Rapporto Istat, italiani sempre più poveri: mille euro lordi al mese per un lavoratore su tre

- di: Barbara Bizzarri
 
Dopo una esigua crescita pari al +6,6% del 2021, a inizio anno il Pil dell'Italia è tornato sui livelli di fine 2019, anche se con progressi non uniformi tra i settori. Dalla seconda metà dello scorso anno lo scenario internazionale si è gradualmente deteriorato per effetto di strozzature dal lato dell'offerta e di consistenti spinte inflazionistiche, esacerbate dal conflitto in Ucraina. Di conseguenza, le prospettive di crescita mondiali per il 2022 e il 2023 sono peggiorate e quelle per l'Italia sono in decelerazione. È quanto emerge dal Rapporto annuale dell'Istat che, a fronte della disgrazia della carenza d’acqua che caratterizza questo periodo ci segnala che negli ultimi dieci anni si sono realizzati tre eventi siccitosi maggiori a fronte del fatto che dal secondo Dopoguerra alla fine degli anni Ottanta non ve ne è stato nessuno.

La crescita acquisita per il 2022 è, al momento, del 2,6%. Le recenti previsioni dell'Istat stimano che il Pil continuerà a crescere nel 2022 e nel 2023, anche se a un ritmo nettamente inferiore a quello del 2021, grazie soprattutto alla spinta degli investimenti. Il rialzo dei prezzi delle materie prime energetiche e agricole e le tensioni geopolitiche associate al conflitto russo-ucraino rappresentano fattori critici per l'economia italiana. Nel breve periodo sono possibili ulteriori rincari dei prezzi e, insieme, una riduzione delle forniture di questi input produttivi. L'inflazione a giugno ha raggiunto l'8% per l'indice Nic, ai massimi da gennaio 1986, sospinta dai rincari delle materie prime, in particolare del gas naturale, il cui prezzo è aumentato di circa sei volte. La produzione industriale italiana aveva già superato nel 2021 i livelli di fine 2019. Nei primi quattro mesi del 2022 l'indice è cresciuto di un ulteriore 2,1% su base annua, nonostante una flessione importante a gennaio. Nello stesso periodo, il fatturato è aumentato del 20,4% a prezzi correnti e del 5,5% in volume. Analogamente, trainato dagli incentivi fiscali, il settore delle costruzioni ha registrato una crescita continua e significativa da inizio 2021, che si è arrestata solo ad aprile 2022. Dal quadro emerso le attività del terziario sono state le più colpite dalla crisi. Nel complesso, il livello del fatturato si è attestato su valori superiori a quelli di fine 2019, ma con notevoli differenze tra settori. A mostrare le maggiori difficoltà sono stati quelli più penalizzati dalle misure di contenimento dovute alla pandemia, come alloggio e ristorazione e servizi alle imprese.

In Italia aumenta la povertà, non soltanto intesa come il milione di italiani precipitati purtroppo nella povertà assoluta quanto anche povertà di futuro, dato che non nascono più bambini. Il rapporto Istat sottolinea che, al netto del record negativo del 2021 con meno di 400mila nascite, la situazione è destinata a peggiorare dato che i singles hanno superato il numero delle coppie (33% contro 31,2%).  Le nascite sono in calo costante dal 2008: nel primo trimestre del 2022 si è registrata una decrescita del 12% e il crollo delle nascite è particolarmente accentuato tra le donne con meno di 30 anni. Alla data del 1 gennaio 2022 la stima dell’indice di vecchiaia - anziani di almeno 65 anni per 100 giovani di età inferiore a 15 anni - è pari al 187,9% con un aumento in venti anni di oltre il 56%. Nel prossimo ventennio si prevede un aumento di altri 100 punti con l’indice di vecchiaia pari al 293% nel 2042. Non è difficile immaginare cosa possa significare questo in termini di previdenza, spesa sanitaria e assistenza. Gli individui di età pari a 65 anni e oltre sono 14 milioni e 46 mila a inizio 2022, 3 milioni in più rispetto a venti anni or sono, e costituiscono il 23,8% della popolazione totale; nel 2042 saranno quasi 19 milioni e rappresenteranno il 34% della popolazione totale. Sarà ancora peggio da qui al 2040 quando ci saranno più coppie senza figli che con figli.

Una vera emergenza che si somma a quella delle diseguaglianze sociali, retributive, economiche. A questo proposito, per quanto riguarda le retribuzioni, è particolarmente significativo un dato nel rapporto dell’Istat che riguarda i lavoratori dipendenti nel settore privato. Il calcolo è stato fatto escludendo i lavoratori nell’agricoltura e quelli domestici, ed è emerso che quasi un lavoratore su tre, pari al 29,5%, ha una retribuzione lorda annua inferiore a 12 mila euro, mentre per circa 1,3 milioni di dipendenti (il 9,4%) la retribuzione oraria è inferiore a 8,41 euro l’ora. In più, il potere di acquisto dello stipendio è destinato a deflagrare. Nel 2012, infatti un’inflazione all’1,9% ha generato l’erosione dell’1% dello stipendio: non osiamo immaginare a quanto schizzerà con un’inflazione che ad oggi si attesta intorno all’8%. L'Istat rivela inoltre che in un milione e 900 mila famiglie l'unico componente occupato è un lavoratore non-standard, cioè a tempo determinato, collaboratore o in part-time involontario.

Un altro fra i dati più allarmanti evidenziati dal rapporto Istat è sicuramente la povertà dei bambini.  “Da un anno all’altro c’è stato un aumento di un milione di persone che sono cadute nella povertà assoluta”, ha dichiarato la dirigente dell’Istat Linda Laura Sabbadini, aggiungendo però che “grazie al reddito di cittadinanza e al reddito di emergenza si è evitato che un altro milione scivolasse nella povertà assoluta”. Il tasso di povertà che riguarda i bambini è arrivato a essere il 14%, era pari al 3,9% nel 2005. In numeri assoluti significa che nel 2021 sono in povertà assoluta 1 milione 382 mila minori. l numero di individui in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 a 5,6 milioni (il 9,4% del totale), mentre le famiglie sono raddoppiate, da 800 mila a 1,96 milioni. Una dinamica particolarmente negativa caratterizza anche i giovani tra i 18 e i 34 anni (l'incidenza ha raggiunto l'11,1%, valore di quasi quattro volte superiore a quello del 2005, il 3,1%).  Nel 2021, sono in povertà assoluta anche 734 mila anziani, tra i quali l'incidenza si ferma però al 5,3%. Il rapporto evidenzia che al Nord la crescita della povertà assoluta è stata molto accentuata nel 2020: l'incidenza tra gli individui è aumentata del 2,5% rispetto al 2019, raggiungendo il 9,3% (quattro volte il valore del 2005); nel Mezzogiorno, invece, un aumento marcato si osserva tra il 2011 e il 2013, quando si è passati dal 6,1% al 10,6%, mentre un ulteriore incremento si è registrato nel 2017. Nel 2021, il Nord mostra segnali di miglioramento, mentre nel Mezzogiorno si raggiunge il punto più alto della serie (12,1%). Il dato sulle famiglie con stranieri, disponibile solo a partire dal 2014, segnala come queste ultime presentino livelli di povertà assoluta quasi cinque volte più elevati di quelli delle famiglie di soli italiani che dal 2016 oscillano intorno al 25%.
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