Abruzzo, PNRR: pioggia di milioni per Calascio, borgo incantevole di arte e storia

- di: Barbara Bizzarri
 
L’ufficializzazione era arrivata da poco, grazie alla tanto agognata firma digitale che ha sbloccato i venti milioni di euro destinati a segnare la rinascita dell’incantevole borgo abruzzese di Calascio, centotrenta abitanti in cima a una montagna, vincitore del bando “Attrattività dei Borghi” voluto dal Mic e finanziato dal PNRR con fondi europei. La presentazione di “Rocca Calascio, Luce d’Abruzzo” indica ora il percorso da seguire per la riqualificazione di quei borghi abbandonati e spopolati spesso autentici gioielli del tempo che fu. Il progetto si propone di illuminare d’immenso un territorio caratteristico che con i suoi paesaggi incontaminati e lo splendido fortilizio della Rocca, inserito dall’Unesco nel patrimonio dell’umanità, attrae ogni anno migliaia di visitatori: ne parliamo con il sindaco, Paolo Baldi, che si è trasferito qui oltre vent’anni fa e a cui chiediamo della nuova vita che attende il borgo.

A suo parere, perché proprio Calascio si è aggiudicato il bando “Attrattività dei Borghi”?

È stata riconosciuta l’importanza della Rocca, monumento simbolo dell’Abruzzo interno, oltre alla natura straordinaria e alla bellezza delle montagne. Questo ha fatto sì che il progetto vincesse, al di là delle altre misure previste da un bando che chiedeva soluzioni concrete e soprattutto la rinascita economica del borgo. Tutte le altre proposte, a parte quella rivolta esclusivamente alla Rocca, sono state pensate per rispondere alle istanze del bando stesso, come il polo culturale che comprende una parte espositiva e diverse attività volte a incentivare l’impiego e quindi la residenza. Stessa cosa per l’albergo diffuso pensato nel centro storico di Calascio, dove si registra una forte penuria di posti letto, specialmente nei periodi di massima affluenza, da giugno all’autunno inoltrato, con un picco ad agosto. La Rocca è visitata tutto l’anno, tranne in caso di maltempo, ma nel weekend c’è sempre affluenza in tutta l’area che comprende i paesi della cosiddetta Baronia.

Che tipo di turismo affluisce a Rocca Calascio?

 Non è un turismo classico come può essere quello montano dello sci, è un turismo che viene tutto l’anno a vedere i borghi. Si tratta di una situazione molto favorevole da questo punto di vista: i centri storici, paradossalmente, si sono preservati grazie all’abbandono e si ritrovano oggi ad essere un polo di attrazione, proprio perché sono rimasti com’erano. Non esistono costruzioni nuove come invece è accaduto in altre parti: sono rimasti inalterati, con tutte le loro limitazioni, certo, però hanno mantenuto quel carattere che altrove si è perso. D’estate si praticano le attività sportive della montagna, biciclette, camminate e d’inverno, a parte sci e discesa, gli svaghi sulla neve, cui oggi si rivolge un pubblico sempre più numeroso, sono cresciuti in questi anni ed esiste la possibilità di farli crescere ancora. Da ricordare anche il Parco Nazionale, che ha contribuito a salvare il paesaggio ed è una ricchezza vera e poco riconosciuta.

Perché?

Diciamo che spesso è apprezzata dalle persone che vengono da fuori, ma è un’opportunità da coltivare che non è stata ancora sfruttata appieno come si potrebbe fare.  

A quali iniziative saranno destinati i maggiori investimenti?

Sicuramente alla Rocca, perché la parte più importante delle risorse è destinata a restauro, conservazione e studio di Rocca Calascio. Poi, a cascata, altri interventi: polo culturale, albergo diffuso e un piano che riguarda le attività tradizionali come la pastorizia. Sono previsti incentivi alla creazione di nuove aziende, perché c’è spazio per l’allevamento, una richiesta di prodotti enorme che non viene assolutamente soddisfatta dalla produzione locale, e strutture comunali che saranno riqualificate per il ricovero degli animali. Vogliamo fondare una scuola di pastorizia e siamo in contatto con una scuola in Francia, nei Pirenei, dove i giovani imparano anche come gestire l’allevamento ovino in modo moderno, però sempre legato alla tradizione, lo sfruttamento del pascolo, la produzione con metodi tradizionali per quanto riguarda i prodotti caseari. Questa è un’attività che può dare lavoro a persone del posto, ma anche a chi viene da fuori. Ci sono iniziative rivolte agli artigiani, come il recupero degli edifici antichi che erano botteghe, e dei forni comunali che non soltanto verranno restaurati ma anche dati in gestione per creare nuove attività. Inoltre, progetti destinati al turismo: per esempio, la creazione di un parco chiamato “parco parcheggio”, perché c’è bisogno di spazi per le auto dei turisti, e l’acquisto di bus ecologici per il trasporto delle persone alla Rocca. È prevista un’area in cui istituire un centro di educazione ambientale, e la realizzazione di un campeggio con uno spazio dedicato ai cavalli dove passa l’ippovia del Gran Sasso. Iniziative diverse che, insieme, dovrebbero rispondere sia all’esigenza di offrire servizi al turismo, che creare occupazione e quindi aumentare il numero dei residenti.

A proposito di residenti, perché anni fa ha deciso di trasferirsi a Calascio?

Una serie di circostanze, che vanno dall’educazione familiare in primo luogo: quando ero piccolo, andavamo nelle città d’arte, oppure in montagna o al mare e l’Abruzzo era fra le mete più frequenti, essendo molto vicino a Roma. I miei genitori mi hanno insegnato, oltre all’amore per l’arte, l’amore per la montagna. Ho vissuto tanto all’estero, negli Stati Uniti, in Francia, e ho continuato a viaggiare in zone montane o comunque di natura selvaggia: quando ho deciso di fermarmi, mi sono chiesto dove fossero le mie radici. Certo, a Roma, una bellissima città che amo molto, ma in quegli anni dell’adolescenza in cui ci si forma, casa per me sono state queste montagne di roccia grigia dell’Abruzzo. La prima volta che sono venuto alla Rocca, sapevo che era un paese abbandonato, ma da qui si vedevano tutti i luoghi dove ero stato: le vette del Gran Sasso, la Majella, il Sirente, il Velino, il Terminillo, i monti del Parco Nazionale. La scelta non è stata razionale: è stata una scelta dell’anima. Mentre riflettevo su come rimanere, all’inizio pensavo soltanto di portare turisti, però la zona era poco conosciuta. Allora, ho aperto una piccola attività a conduzione familiare. In seguito, le cose hanno funzionato e sono andate avanti, anche se mi faceva rabbia vedere tanta trascuratezza in un posto così bello, in cui le persone restano incantate. Nel corso del tempo mi sono sentito in dovere di agire, e le iniziative descritte nel progetto erano propositi a cui pensavo da anni.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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