Basterebbe dire solo questo per presentarlo (vista l’importanza dell’incarico), anche se la sola definizione non spiega molto del professionista, che da anni si muove nel settore della comunicazione istituzionale, avendo acquisito, a dispetto della ancora giovane età, un’esperienza notevole.
Il suo ruolo da uomo da ‘’dietro le quinte’’ troppo sbrigativamente potrebbe essere definito da lobbysta, quando forse sarebbe più corretto parlare, citandolo letteralmente, di qualcuno che aiuta le imprese a raccontare i loro interessi alla politica. Parlare con Michele Vitiello, come ha fatto Italia Informa, è un modo per calarsi in una realtà che, al di là degli addetti ai lavori, in pochi possono dire di conoscere veramente.
Michele Vitiello: il lobbysta spiega alla politica le ragioni delle imprese
Dottor Vitiello, da poco più di un anno e mezzo lei è il responsabile delle relazioni istituzionali e della comunicazione di Assopetroli-Assoenergia, dove ha portato la sua pluriennale esperienza nel settore. In un’epoca in cui tutto o quasi si riduce a messaggi e a interpretazioni, quanto è difficile muoversi sapendo che la Rete è implacabile?
Il nostro settore, come altri sui social e sulla stampa generalista, ha subìto pregiudizi ideologici e fake news. Me ne accorgo parlando con amici e familiari, persone che, per studio o lavoro, si occupano di altro. Il nostro compito è quello di informare i cittadini, comprendendo le loro preoccupazioni, perché sappiamo che sono frastornati da messaggi contrastanti, propaganda ideologica e grida populiste. Perciò spieghiamo ai lettori, in un linguaggio semplice e accessibile, che per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici dobbiamo avere un approccio razionale, scientifico e non ideologico. Per ottenere questo, e allo stesso tempo garantire sicurezza all’Italia, stabilità economica e occupazionale, dobbiamo prendere in considerazione tutte le opportunità tecnologiche disponibili. Nel frattempo bisogna proseguire con gli investimenti in innovazione e ricerca. È una cosa che riguarda il futuro di ognuno di noi. È quasi una missione sociale.
Il settore energetico sta vivendo un periodo delicato, sotto la spinta delle istanze degli ambientalisti, che chiedono di sbarrare il passo ai combustibili fossili, e le oggettive difficoltà, per i produttori e i distributori, di seguire un’agenda realistica, con tempi e obiettivi certi. Qual è il suo giudizio?
Guardi, sgomberiamo il campo da un equivoco: penso che tutti possiamo definirci ambientalisti, se intendiamo con questo termine qualcuno che abbia a cuore il benessere dell’ambiente. Altra cosa sono gli eco-teppisti, gli utopici, o i profeti di sventure, che da mille anni stanno lì a dirci che il mondo sta finendo. Innanzitutto diciamo che i Paesi europei sono causa solo del 9% delle emissioni globali di gas serra, mentre gli Stati Uniti lo sono per il 13,5% e la Cina per il 30,9%. Certo, è giusto avere l’ambizione di fornire l’esempio, ed essere più virtuosi degli altri, ma c’è una questione di oggettiva realizzabilità dei target, e soprattutto del rispetto dei tempi che le istituzioni europee si sono imposte, perché nel frattempo stiamo perdendo competitività e gli impatti negativi ricadono sui cittadini. Pare che oggi in molti se ne stiano accorgendo, ma sono stati fatti danni. È stato tradito il principio di neutralità tecnologica, enunciato dal legislatore europeo, con posizioni ondivaghe che hanno generato incertezza nell’industria, che aveva invece la necessità di programmare gli investimenti. Nel mix energetico di un Paese serve stabilità, e le rinnovabili sono per definizione intermittenti. Per questo non possiamo più vincolarci ad una sola fonte, ma aprirci senza pregiudizio a varie possibilità. Penso al nucleare di nuova generazione, o ai biocarburanti di cui in Italia siamo leader, che nel ciclo completo della loro vita sono addirittura meno inquinanti dell’elettrico se questo viene prodotto bruciando carbone. Naturalmente, ne sono convinto, va aumentato l’apporto che riceviamo dalle rinnovabili.
Al responsabile delle relazioni istituzionali, si sa, si chiede di parlare con tutti, di avere tutte le porte aperte. Insomma, di risolvere tutti i problemi. E questo vale di più per un settore, come quello energetico, che vive quotidianamente un problema di sovraesposizione mediatica. Se dovesse spiegarlo a chi cerca di muovere i primi passi nel suo settore e le chiedesse come fare, cosa direbbe?
Si lavora di squadra e ogni ingranaggio è funzionale al meccanismo. I nostri volti di punta sono il Presidente Andrea Rossetti e il Segretario Generale Sebastiano Gallitelli. Poi c’è una segreteria organizzativa, chi si occupa di regolatorio e altri. A chi come me vuole intraprendere questo lavoro, in seconda linea, dico che bisogna innanzitutto studiare, perché tutto quello che raccontiamo è supportato da dati e ricerche. Per questo è importante rimanere aggiornati, monitorare la stampa di settore e quella generalista. Attivare dialoghi con think tank, centri studi e terze parti che garantiscono imparzialità. Anche i politici sono vittime di bias e disinformazione, e ciò rischia di ricadere negativamente sulla produzione normativa. Per questo la nostra attività è su un doppio livello: arrivare ai cittadini, che con le loro opinioni poi fanno pressione sulla politica, e arrivare ai decisori, per aiutare il processo di rappresentanza democratica a compiersi. È importante farlo perché dall’energia dipende tutto, perché più accesso energetico significa maggiore sviluppo. E nel mondo globalizzato tutto è interconnesso: l’attacco ad una nave nel canale di Suez fa aumentare il costo della pasta in un supermercato di provincia.
