Usa, i democratici: "Tassare merci da Paesi che non riducono emissioni"

- di: Brian Green
 
Fanno sul serio i democratici americani che vogliono imporre una tassa ulteriore sulle merci che provengono da Paesi che fanno poco o addirittura nulla per ridurre le emissioni, che sono tra la cause del riscaldamento globale. Si tratta di una misura che fa parte di un pacchetto di 3,5 trilioni di dollari a sostegno delle politiche ambientali.
La decisione di tassare le importazioni da Paesi non virtuosi è arrivata poche ore dopo che l'Unione europea ha presentato la propria proposta per un'analoga "tassa di frontiera" sul carbonio, strumento legislativo progettato per proteggere le produzioni nazionali e allo stesso tempo fare pressioni su altri Paesi per ridurre le emissioni che si stanno riscaldando il pianeta.

Le due azioni di concerto suggeriscono che i leader di governo pensano che la politica commerciale sia un modo efficace per attaccare il cambiamento climatico. I rappresentanti democratici hanno comunque detto che Stati Uniti ed Europa devono lavorare insieme per fare pressione sulla Cina e su altri Paesi fortemente inquinanti per ridurre le emissioni. Il piano include anche una serie di priorità che i democratici ritengono significative sul cambiamento climatico. Tra esse un meccanismo noto come "standard di elettricità pulita" che richiederebbe alle aziende elettriche di aumentare gradualmente la quantità di elettricità da fonti energetiche alternative sino ad azzerare le emissioni di biossido di carbonio.

Il piano prevede anche nuove agevolazioni fiscali per l'energia eolica, solare e altre energie rinnovabili, così come per i veicoli elettrici, una "tassa per la riduzione del metano" e il finanziamento di un corpo civile per il clima e la conservazione. Il piano, comunque, che dovrà superare molti ostacoli politici e procedurali per trovare attuazione, non specifica quanti soldi saranno destinati ai vari programmi. Le proposte democratiche in materia di tutela dell'ambiente hanno già determinato molto scetticismo da chi avverte che una tassa sui prodotti che vengono da economie non attive sul fronte dei cambiamenti climatici non è ancora stata prevista da nessun Paese, sarebbe difficile da realizzare, potrebbe determinare frizioni con i partner commerciali e fare giungere ad un contenzioso con l'Organizzazione Mondiale del Commercio.

Peraltro, dicono i critici, a differenza dell'Europa, che ha elaborato piano organico, contenuto in un documento di 291 pagine, i democratici non hanno rilasciato alcun dettaglio sulla loro proposta fiscale, chiamandola semplicemente una "tassa sull'importazione dell'inquinatore". Una definizione che non spiega cosa verrebbe tassato, a quale tasso o quante entrate si aspetta di generare.
Ci sono poi difficoltà pratiche da risolvere. Una tassa di frontiera sul carbonio (cioè all'ingresso sul mercato americano) richiederebbe alle aziende che vogliono vendere acciaio, ferro e altri beni negli Stati Uniti di pagare un prezzo per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa durante i loro processi produttivi. Nel caso in cui i Paesi non volessero o potessero farlo, toccherebbe agli Stati Uniti imporre il proprio prezzo.

Ma - dicono gli esperti - verificare la quantità di inquinamento da carbonio prodotto dalla produzione estera è difficile.
Quando si parla di questa tassazione motivata dalla causa ambientalista si devono comunque prendere in considerazione alcune variabili. Perché, se un Paese si impegna a tagliare le emissioni a livello nazionale, deve mettere in conto che le sue fabbriche, per rispettare le nuove prescrizioni, debbano affrontare costi di produzione più elevati e, quindi, abbiano una posizione di svantaggio rispetto ai loro concorrenti stranieri, che possono godere di regole ambientali più permissive.
La Cina è il primo Paese al mondo per emissioni di gas serra, alla base del riscaldamento globale, seguita in ordine decrescente da Stati Uniti, Unione Europea, India, Russia, Giappone, Brasile, Indonesia, Iran e Canada.
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