Lorenzo Zurino: "L'export tiene in piedi l'Italia grazie all'attivo commerciale, ma si potrebbe fare molto di più"

- di: Redazione
 

Le caratteristiche del Forum Italiano dell’Export (raggruppa 2067 tra imprese, istituzioni e associazioni), l’importanza degli Stati Generali dell’Export organizzati ogni anno da IEF e i messaggi arrivati dall’edizione 2023, tenuta ad Alba, la crescita di The One Company, i numeri dell’export italiano e le sue prospettive per i prossimi anni, i cambiamenti registrati, sia in termini di prodotti che di aree di sbocco, dalle esportazioni italiane, il supporto alle imprese che investono in sostenibilità e in digitalizzazione e che sono anche quelle che esportano, di più e meglio. Parla Lorenzo Zurino, Presidente Forum Italiano dell’Export (IEF) e Founder dell’impresa “The One Company”.

Lorenzo Zurino: "L'export tiene in piedi l'Italia grazie all'attivo commerciale, ma si potrebbe fare molto di più"

Il Forum Italiano dell’Export, di cui lei è Presidente, raggruppa 2067 imprese, istituzioni ed associazioni per un totale di circa 400 miliardi di euro di fatturato. Quali sono le caratteristiche e gli obiettivi di una piattaforma multichannel di questo tipo? Quali i servizi offerti ai partecipanti?

Siamo il Primo Think Tank che si occupa e discute di commercio estero. Nato dalle imprese per le imprese, è la prima piattaforma multichannel che vuole portare al centro dell’agenda politica di questo paese e del decisore politico la verticale Commercio Estero, che ad oggi vale un terzo del nostro Prodotto interno lordo.

L’Italian Export Forum organizza ogni anno gli Stati Generali dell’Export, a cui partecipano in gran numero rappresentanti del Governo e più in generale delle Istituzioni, oltre ovviamente agli imprenditori, molti dei quali di gran nome, e ad esperti. Cosa è emerso e quali messaggi sono arrivati dall’Edizione 2023, che si è tenuta ad Alba?

Chiediamo a voce alta, mettendo al centro la necessità sempre più impellente di guardare a mercati nuovi oltre confine, il tema Export. La formazione degli operatori del mondo Export, la fondamentale importanza di stimolare le aziende a guardare con prospettiva e determinazione a geografie commerciali emergenti. In una parola chiediamo ‘Dignità Ministeriale’ per una materia che, rimanendo esclusivamente sui numeri, regge questo paese e il suo sistema economico.

The One Company, da lei fondata, è un’azienda leader nel commercio estero di prodotti alimentari italiani - una delle prime a puntare sull’internazionalizzazione delle imprese - con circa 2mila containers di merce movimentati ogni anno. Dopo aver finalizzato l’acquisizione di PF&Partners, The One Company è sbarcata sul mercato messicano, il più importante del Centroamerica, conquistando il primato come azienda esportatrice di cibo italiano nel paese. Ci può delineare più in dettaglio l’importanza di questo sbarco in Messico e, più in generale, le strategie di crescita di The One Company?

È diventato un mantra, per chi come me si occupa quotidianamente di commercio estero: analizzare, studiare, presidiare nuove geografie commerciali è la chiave di successo di ogni azienda Italiana, e con coerenza sono solito fare ciò che dico. Erano mesi che studiavo il mercato messicano, il fatto stesso che fosse pronto, fertile, e desideroso di ‘cibo italiano’ mi ha spinto a far questo passo e a marzo del 2023 ho firmato una prima Lettera di Intenti con la Pieffe&Partners, deal che in ottobre si è trasformato in cessione del ramo d’azienda. Siamo molto contenti, abbiamo in pancia contratti di distribuzione per oltre due milioni di euro e ci sono grandi margini di sviluppo.

