Intesa Sanpaolo presenta insieme a Prometeia il Rapporto Analisi dei Settori Industriali

- di: Redazione
 
Nei primi otto mesi del 2021 l’indice di produzione industriale (destagionalizzato e corretto per gli effetti del calendario) ha segnato una crescita del 18.5% in termini tendenziali, che consente all’industria italiana di assottigliare al 2% il divario rispetto alla situazione pre-Covid; ritardo nettamente inferiore a quello che caratterizza le manifatture tedesca (-7.3%), francese (-6.9%) e spagnola (-3.5%).

Ripresa del settore manifatturiero

Un quadro produttivo così dinamico ha accelerato la ripresa del fatturato manifatturiero, che nel gennaio-agosto 2021 ha registrato un incremento del 26.3% su base tendenziale (a valori correnti) e del 7.4% sul corrispondente periodo 2019. La crescita è stata alimentata tanto dalla componente interna del giro d’affari (+9% sul 2019) quanto da quella estera (+4.8%). I dati di fatturato risentono, inoltre, di una spinta inflativa. La ripresa dell’economia mondiale unita alla necessità di ricostituire i magazzini dopo le caute politiche di approvvigionamento della prima fase dell’emergenza Covid, hanno portato a una forte accelerazione della domanda e a episodi di mancanza di materiali e prodotti sui mercati. Queste tendenze hanno dato luogo a fiammate nei costi di trasporto e nei prezzi internazionali delle materie prime, in parte traslate sui prezzi di vendita (+3.4% l’incremento tendenziale dei prezzi alla produzione, nei primi otto mesi del 2021).

Ci attendiamo una fase finale dell’anno ancora improntata al recupero dei livelli di attività, come implicito nell’andamento degli indici di fiducia, ma su ritmi che andranno affievolendosi, soprattutto in termini tendenziali, nel confronto con una seconda metà del 2020 che era già stata di brillante ripresa. Nel complesso, per il 2021 stimiamo un incremento dell’11.2% del fatturato a prezzi costanti, che andrà a chiudere il gap sul pre-Covid (+0.8%), e del 20.6% a prezzi correnti (+9.3% sul 2019).

Gli investimenti si confermano la componente di domanda interna più dinamica

Gli investimenti, sostenuti dagli incentivi, si sono mostrati in accelerazione nei primi sei mesi dell’anno, rispetto alla dinamica già positiva della seconda metà del 2020 (+5.4% secondo i dati di contabilità nazionale, +23.7% in termini tendenziali). Il risultato è da attribuirsi in prevalenza agli investimenti in costruzioni (dove emerge un contributo rilevante della componente residenziale, trainata dagli interventi di ristrutturazione e riqualificazione energetica) e a quelli in macchinari e impianti, a fronte di un traino più debole dei mezzi di trasporto. La crescita è attesa proseguire a buoni ritmi nella seconda parte dell’anno, grazie anche all’impulso fornito dalla prima tranche dei fondi europei, confermando gli investimenti come la componente di domanda più dinamica del quadro manifatturiero 2021.

Nel secondo trimestre dell’anno anche i consumi hanno registrato la tanto attesa inversione di tendenza, crescendo del 5.2% sul trimestre precedente, grazie alla spinta delle voci di spesa più colpite dalle restrizioni anti-Covid: servizi e beni semidurevoli. Ci aspettiamo per il 2021 ancora un gap rispetto ai consumi pre-crisi, con ritardi a doppia cifra per abbigliamento e calzature, a fronte di livelli superiori al pre-Covid per beni alimentari, durevoli per la casa ed elettronica di consumo.

Il sostegno alla ripresa viene anche dai mercati internazionali

Gli scambi mondiali sono proseguiti a ritmi sostenuti nel primo trimestre 2021, per poi stabilizzarsi nel secondo in termini di volumi, a causa dell’emergere di colli di bottiglia lungo le filiere produttive e logistiche, unito alla progressiva normalizzazione dei tassi di crescita della domanda in tanti settori. I dati in valore sono in continua espansione, invece, sostenuti dalla fase rialzista dei prezzi.

