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“Natale d’ottobre, tavola vuota”: Capriles sfida Maduro in Venezuela

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
“Natale d’ottobre, tavola vuota”: Capriles sfida Maduro in Venezuela

In Venezuela le luci natalizie si accendono già il primo ottobre. Per decreto di Nicolás Maduro, le festività cominciano con due mesi di anticipo, trasformando Caracas in un presepe scintillante mentre il Paese resta al buio della crisi economica. Il leader dell’opposizione Henrique Capriles ha risposto con parole dure: “Non c’è Natale possibile quando non c’è cibo in tavola, quando i salari sono carta straccia e gli insegnanti fuggono dalle scuole”.

“Natale d’ottobre, tavola vuota”: Capriles sfida Maduro in Venezuela

Maduro ha annunciato l’anticipo l’8 settembre, presentandolo come un gesto di speranza in tempi difficili. Ma per molti venezuelani è solo un’operazione di facciata, un diversivo che cerca di distogliere l’attenzione dall’inflazione fuori controllo e dagli stipendi ridotti a pochi dollari al mese. Capriles, in un post su X, ha detto: “Si possono accendere le luci a ottobre, ma l’oscurità della crisi non si può nascondere. Servono stipendi dignitosi e soluzioni concrete per la gente”.

Festa di luci, Paese nell’ombra
Nei quartieri popolari di Caracas, i fili di lampadine colorate oscillano tra balconi scrostati e finestre buie. Lì la realtà è diversa: le famiglie faticano a comprare farina e carne, i mercati vendono a prezzi inaccessibili per chi riceve salari statali equivalenti a meno di 30 dollari al mese. Capriles ha ricordato il dramma dei maestri: “Quale Natale può festeggiare un insegnante che deve prendere tre autobus al giorno e non guadagna abbastanza per sfamare la famiglia?”. Molti docenti abbandonano le aule e cercano fortuna all’estero, lasciando dietro di sé un sistema educativo sempre più fragile.

Natale tra i blindati
La decisione di anticipare le feste si intreccia con la crescente tensione tra Caracas e Washington. Gli Stati Uniti mantengono un dispositivo navale nel mar dei Caraibi, ufficialmente per il contrasto al narcotraffico, ma percepito dal governo chavista come minaccia di “cambio di regime”. Lunedì la vicepresidente Delcy Rodríguez ha annunciato un “decreto di shock esterno” che conferisce a Maduro poteri speciali per la difesa e la sicurezza, da attivare in caso di “aggressione”. È l’ennesima prova della doppia faccia del Paese: decorazioni festive e presepi da una parte, check-point militari e retorica patriottica dall’altra.

Pane e dollari, il vero conto alla rovescia
L’economia venezuelana vive un’inflazione persistente che divora i salari e alimenta il mercato in dollari. Chi lavora nel settore pubblico spesso non arriva alla fine del mese. I dollari entrano come rimesse dalle famiglie all’estero o tramite l’economia informale, creando un sistema a due velocità: chi ha accesso alla valuta statunitense può sopravvivere, chi vive solo di bolívar resta intrappolato nella povertà. Capriles denuncia questa disuguaglianza e insiste sulla necessità di “salari dignitosi e politiche concrete per fermare la fuga di cervelli e di insegnanti”.

Il paradosso di Maduro
Anticipare il Natale non è una novità: Maduro lo fa quasi ogni anno, trasformando la festa in strumento politico. Ma oggi, con l’economia al collasso e il malcontento diffuso, l’iniziativa appare come un gesto disperato. Accendere luci e alberi di Natale non basta a scacciare il buio della sfiducia e della fame. I critici parlano di propaganda stagionale, un tentativo di regalare una parvenza di normalità a un Paese in cui milioni di persone sono costrette a emigrare.

Capriles, già candidato presidenziale e figura di spicco dell’opposizione, lancia la sua sfida da un terreno morale ed economico: “Non possiamo chiamare festa ciò che la gente non può vivere come festa. Senza pane, senza scuola, senza sicurezza, il Natale diventa un’illusione amara”.

In Venezuela si avvicina un Natale che comincia presto ma promette poco: le luci brillano nei viali di Caracas, ma la tavola resta vuota per troppe famiglie. Il contrasto tra la festa anticipata e la dura realtà quotidiana fotografa la crisi di un Paese in cui la politica usa la tradizione per coprire le crepe di un’economia esausta. Con il rischio che, passate le feste, resti solo il freddo delle promesse mancate.

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