Dal report Di SACE emerge che, dopo aver raggiunto i 600 miliardi di euro nel 2022, con una crescita del 20% (quasi interamente dovuta all’incremento dei prezzi, non dei volumi), nel 2023 l’export italiano si attesterà a 660 miliardi di euro, con una crescita del 6,8% (+5,3% dovuto all’incremento dei prezzi e +1,3% dei volumi).Una dinamica ritenuta dagli esperti “sostenuta, seppure fisiologicamente inferiore a quella dei due anni precedenti”, per proseguire a un ritmo del +4,6% nel 2024 e del +3,8% medio annuo nel biennio successivo. Le tornano questi dati e, soprattutto, quali sono le previsioni al 2026?

Sì, confermo i dati SACE, che concretamente si tramutano in movimentazione merci. Ricordo a me stesso che da sempre l’Italia è un popolo di commercianti, da sempre è la terra delle Repubbliche Marinare, quindi da sempre abbiamo il talento di guardare oltreconfine per i nostri business. Ma non sono così ottimista per il 2024. Ucraina, Russia, Israele, e per motivi completamente diversi la Germania, sono per noi mercati di sbocco fondamentali e per tanti motivi, ognuno diverso dall’altro e tutti importanti, perdiamo punti preziosi in questi paesi, pagando a caro prezzo la situazione. Spero che si possa presto ritornare a guardare il mondo con più ottimismo e con più serenità.

Quali cambiamenti ha registrato e sta registrando la tipologia dell’export italiano, sia in termini di prodotti e servizi che di aree mondiali di sbocco? In media, negli anni scorsi il saldo tra export e import è stato positivo di circa 50 miliardi di euro l’anno, oltre due punti e mezzo di Pil. Entrate nette che hanno sostenuto e continuano a sostenere il Paese. A suo parere, quali le reali potenzialità dell’Italia in termini di esportazioni? In altre parole, dove possiamo arrivare sia in termini di export che di saldo export-import?

Partiamo da un assunto: oggi l’Export Italiano vale 660 miliardi di euro. Molti mercati non sono proprio presidiati, per mille motivi, due su tutti: scarsa duttilità logistica, scarsa attenzione al mondo geopolitico/commerciale (ricordo che non abbiamo un Ministro per il Commercio Estero, che prima invece avevamo e che ha la gran parte dei paesi di questo mondo). Questo ovviamente ci penalizza; in tantissime aree geografiche non riusciamo ancora ad attecchire, si pensi alla Malesia, l’Indonesia, Il Vietnam, il Continente australiano. Ecco, metta tutto questo su una piattaforma comune di ragionamenti e si può capire quanto possiamo ancora crescere.

È indiscutibile che le imprese che investono in sostenibilità e in digitalizzazione sono anche quelle che esportano, di più e meglio. A suo parere le imprese italiane sono adeguatamente supportate nella transizione energetica ed ecologica e in quella digitale, oppure prevale un fai da te senza regia complessiva di sistema?

Senza dubbio c’è ancora tantissimo da fare, ma non dimentichiamoci che molto nel business estero passa su gambe e su incontri e su relazioni consolidate e/o da creare, molto difficilmente si chiude un deal, con una email o con la capacità di un’azienda di essere digitale. Senza dubbio tutto questo arriva un attimo dopo, più si esporta e meglio si performa un bilancio. E c’è un fatto assodato: le aziende che esportano di più sono anche le più digitalizzate perché più aperte al confronto internazionale e al green.

 Può descriverci la sua formazione e la sua avventura professionale? Cosa fa nel (certamente poco) tempo libero? Quali sono le sue passioni?

Diciassettenne, avevo il Sogno Americano e quindi, non appena diplomato, sono corso in America e con mille peripezie ci sono rimasto. Oggi con la Holding partecipo a più aziende, dall’Export alla produzione di sigari al Real estate con Isola di Altavilla, ed ho ancora qualcosa da fare a 39 anni. Il tempo libero è per Adele, la cosa più importante che Dio ha voluto donarmi: mia figlia.

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