Nonostante un contesto competitivo complesso, le imprese italiane sono riuscite a crescere a ritmi vivaci sui mercati internazionali: le esportazioni di beni manufatti hanno segnato +23.7% tendenziale nel gennaio-giugno 2021, a valori correnti e +4.6% rispetto al 2019, un risultato migliore di quello tedesco (3.9%) e francese (2.4%). Da segnalare, per l’Italia, il completo recupero dei livelli di export pre-crisi in due importanti settori, Autoveicoli e moto (+4.6% nel I semestre 2021, rispetto al pre-Covid) e Meccanica (-0.5%), a fronte di un maggiore ritardo di Francia e Germania (soprattutto nelle vendite di macchinari tedeschi, -3.2%). Brillante la performance della filiera dei metalli, favorita dalla spinta dei prezzi, e dei settori attivati dal cambiamento delle abitudini di consumo indotto dalla pandemia, quali Mobili, Elettrodomestici e Alimentare e bevande, con vendite extra-europee molto dinamiche, soprattutto sui mercati NAFTA.

Sul fronte delle importazioni, l’analisi dei flussi di beni intermedi in ingresso in Europa non fa emergere chiari segnali di modifica alla struttura delle catene di approvvigionamento. Nella maggioranza dei settori, la struttura geografica delle importazioni è rimasta pressoché inalterata rispetto al pre-Covid, con una generale prevalenza degli intermedi europei e un’import penetration dall’Asia che resta rilevante per Prodotti in Metallo, Meccanica, Elettrotecnica e Intermedi Chimici.

A fine 2021, dieci settori su 15 avranno completato il recupero dei livelli pre-Covid

La crescita dei livelli di attività 2021 coinvolge la quasi totalità dei settori manifatturieri, in termini tendenziali, pur con differenze marcate nel ritmo di recupero, che riflettono il diverso andamento dei driver di domanda e la diversa intensità di caduta nel 2020.

Dieci settori su 15 avranno completato, a fine anno, il recupero dei livelli di fatturato pre-Covid, ad iniziare dai settori appartenenti al sistema casa, che guidano la classifica: Prodotti e materiali da costruzione (+12.7% medio nel 2021, rispetto al 2019), Elettrodomestici (+7.6%) e Mobili (+6.5%). Particolarmente dinamici, in termini di sorpasso sui livelli pre-crisi, anche i settori produttori di intermedi, quali Altri intermedi (che sono attesi crescere del 3.4% nel 2021, sul pre-Covid), Intermedi chimici (+2.9%), Prodotti in metallo (+1.6%) e Metallurgia (+0.5%), trainati da una ripresa di automotive e Meccanica, oltre che dalle costruzioni.

Le previsioni sono altrettanto favorevoli per l’Elettrotecnica (+3% nel 2021, sul pre-Covid), che sta beneficiando della vivacità del ciclo degli investimenti, in particolare di quelli in chiave green, e per Alimentare e bevande (+2.3%) e Farmaceutica (+0.9%), che pur avendo rallentato nel ritmo di crescita tendenziale, nel confronto con un 2020 brillante, si posizioneranno a fine anno al di sopra dei livelli di fatturato pre-crisi (beneficiando, nel caso dell’Alimentare e bevande, anche della ripartenza del canale Ho.re.ca, intensa a partire dall’estate).

Ci attendiamo, invece, il permanere di un divario moderato sui livelli di attività 2019 per Elettronica (-1.2% medio nel 2021) e Largo consumo (-2%), pur a fronte del buon traino di alcuni comparti (elettronica di consumo nel primo caso e prodotti per la detergenza della casa e della persona nel secondo caso), e per i settori produttori di beni di investimento, Meccanica (-1.5%) e Autoveicoli e moto (-1.8%), che più di altri stanno attraversando la fase sfidante di trasformazione in chiave green e digital.  

Chiude la classifica il Sistema Moda, dove il gap sui livelli pre-Covid resterà ampio a fine 2021 (-8.9%). Il settore paga un lungo strascico delle restrizioni alla socialità e alla mobilità connesse alla pandemia, in Italia e sui mercati esteri, soprattutto in termini di cambiamento delle abitudini lavorative. Tali effetti faticheranno a riassorbirsi interamente nell’anno in corso, nonostante gli spunti di recupero emersi nei mesi più recenti, soprattutto sul fronte delle esportazioni verso l’Asia.  