Quelli che venivano chiamati, non certo in senso celebrativo, i petrolieri, nel comune sentire vengono considerati coloro che non ci perdono mai, perché le auto devono andare, come i riscaldamenti o le caldaie. Insomma, sono sempre in cima alle lamentele della gente comune. Quali sono gli argomenti che potrebbe utilizzare per riportare l’immagine dei player del settore energetico quanto più vicina possibile alla realtà?
Gli sconvolgimenti geopolitici di questi anni hanno impattato negativamente sui mercati internazionali dei prodotti petroliferi. È da quelli che dipendono le oscillazioni di prezzo che poi ricadono sugli impianti. Nonostante questo gli operatori italiani, in comparazione con il resto d’Europa, hanno mantenuto i prezzi di vendita più bassi al netto delle accise, secondo i dati forniti dai ministeri. Considerata la crisi, il Governo italiano ha poi chiesto alle aziende energetiche un contributo di solidarietà, che ha generato un gettito per le casse dello Stato di quasi 3 miliardi di euro. Eppure anche le ricerche dell’Antitrust hanno certificato che, grazie all’impegno degli imprenditori, non c’è stata nessuna ricaduta sulla vendita al consumatore. Aggiungo che la nostra Associazione, di concerto con alcune altre tra le più rappresentative, ha sottoscritto una convenzione con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy per applicare sconti a soggetti con particolari condizioni ISEE, possessori di una social card chiamata “Dedicata a Te”. Insomma questi sono solo alcuni esempi per dire che, oltre ad uno sforzo di responsabilità, gli operatori del settore stanno lavorando convintamente in un percorso di transizione sostenibile, con attenzione particolare ai criteri ESG: ambiente, impatto sociale e governance.
Recenti vicende, come quella delle proteste degli operatori della filiera dell’agro-alimentare, hanno riportato all’attenzione generale solo uno dei problemi della macchina produttiva del Paese. Lei, per l’incarico che ricopre, come legge queste situazioni e, se ci concede di chiederglielo, come le giudica da semplice cittadino?
Parlo a titolo personale. Storicamente le proteste dei cittadini nascono sempre dalla percezione di una norma sproporzionata e ingiusta. Questo accade quando il legislatore, in questo caso quello europeo, non mette al centro delle policy il benessere dell’uomo, ma un target da raggiungere, senza considerare le differenze di ambiente, mercati e asset industriali, peculiari per ogni Stato membro. I sussidi all’agricoltura che alcuni, come Ultima Generazione, chiedono di eliminare non sono finanziamenti che vanno al settore, ma sconti fiscali che consentono ai nostri agricoltori di essere competitivi sul mercato. Sono preoccupato per il Green Deal, perché la transizione ecologica dovrà camminare sulle gambe dei cittadini per realizzarsi. Se questi la percepiranno come ostile si opporranno ad essa e la manderanno in fumo. Per questo chi vuole davvero la decarbonizzazione si impegna perché il percorso sia ragionevole, e abbia i tempi e i modi giusti.
In un post, fatto a commento delle parole pronunciate da Yannik Sinner dopo la vittoria agli Open d’Australia, in cui ringraziava i genitori per come lo avevano accompagnato nella sua giovinezza, lei ha scritto: ‘’Perché se è vero che i lavori cambiano e non sapremo con precisione come cambieranno, il modello di libertà che c’è in chi segue le proprie passioni non ha periodi di crisi, ma è universale nel tempo e nello spazio’’. Più che un commento, sembra un indirizzo, un piccolo ‘’manifesto’’, un brevissimo compendio per i nostri figli. E’ così?
Non credo possa essere un manifesto per altri, è il mio punto di vista e la mia esperienza, da figlio, da fratello, non ancora da padre. Se può aiutare qualcuno, ne sono contento. Inevitabilmente il pensiero corre alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale e alla paura che possa ricadere negativamente sul saldo occupazionale. Credo però nel potere positivo che ha l’innovazione nel migliorare la vita dell’uomo, perché sono certo che il confronto e la sedimentazione aiutino a regolarne i possibili impatti negativi. È per questo che sarà ancora indispensabile l’intelligenza artigianale. Sul modello di libertà sono ancora più convinto, e nel mio privato ne sono anche un attivista. Ho letto qualche tempo fa che il successo è una naturale conseguenza delle cose fatte con passione. C’è che l’idea di successo è poi personale e intima, diversa per ognuno. Per me sta nella gioia della condivisione e nella consapevolezza ogni giorno di aver fatto un passo in più, anche piccolo, nella correzione dei miei errori. Senza fretta, ma senza sosta.