grandi, e nemmeno la più famosa. Sicuramente, però, è una delle più belle fontane di Napoli. Carica di storia, carattere, fascino e, perché no, anche di una certa sensualità. L’opera (che è una copia, perché l’originale è conservata al Museo nazionale di San Martino) rappresenta l’emblema per eccellenza della città di Napoli: la sirena Partenope, qui raffigurata in procinto di spegnere le fiamme del Vesuvio con l’acqua che le sgorga dai seni. Le zizze, appunto. Che per i napoletani non sta solo ad indicare i seni in quanto parte anatomica femminile. Ha anche un significato ben augurante d’abbondanza, prosperità, benessere, felicità e salute. La Fontana, restaurata nel 1540 da Don Pedro de Toledo ma sicuramente realizzata molti anni prima, si trova nel cuore del centro storico.

Un piccolo grande gioiello incastonato tra i vicoletti di Corso Umberto I, a due passi da Piazza Nicola Amore e dall’Università Federico II. Ed è proprio a lei che s’ispira il Festival Spinacorona. Anche se “in realtà il nome Spinacorona non è stato il punto di partenza”, sottolinea il direttore artistico Michele Campanella. Il Festival, giunto alla sua sesta edizione, ha preso il via ieri e proseguirà sino a domenica. Un Festival nel Festival. Perché la musica è sì protagonista assoluta, ma è soprattutto il fil rouge che guida ed accompagna il pubblico in un’esperienza totalmente immersiva nella bellezza, nell’arte e nella storia di questa straordinaria città. Ideato dal pianista napoletano Michele Campanella, internazionalmente riconosciuto quale uno dei maggiori virtuosi e interpreti lisztiani, Spiracorona è un vero e proprio tour musicale itinerante, scandito da mattina a sera dalle note delle più belle pagine della musica da camera mondiale interpretate da artisti di alto livello nazionale ed internazionale. A dirigere il tutto, la riscoperta di alcuni dei siti artistici ed architettonici più belli e meno conosciuti della Napoli antica. Una “narrazione unica del nostro territorio”, come la definisce il sindaco Gaetano Manfredi, che aggiunge: “La musica che attraversa Napoli, anima monumenti e angoli del centro antico si conferma la formula di successo del Festival Spinacorona ideato e diretto da Michele Campanella.

Questi quattro giorni di eventi gratuiti all’interno di chiese, musei, siti e itinerari storici arricchiscono l’offerta culturale in città che non si limita alla stagione estiva, ma prosegue con un calendario di iniziative variegato anche in ragione dell’elevato flusso turistico registrato negli ultimi mesi. Riscoprire Napoli, le sue bellezze e gli itinerari più nascosti è un’esperienza straordinaria che quest’Amministrazione sostiene e promuove”. Venti concerti (ciascuno di quaranta minuti circa) in quattro giorni, con oltre cento artisti che si alternano in tredici luoghi vibranti d’armonica poesia. Concerti gratuiti, affinché ne godano tutti indistintamente. Perché lo spirito di Spinacorona è proprio questo: la condivisione della bellezza a 360 gradi. E così per una volta sono gli artisti che vanno incontro al pubblico, invece di aspettarlo al chiuso di un teatro. Rendendolo protagonista di questo viaggio unico. Che attraverso la chiave magica di quello che è il linguaggio universale per eccellenza, e cioè la musica, arriva a spalancare, fisicamente e metaforicamente, le porte di quei tesori nascosti e troppo spesso dimenticati che caratterizzano l’immenso patrimonio artistico e culturale italiano. Passeggiate musicali, come recita il sottotitolo della manifestazione. Una manifestazione nata, sottolinea lo stesso Campanella, con uno scopo duplice ma al tempo stesso concorde: “La prima idea - dice - è quella di fare un Festival di musica da camera a Napoli. Ma questa è un’idea collegata immediatamente alla scoperta di luoghi, alla valorizzazione di siti che non fanno parte del circuito consueto di turisti, di siti che tra l’altro i napoletani stessi non conoscono.

E quindi insieme: musica di alto livello con interpreti alto livello, e luoghi tutti da godere”. Ed ognuno, sottolinea ancora il Maestro, ne può godere come vuole: “Perché se vuoi sentire  il concerto stai seduto quaranta minuti e nel frattempo ti guardi il posto, ma puoi stare anche cinque minuti e te ne vai. Anche se non lo fa nessuno, perché solitamente il nostro pubblico arriva per tempo, si siede e contemporaneamente si gode il concerto e si gode il luogo. Ieri, per esempio, abbiamo aperto due posti che non aveva visto alla fine nessuno, tranne chi era vecchio. La chiesa di San Filippo Neri a Gerolamini e quella della Disciplina della Santa Croce, che era un luogo abbandonato da chissà quanto tempo. Ci sono altri casi in questo Festival di luoghi quasi sconosciuti, teoricamente si sa che ci sono ma nessuno ci va. Per motivi pratici, perché non sono aperti, oppure per pura pigrizia. Che poi è proprio questo - aggiunge Campanella - lo scopo che rende il Festival unico. Perché di Festival di musica da camera non ne mancano in Italia, però un Festival di musica da camera fatto così da quello che mi risulta ha una caratteristica unica. Che è dovuta a Napoli, perchè Napoli è un tale pozzo di cose belle che non si finisce mai di scoprire.

Ovviamente - conclude il Maestro - ci sono anche delle difficoltà perché non è che in tutti posti belli tu ci puoi fare musica. Per vari motivi, perché ci sono rumori intorno che non si possono evitare per esempio, perché l’acustica è inaccettabile per esempio, perché sono luoghi che non permettono di far entrare chissà quanta gente. Insomma, non è che sia tutto disponibile. Se è per questo ci sono 200 chiese a Napoli ma non è che possiamo usarle tutte e 200. Però per il momento, però, stiamo continuando a scoprire”. Tra i protagonisti di quest’edizione il Sestetto della prestigiosa Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, il Fine Arts Quartet, la violinista giapponese Kyoko Yonemoto, il pianista britannico Huw Warren. Con loro anche grandi nomi della musica classica italiana come Enrico Dindo, Calogero Palermo, Paolo Marzocchi, Valentina Coladonato, Gabriele Mirabassi e il gruppo barocco L’Astrée fino ai giovani emergenti del Quartetto Indaco. Ospite d’onore della rassegna sarà il compositore lettone Pēteris Vasks, tra i nomi più illustri della nuova musica baltica che si è guadagnato fama internazionale con esecuzioni di suoi brani in ogni parte del mondo affidate a interpreti d’eccezione come Gidon Kremer e Sol Gabetta.
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