Lo scenario resta favorevole all’attività manifatturiera nel biennio 2022-23

Per il prossimo biennio 2022-23 l’attività manifatturiera proseguirà lungo un sentiero di rapido sviluppo, crescendo a un tasso medio annuo del 4.2% a prezzi costanti. Si tratta di un tasso strutturalmente più elevato rispetto alla media storica, grazie a prospettive di domanda particolarmente favorevoli, sia sul mercato interno sia su quelli internazionali.

Sul fronte interno, gli investimenti continueranno a rappresentare il principale volano di crescita lungo l’intero orizzonte di previsione. Decisiva, in tal senso, sarà la progressiva attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sui temi green, digital e di potenziamento infrastrutturale, grazie alla spinta dei fondi europei. Questi ultimi sosterranno anche un’uscita accelerata dei partner europei dalla crisi Covid che, unita a prospettive di riassesto del quadro internazionale, aprirà spazi di crescita per le esportazioni italiane. Nonostante un’import penetration che si manterrà elevata, il saldo commerciale manifatturiero potrà sfiorare i 120 miliardi di euro nel 2023 (+15.9% rispetto al 2019).    

In questo contesto favorevole, anche se non esente da rischi, il fatturato deflazionato raggiungerà, nel 2023, un livello del 9.4% superiore al pre-Covid. Ancor più brillante la performance del fatturato a prezzi correnti, che potrà superare la soglia record dei 1.135 miliardi di euro alla fine del 2023, oltre 196 miliardi in più rispetto al 2019 (+20.9%). La trasformazione verso un’economia più sostenibile e digitalizzata porterà maggiori opportunità per Meccanica, Elettrotecnica e Autoveicoli e moto, che sperimenteranno i tassi di crescita più dinamici nel biennio 2022-23.

I costi operativi eserciteranno pressioni su margini e redditività in alcuni settori

Dai bilanci 2020 arrivano conferme di un impatto calmierato della crisi sui risultati finanziari delle imprese e quindi, implicitamente, dell’efficacia delle misure a sostegno della liquidità, del costo del lavoro e della patrimonializzazione. I margini sono rimasti pressoché stabili sui livelli del 2019 (9% il Mol 2020, in calo di un decimo di punto nella media del manifatturiero), nonostante il forte ripiegamento dei livelli produttivi. I segnali al ribasso si sono concentrati sui settori più penalizzati dalle cadute di domanda e dai fermi produttivi, come Autoveicoli e moto, Sistema moda e in misura più contenuta Elettrotecnica e Meccanica, soprattutto nelle grandi imprese.

L’analisi mette in luce un miglioramento della patrimonializzazione 2020 delle imprese, diffuso fra settori e classi dimensionali, per effetto delle rivalutazioni degli asset rese possibili dalla nuova normativa, con ricadute positive sul leverage. In calo la redditività, a causa del maggior peso degli ammortamenti e della minore rotazione del capitale (5.8% il Roi e 5.4% il Roe del manifatturiero); si tratta comunque di un calo inferiore a quello registrato durante la crisi 2009. Il sistema produttivo appare nel complesso solido, e con abbondanti risorse liquide a disposizione per affrontare la fase di trasformazione in atto.

Dopo un 2021 in cui le pressioni da costo impediranno al manifatturiero un miglioramento dei margini unitari, a partire dal prossimo anno si assisterà a una risalita della marginalità, nella maggior parte dei settori. I produttori di beni intermedi, in particolare quelli afferenti alla filiera dei metalli, vedranno invece ridursi gli spazi di manovra sul mark-up a partire dal 2022, a fronte di un 2021 più favorevole sul fronte della marginalità, in cui sarà possibile traslare lungo le filiere i rincari di costo sostenuti. Gli indicatori di redditività del manifatturiero, sebbene in recupero, si manterranno inferiori al pre-Covid lungo l’intero orizzonte di previsione al 2023. 
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