Il carcere, luogo emblematico delle contraddizioni sociali, è oggi oggetto di un progetto ambizioso promosso da Intesa Sanpaolo, che ha scelto di affrontare le disuguaglianze con una visione innovativa. Con il suo programma di responsabilità sociale, che destina 1,5 miliardi di euro al sociale entro il 2027, l’istituto guidato da Carlo Messina sta intervenendo direttamente nel sistema carcerario italiano per migliorare le condizioni di vita dei detenuti e favorirne il reinserimento.
Intesa Sanpaolo: il carcere come nuova frontiera della coesione sociale
Si tratta di un’operazione che punta a trasformare la detenzione da periodo di esclusione a opportunità di riscatto. Il contesto è noto: secondo i dati, il 70% delle persone detenute torna a commettere reati una volta scontata la pena. È un fallimento che grava non solo sul singolo, incapace di ricostruirsi una nuova vita, ma anche sulla collettività, che vede vanificarsi il ruolo rieducativo del sistema penale.
“La recidiva è un problema che non possiamo più ignorare, né come cittadini né come istituzioni”, ha dichiarato un portavoce di Intesa Sanpaolo. “Investire nella riabilitazione dei detenuti non è solo un atto di giustizia sociale, ma anche un elemento cruciale per garantire una società più sicura e coesa”.
Un impegno trasversale
Le iniziative di Intesa Sanpaolo non si limitano a interventi di tipo assistenziale, ma abbracciano un approccio sistemico. I progetti attualmente in corso coinvolgono diverse aree operative della banca, con un focus su due obiettivi principali: il miglioramento delle condizioni di vita all’interno delle carceri e la creazione di percorsi formativi e professionali per i detenuti.
In collaborazione con associazioni del terzo settore e istituzioni pubbliche, Intesa Sanpaolo sta sviluppando programmi che spaziano dalla riqualificazione delle strutture detentive alla promozione di attività lavorative. “La detenzione non può essere solo una punizione”, prosegue il portavoce. “Deve diventare un’occasione per fornire competenze e strumenti utili alla reintegrazione nella società. Solo così possiamo spezzare il ciclo della marginalità”.
Un esempio concreto è rappresentato dai corsi di formazione professionale, che includono settori come la ristorazione, l’artigianato e l’agricoltura. Tali percorsi, oltre a offrire opportunità di impiego, promuovono un senso di responsabilità e appartenenza. “Abbiamo già visto risultati incoraggianti: detenuti che, una volta liberi, hanno trovato lavoro e sono diventati parte attiva della comunità. Questo dimostra che il cambiamento è possibile”, sottolinea la banca.
Un modello replicabile
L’operazione si inserisce in un piano più ampio che Intesa Sanpaolo ha avviato nel 2018, orientato alla lotta contro le disuguaglianze. La scelta di includere il carcere tra le priorità del programma rappresenta un cambio di paradigma significativo, che potrebbe aprire la strada a un modello replicabile in altre realtà.
Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, ha evidenziato l’importanza di questo impegno: “Il nostro obiettivo è contribuire alla costruzione di una società più inclusiva, in cui nessuno venga lasciato indietro. Il carcere non deve essere un luogo di esclusione permanente, ma un’opportunità per ripartire. Siamo convinti che il settore privato possa giocare un ruolo fondamentale nel promuovere il cambiamento”.
Un futuro oltre le sbarre
Il tema del carcere, spesso relegato ai margini del dibattito pubblico, assume così una nuova centralità. Le iniziative di Intesa Sanpaolo dimostrano che il sistema produttivo e finanziario può e deve assumersi la responsabilità di intervenire in ambiti tradizionalmente considerati di esclusiva competenza pubblica.
“Non si tratta solo di solidarietà, ma di un investimento strategico per il futuro”, afferma il portavoce. “Una società che sostiene i più fragili è una società che cresce nel suo insieme. Ridurre le disuguaglianze non è un costo, ma un’opportunità per creare valore”.
Mentre il programma di Intesa Sanpaolo prosegue, l’auspicio è che queste iniziative possano ispirare altre realtà, pubbliche e private, a intraprendere percorsi simili. In un sistema in cui la recidiva viene ridotta e i detenuti trovano un ruolo nella società, a beneficiarne non saranno solo loro, ma l’intera collettività.