Svimez:"Il Pnrr nel biennio 2021-2022 non colmerà il gap tra Centro-Nord e Sud"
- di: Redazione
Una analisi puntuale, nella sua schiettezza e nella capacità di andare al cuore dei problemi: è il rapporto Svimez 2021 che, come sempre, prende in esame soprattutto la capacità del Mezzogiorno di adeguarsi ai nuovi scenari economici, alla luce di opportunità diverse dal passato.
Ma, dice il rapporto, nell'analisi generale delle problematiche del Meridione d'Italia, il Paese è stato l'unico tra le grandi economie europee che nel 2019 ''non aveva ancora completato il suo percorso di recupero dalla lunga crisi 2008-2014, con crescenti divari interni sia sociali che territoriali''. Cosa che quindi, intuibilmente, ha acuito i gravi problemi manifestatisi con l'insorgere e l'affermarsi della pandemia. Poi una previsione che è anche un allarme: ''Nel biennio 2021/2022 il contributo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla ripartenza del Mezzogiorno è stimato dalla Svimez significativo, ma non sufficiente a compensare la minore crescita tendenziale dell’area''.
Il rapporto indica tre ''nodi ancora irrisolti'', ancorché già presenti in passato, sia pure con incidenze diverse nell'area: ''la mancanza di una ricognizione puntuale dei fabbisogni di investimento sulla quale basare un’allocazione delle risorse aggiuntive stanziate dal Piano coerente con l’obiettivo di ridurre il divario di cittadinanza di chi vive e fa impresa al Sud"; "l'esigenza di rendere cogente il rispetto del vincolo di spesa 'media' del 40%, così da assicurare il conseguimento di quote di spesa aggiuntiva adeguate al raggiungimento di target specifici di livelli di servizi su singole misure"; ''come evitare che la più bassa capacità progettuale delle amministrazioni meridionali determini il paradosso che le realtà a maggior fabbisogno finiscano per beneficiare di risorse insufficienti''.
Quindi, secondo la Svimez, c'è ancora un oggettivo ritardo del Meridione nella corsa ad ''adeguarsi'' ai cambiamenti di uno scenario economico che altrove ha ripreso a marciare, indipendentemente dall'impatto della pandemia.
È quindi necessario, ad avviso dell'associazione guidata dal presidente Adriano Giannola (nella foto), ''l'immediato rafforzamento della progettualità degli Enti locali e regionali del Mezzogiorno e su una governance condivisa, che superi la frammentazione e l’autoreferenzialità delle programmazioni, soprattutto regionali, nel pieno coordinamento tra diverse amministrazioni, al fine di evitare di riaccendere la miccia della conflittualità tra Governo e amministratori locali''. Una considerazione che mette l'accento ancora sulla distanza, che diventa talvolta ''conflittualità'', tra il governo centrale e quelli territoriali, conseguenza di una mancanza di coordinamento, che spesso vanifica sforzi anche meritevoli. Da qui una proposta: costituire ''centri di competenza territoriale, formati da specialisti nella progettazione e attuazione delle politiche di sviluppo, anche in raccordo con le Università presenti nel territorio, in grado di supportare le amministrazioni locali, e in particolare i Comuni''.
L'Italia lo scorso anno, a causa della pandemia, ha registrato una caduta del Pil drammatica, soprattutto se messa a confronto con la media europea, rispetto alla quale ha accusato un ulteriore
- 3% (l'8,9% contro il - 6,1%). Un calo relativamente omogeneo a livello territoriale: - 8,2% nella media delle regioni meridionali e -9,1% nel Centro-Nord, con una punta del -9,4% nel Nord-Est e una dinamica al Centro in linea con la media nazionale (-8,9%). A questo si è aggiunto, come conseguenza quasi inevitabile, un drastico calo degli investimenti in tutto il Paese, mediamente più intenso al Centro/Nord (-9,2%) rispetto al Mezzogiorno (-8,5%).
