Usa: 500 atlete contro limitazioni all'aborto

- di: Brian Green
 
Un gruppo di oltre 500 tra atlete americane in attività o che hanno concluso la loro esperienza, a livello professionistico o universitario, ha inviato un atto formale alla Corte Suprema degli Stati Uniti avvertendo che ogni iniziativa per limitare l'accesso all'aborto sarà "devastante" per l'atletica femminile a tutti i livelli.

Nell'atto si legge che ''se lo Stato costringesse le atlete a portare a termine la gravidanza e partorire, potrebbe far deragliare le carriere agonistiche, il futuro accademico e i mezzi di sussistenza economici su larga scala.

Una tale restrizione fondamentale all'integrità fisica e all'autonomia umana non sarebbe mai stata imposta a un atleta maschio, sebbene sarebbe ugualmente responsabile di una gravidanza". Tra le firmatarie del documento ci sono la star del calcio Megan Rapinoe; la pallanuotista della nazionale americana Ashleigh Johnson; la star della WNBA (la lega professionistica americana di basket femminile) Diana Taurasi; il capitano della nazionale di calcio Becky Sauerbrunn e Layshia Clarendon, ex star della WNBA e attuale vicepresidente della Women's National Basketball Players Association.
L'istanza è stata presentata nell'ambito della discussione di un caso in materia di interruzione della gravidanza, la cui discussione è prevista per il 5 dicembre.

Un gruppo di 500 atlete statunitensi hanno sottoscritto una lettera contro le limitazioni all'aborto

Lo Stato del Mississipi, in particolare, ha chiesto esplicitamente alla Corte Suprema di ribaltare quasi 50 anni di precedenti sui diritti di aborto dalla decisione del 1973 (nell'ambito del procedimento 'Roe contro Wade'), consentendo quindi ai singoli Stati di stabilire nuove rigorose restrizioni sugli aborti precoci, se non addirittura vietarli del tutto. ''Come atlete e persone che praticano sport, dobbiamo avere il potere di prendere decisioni importanti sul nostro corpo ed esercitare il controllo sulla nostra vita riproduttiva", ha affermato Rapinoe in una nota. "Sono onorata di stare con le centinaia di atleti che hanno firmato questo mandato della Corte Suprema per aiutare a difendere non solo i nostri diritti costituzionali, ma anche quelli delle future generazioni di atleti".

I firmatari dell'appello sono tutte le donne che "hanno esercitato, fatto affidamento sulla disponibilità o sostenuto il diritto costituzionale all'assistenza all'aborto per soddisfare le esigenze dei loro sport". Crissy Perham, doppia medaglia d'oro e capitano della squadra olimpica di nuoto degli Stati Uniti del 1992, ha offerto una delle numerose testimonianze personali. ''Quando ero al college" - ha scritto -  "nonostante le precauzioni che avevo adottato, sono rimasta incinta per sbaglio. Ho deciso di abortire. Non ero pronta per essere una mamma e abortire mi sembrava di avere una seconda possibilità nella vita. Quella scelta" - ha scritto ancora Perham - "alla fine mi ha portato ad essere un'olimpionica, una laureata e una madre orgogliosa oggi".

"Come vittima di stupro durante il mio primo anno di college, sono stata confortata dal fatto che se fossi rimasta incinta e avessi avuto bisogno di un aborto, avrei avuto accesso a quel servizio", ha scritto una giocatrice di hockey su prato, che ha testimoniato la sua esperienza sotto anonimato. Ashleigh Johnson, la prima donna di colore della squadra olimpica di pallanuoto degli Stati Uniti e membro delle squadre olimpiche medaglia d'oro 2016 e 2021, ha affermato di volere che i giudici vedano l'accesso all'aborto come una questione di giustizia razziale. "È risaputo che le donne di colore sperimentano reali disparità nell'accesso ai servizi sanitari, inclusi contraccettivi, aborti e altre cure riproduttive - ha affermato Johnson in una nota -. Spero che possiamo avere un vero confronto, come Paese, sulla valutazione dell'autonomia delle donne nere".
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