Dipendenti PA, meno soldi rispetto ai privati ma più flessibilità

- di: Redazione
 
Nel complesso, nel 2027 il rapporto tra retribuzioni pubbliche e private toccherebbe un nuovo minimo da almeno trent’anni. In compenso, lo Stato introduce maggiore flessibilità nei contratti statali, come la possibilità di lavorare maggiormente da remoto e una settimana lavorativa di quattro giorni”.
È la valutazione che l’Osservatorio Conti pubblici italiani dell’Università Cattolica (già diretto da Carlo Cottarelli e ,oggi, da Giampaolo Galli, ex Direttore Generale di Confindustria) sulla pre-intesa per il rinnovo del contratto 2022-2024 delle Funzioni centrali della Pubblica Amministrazione, firmata da Aran e alcuni sindacati (Cisl, Confsal, Flp e Confintesa Fp), sul rinnovo del contratto 2022-2024 delle Funzioni centrali della Pubblica Amministrazione (PA), cioè dei dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti economici (circa 195 mila persone). Cgil e Uil non hanno firmato, lamentando risorse insufficienti. La pre-intesa, che ha raggiunto la maggioranza richiesta, pari al 54,4%, ora deve passare i controlli di rito alla Ragioneria generale dello Stato e alla Corte dei conti prima di arrivare alla firma definitiva e all’entrata in vigore.

Dipendenti PA, meno soldi rispetto ai privati ma più flessibilità


Gli aumenti salariali previsti nel triennio, pari al 6% - afferma un report dell’Osservatorio firmato da Francesco Scinetti - non compensano l’inflazione cumulata nello stesso periodo e, a maggior ragione, non consentono un recupero dell’inflazione del 2021 e del 2022. Inoltre, le risorse stanziate per il successivo triennio (5,55 miliardi per il 2025-2027 e 6,11 miliardi per il 2028-2030) sarebbero solo sufficienti a coprire l’inflazione prevista”.
Insomma, per il report  si starebbe puntando "a una Pubblica Amministrazione con personale meno pressato dagli impegni lavorativi, anche per la ripresa delle assunzioni, ma meno pagato che in passato”.
Una questione non nuova, che si è sviluppata gradualmente nel tempo e che, considerando gli aumenti nei redditi da lavoro dipendente stimati dal Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine, nel 2030 porterà il rapporto tra le retribuzioni pubbliche e private  a raggiungere un nuovo minimo storico dal 1995.

Nel complesso - afferma il report - queste tendenze suggeriscono un orientamento dello Stato verso un modello in cui le retribuzioni reali nel pubblico impiego si abbassano fortemente anche rispetto a quelle private, concedendo in cambio condizioni di lavoro più flessibili, come l’estensione dell’utilizzo dello smart working e la riduzione (facoltativa) della settimana lavorativa a quattro giorni. Sono riprese anche le assunzioni nel settore pubblico. Sembra si punti quindi più sui numeri che sulla qualità di chi lavora nel settore pubblico (salari bassi difficilmente attrarranno personale qualificato). C’è da chiedersi – continua il report - se questa sia la strategia migliore in un contesto in cui lo sviluppo tecnologico (compresa l’intelligenza artificiale) dovrebbe premiare chi punta sull’aumento della produttività, anche nel settore pubblico”.

 
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