Le farneticazioni del pariolino barricadero

- di: Barbara Leone
 
L’ha detto. Carlo Calenda l’ha detto davvero: Matteo Renzi è stato il miglior Presidente del Consiglio dai tempi di De Gasperi. La platea è quella del Congresso di Azione, che naturalmente lo applaude e lo proclama Segretario. Anche perché non ci sono altri candidati alla Segreteria. Ma siccome a Carletto piace esagerare, ne spara subito un’altra grassa e grossa: porterò questo partito al 20 per cento. E in quel momento la sua coda a pavone ha un fremito di godimento. 

Ora, non per eccesso di pignoleria, vorrei sommessamente ricordare al Gallo Cedrone che voleva trasformare il Tevere in una freeway modello Los Angeles un paio di cosucce. Tra De Gasperi e Renzi, al netto di qualsivoglia giudizio politico su quest’ultimo, ci sono stati tra gli altri: Fanfani, Scelba, Segni, Moro, Spadolini, Andreotti, Craxi… Nulla di che, per carità. Con Fanfani c’è stata la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la scuola media unificata e l’istituzione delle regioni. Robetta, insomma. Scelba, che vuoi che sia, è un pinco pallo che ha introdotto l’apologia del fascismo. Segni? Una bazzecola: la riforma agraria. Di Moro manco a parlane, si è soltanto sbattuto come un pollo per il compromesso storico negli anni più bui del nostro Paese pagando con la vita il suo impegno politico. Quanto a Spadolini, basta la scritta sulla sua lapide: un italiano. Di Andreotti si è detto tutto ed il contrario di tutto, ma intanto la riforma sanitaria l’ha fatta lui. Discutibile sicuramente anche Craxi, certo, ma giusto un pelino più su di demolition man in fatto di politica estera. Signonella, do you know? Ammesso che capisca l’inglese. Paragonare poi un gigante come Alcide De Gasperi al bimbominkia di Rignano è una vera e propria bestemmia. Perché manco se campassero duecent’anni questi qua (Calenda, Renzi ma anche tutti gli altri a destra, sinistra e centro) riuscirebbero ad avvicinarsi alla levatura, alla preparazione, alla cultura, allo stile ed all’eloquenza dei politici del passato.

Sembra veramente la sceneggiatura di un film alla Carlo (ma Verdone)

Cala Calè. Cala proprio, e magari ogni tanto apri pure qualche libro di storia che male non fa. Perché, come diceva Montanelli, un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente. Ma evidentemente er calendula il passato del nostro Paese lo ignora o quasi, altrimenti non direbbe mai che Renzi è stato il miglior Premier dopo De Gasperi. Potrebbe giustificarlo solo un prosecco di troppo, perché sennò è imperdonabile. Del resto la sua caratura politica è talmente impercettibile che il buon Alcide si starà chiedendo: “ma chi me lo fa fare di rigirarmi nella tomba?” Dall’alto del suo due per cento (due Carlè, due!) oramai farnetica. Tra lui e il bomba toscano tocca far costruire un egoporto per quanto si sentono fighi. 

Salvo poi litigare come due infanti capricciosi per il pallone. E in questo caso il pallone è Virginia Raggi, eletta a capo della Commissione speciale sull’Expo 2030 con i voti dei calendiani tra lo sgomento incredulo dei renziani. Un matrimonio lampo, quello tra Italia Viva e Azione. Manco il tempo di consumare, che già litigano per il servizio di porcellana. 

Sembra veramente la sceneggiatura di un film alla Carlo (ma Verdone). Protagonista lui: il pariolino barricadiero vorrei ma non posso, tronfio e saccente come pochi e con un solo ed unico talento: quello di pontificare e sputare sentenze su tutto e tutti con quell’insopportabile aria a primo della classe saputello e borioso. Uguale uguale - faccia, capello e sopracciglio - a quando vestiva i panni di Enrico Bottini nello sceneggiato “Cuore” diretto da suo nonno Luigi Comencini. Non è cambiato di una virgola. Pare nato vecchio. O rimasto bambino, fate voi. Ma un bambino ringhioso, molesto e seccante. Di quelli dispettosi che tirano la treccia alla compagnuccia del banco davanti, o che battono i piedi al grido “lo voglio, lo voglio e lo voglio” e poi ti prendono per sfinimento. Simpatico come un muro di cemento dopo un tornante. Eppure tutti gli danno retta, ed uno spazio spropositato ed inspiegabile in ogni dove. Sono tre anni che occupa prepotentemente i media senza aver vinto niente. E senza aver niente da dire, se non celebrare se stesso e denigrare gli altri. Offuscato, come l’amico suo lampredotto che dotto non è, dall’alta considerazione del suo super io. E’ proprio vero: Dio li fa, e poi li accoppia. Il voto, però, magari li accoppa. Alcide, ti prego, batti un colpo!
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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