Il crollo delle attività economiche, si legge nel rapporto, "si è trasmesso solo parzialmente sulle famiglie per effetto delle misure di sostegno (Cassa integrazione, Ristori a imprese e professionisti, Reddito di Cittadinanza e di Emergenza): la riduzione del reddito disponibile delle famiglie è stata infatti compresa tra il -2,1% del Centro, il -2,8% del Mezzogiorno e il 4,2% nel Nord-Est''.
Il crollo della domanda interna privata, secondo la Svimez, è stato compensato dalla crescita della spesa delle amministrazioni pubbliche (+1,2% in Italia) che ha finanziato interventi massicci a sostegno di famiglie e imprese colpiti dalla crisi.
Dopo avere ricordato il complesso delle misure adottate dal governo per attutire le conseguenza della crisi pandemica (90 miliardi di spese aggiuntive nel 2021 e circa 42 miliardi nel 2022, con un contributo del Pnrr, comprensivo del Fondo complementare, di 9 miliardi circa nel 2021 e di circa 40 miliardi nel 2022), il rapporto fa le sue previsioni sulla capacità del Mezzogiorno di limitare la distanza con il resto del Paese, segnatamente il Centro-Nord, e le sue considerazioni non sono rosee.
In base alle sue previsioni, la Svimez sostiene che "mentre il Centro-Nord, con la ripresa 2021-22, recupererà integralmente il Pil perso nel 2020, il Mezzogiorno a fine 2022 avrà ancora da recuperare circa 1,7 punti di Pil che si sommano a circa 10 punti persi nella precedente crisi 2008-13 e non ancora recuperati''.
Nel 2021, secondo le varie previsioni che vengono fatte anche da istituzioni internazionali, il Pil italiano "dovrebbe aumentare del 4,7%; in maniera più accentuata al Centro-Nord ,+5,1%, mentre nel Sud è previsto a +3,3%. Nell’anno in corso la crescita è trainata dall’export e dagli investimenti; variabili che esercitano un effetto propulsivo maggiore al Centro-Nord". Interessante anche l'analisi che viene fatta sugli investimenti che "prima del 2020 avevano avuto un andamento estremamente deludente al Sud'' e che dovrebbero, anche grazie al supporto delle politiche espansive di bilancio, quasi azzerare nel 2021 la perdita registrata l’anno precedente. Al Centro-Nord +8,4% (grazie soprattutto ai macchinari), al Sud (la maggiore incidenza è delle costruzioni).
Ci sono poi numeri che sottolineano le diverse velocità con cui le aree del Centro-Nord e del Mezzogiorno marciano, e non certo da ieri.
''Il consuntivo di oltre un ventennio di sviluppo debole e disuguale del nostro Paese - si legge nel rapporti - è evidente se analizziamo la dinamica del PIL tra il 2000 e il 2022 stimato:
il livello del Pil del Centro-Nord nel 2022 risulta, in valori reali, superiore di circa 7 punti al valore del 2000, mentre risulterebbe nel Mezzogiorno ancora inferiore di quasi 8 punti''.
Lo scarto non ha certo bisogno di ulteriori commenti.
Gran parte del rapporto viene riservato al Pnrr e a come sia urgente e necessario risolvere alcuni problemi legati alla programmazione prima di dare attuazione concreta al piano. Oltre all'esigenza di chiedere alle amministrazioni locali una partecipazione vera e concreta alla realizzazione dei progetti del piano, per rendere realmente efficace la quota parte (40 %) riservata dal Pnrr al Mezzogiorno, il rapporto ritiene non più rinviabile la soluzione dello storico problema del passaggio dagli stanziamenti alla spesa effettiva. Questo perché, ad avviso degli analisti e degli esperti della Svimez, ''la minore capacità progettuale delle amministrazioni meridionali le espone ad un elevato rischio di mancato assorbimento, con il paradosso che le realtà a maggior fabbisogno potrebbero beneficiare di risorse insufficienti. Se si vuole scongiurare questo rischio, bisognerebbe rafforzare il supporto alla progettualità di questi enti''.