Tetti alle commissioni, pagamenti offline e contante “blindato”: cosa cambia davvero dopo il sì dei governi Ue e l’avvio dei triloghi.
L’euro digitale smette di essere un’idea da convegno e diventa un dossier con tempi, paletti e una parola che in Europa pesa più di mille slogan:
negoziato. Il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la sua posizione per trattare con il Parlamento sul pacchetto che crea il quadro
legale della futura moneta digitale pubblica dell’area euro e, in parallelo, rafforza le regole sul contante come moneta a corso legale.
Traduzione: Bruxelles vuole un mezzo di pagamento pubblico digitale che affianchi il cash (non lo rottami) e che riduca la dipendenza da circuiti privati,
con l’obiettivo dichiarato di aumentare autonomia strategica, sicurezza economica e resilienza dei pagamenti.
La data che conta: 2029 (ma solo se il 2026 fila liscio)
La Banca centrale europea ha messo un paletto temporale netto: se la legge europea viene chiusa nel 2026, l’istituto di Francoforte mira a essere pronto
per una possibile prima emissione nel 2029. Nel mezzo c’è un passaggio operativo cruciale: un pilota (o esercizi su scala ridotta) previsto dal 2027.
Non è un “conto alla rovescia” automatico: l’architettura normativa la fanno Parlamento e Consiglio; la decisione finale di emettere o meno spetta alla Bce.
Ma la traiettoria politica è tracciata: chiudere le regole, testare la macchina, poi – se tutto regge – accendere l’interruttore.
Online e offline: la scelta che cambia il progetto
Il mandato del Consiglio spinge per un euro digitale utilizzabile sia online sia offline. Offline significa poter pagare anche senza connessione:
utile in zone con scarsa copertura, ma soprattutto come “assicurazione” in caso di guasti, blackout o crisi dei sistemi elettronici.
È anche una scelta politica: secondo diverse ricostruzioni, in Parlamento europeo c’è chi aveva spinto per un’impostazione più radicale, centrata sull’offline-only,
per massimizzare la privacy. La linea dei governi, invece, è doppia: offline per privacy “cash-like” e resilienza, online per rendere lo strumento davvero universale
e integrabile nei flussi digitali quotidiani.
Privacy: promessa alta, ma con ingegneria e regole
Sulla privacy la parola d’ordine è una: alto livello di tutela. L’obiettivo è evitare che la moneta digitale pubblica assomigli a un “pedaggio” informativo
su ogni acquisto. Nella logica europea, l’uso offline dovrebbe garantire una riservatezza molto simile al contante nelle piccole transazioni, mentre l’operatività online
richiede controlli e tracciabilità compatibili con la normativa (antiriciclaggio, antifrode, sicurezza dei sistemi).
Qui si giocherà una partita delicata: il confine tra protezione dell’utente e difesa dell’infrastruttura. I triloghi serviranno proprio a fissare la “grammatica”
tecnica e giuridica della privacy, senza trasformarla in uno slogan.
Commissioni sotto controllo: due tetti e un periodo transitorio
Uno dei punti più concreti (e più esplosivi) riguarda i costi. Nel mandato negoziale dei governi compare una struttura a due tempi:
per almeno cinque anni ci sarà un regime transitorio con tetti alle commissioni agganciati ai costi degli strumenti di pagamento comparabili;
finito il transitorio, i massimali dovrebbero essere calcolati sui costi effettivi dell’euro digitale.
Per i cittadini, la linea è chiara: i servizi “obbligatori” e di base – come apertura/chiusura, operazioni essenziali e gestione dei fondi – devono restare
gratuiti. Servizi extra (funzionalità aggiuntive) potranno invece essere a pagamento.
In altre parole, Bruxelles prova a evitare il doppio rischio: un euro digitale che diventa troppo caro per gli esercenti oppure una piattaforma dove i costi
esplodono a valle, mascherati da “servizi premium”.
Limiti alle giacenze: la cintura di sicurezza per le banche
La preoccupazione più forte dei mercati (e di una parte del sistema bancario) è sempre la stessa: se i cittadini spostano troppi soldi nei wallet di moneta pubblica,
i depositi bancari si prosciugano e la stabilità finanziaria si complica.
Per questo il mandato del Consiglio prevede limiti alla quantità di euro digitali detenibili su conti e portafogli. A fissarli sarà la Bce,
ma dentro un tetto politico complessivo concordato dai governi, con revisione periodica almeno biennale.
Smartphone e “porte” d’accesso: la battaglia invisibile dell’hardware
C’è un dettaglio tecnico che in realtà è politica industriale: il Consiglio chiede un quadro che garantisca ai fornitori di servizi e interfacce dell’euro digitale
accesso equo all’hardware e al software dei produttori di dispositivi mobili.
È un passaggio chiave: senza accesso reale (e non solo formale) a certe funzioni del telefono, l’esperienza utente diventa macchinosa e il progetto rischia di restare
confinato a una nicchia. Qui l’Europa prova a evitare che l’infrastruttura pubblica dipenda da “cancelli” privati.
Contante: non solo “resiste”, ma viene protetto per legge
Parallelamente all’euro digitale, i governi europei hanno rafforzato la parte sul contante: banconote e monete restano l’unica moneta a corso legale
nell’area euro e, in generale, devono essere disponibili e accettate.
Il punto politico è netto: stop alle esclusioni “di principio”. L’indicazione del Consiglio è di vietare in modo efficace il rifiuto del contante da parte di esercenti
e fornitori di servizi, con poche eccezioni mirate: pagamenti a distanza (compresi gli acquisti online) e punti vendita non presidiati.
Un negozio può dichiarare di preferire carta o digitale, ma non può trasformare il “preferire” in un muro generalizzato.
In più, agli Stati membri viene chiesto di monitorare l’accesso al contante sul territorio con indicatori comuni e nazionali e di prevedere
piani di resilienza per fronteggiare gravi interruzioni dei pagamenti elettronici.
Le dichiarazioni: “autonomia strategica” e segnale politico
Nel comunicato ufficiale, la ministra danese per gli Affari economici Stephanie Lose ha definito l’euro digitale un tassello per un sistema dei pagamenti europeo
più robusto e competitivo, con ricadute su autonomia strategica, sicurezza economica e anche sul ruolo internazionale dell’euro.
Il ministro danese per Industria e Affari finanziari Morten Bødskov ha insistito sul concetto di resilienza: l’iniziativa mira a rafforzare le infrastrutture di pagamento
e l’intesa tra i governi viene letta come un segnale che l’Ue sa muoversi su un dossier considerato “strategico”.
Che cosa succede adesso: i triloghi e il “nodo privacy”
Con la posizione del Consiglio, si apre formalmente la fase dei triloghi con il Parlamento europeo. È qui che si deciderà l’equilibrio finale:
quanto offline (e con quale privacy), quanta flessibilità online, come si calcolano le commissioni, quanto stringenti saranno i limiti alle giacenze, e come si incastra
tutto con la tutela del contante.
La direzione è già chiara: euro digitale come strumento pubblico, complementare al cash, con un’architettura che non destabilizzi le banche e non trasformi la privacy
in un poster. Il Parlamento potrà spostare gli aghi, ma non potrà ignorare il mandato politico dei governi: il progetto è entrato nella sua fase decisiva.