Le scelte in Europa di Salvini una mina vagante sul futuro del governo italiano
- di: Redazione
Il giorno dopo l'elezione-conferma di Ursula von der Leyen restituisce un quadro politico in Italia destinato a risentire di quel che è accaduto nel Parlamento europeo e nella stanze vicine, in cui si è materializzato uno scenario che, pur se lo si vuole negare a forza, rischia di impattare sui rapporti interni alla maggioranza e, quindi, sul futuro del governo. Che, al momento, non è a rischio, ma si sa che in politica certi processi hanno tempi lunghi, per fare sì che la rabbia o lo sbigottimento del momento sedimentino e si torni a parlare pacatamente, per poi comunque prendere atto e decidere.
Se Antonio Tajani brinda alla conferma di von der Leyen e Giorgia Meloni, che ha fatto votare contro i suoi Fratelli d'Italia, è costretta a bere dall'amaro calice della sconfitta, Matteo Salvini si sfrega le mani, avendo messo il presidente del consiglio in una strana condizione, quella di essere stata scavalcata a destra dal suo vicepremier.
Le scelte in Europa di Salvini una mina vagante sul futuro del governo italiano
Una destra anti-sistema, che si alimenta di sentimenti fortemente contro l'Europa comunitaria e che vuole cambiarla, ma non dall'interno, come insegnano tutti i testi non scritti della politica.
Per questo non ha esitato un istante ad aderire ai Patrioti di Viktor Orban, la cui connotazione ideologica è talmente estremista da imporre degli interrogativi su come la base della Lega - almeno la Lega di un tempo - possa accettare di sedere accanto a esponenti di partiti che perseguono l'emarginazione dei ''diversi'', solo per citare un tema.
Eppure, agli occhi di nn osservatore superficiale, Salvini ha colto una importante vittoria politica, poiché Giorgia Meloni è stata costretta a votare no alla rielezione di Ursula von der Leyen, schierandosi idealmente accanto a Salvini che della presidente della Commissione ha detto il peggio possibile. Anche quando il presidente del consiglio lavorava, a strettissimo contatto, con ''Ursula'' su dossier delicatissimi, quali quelli dell'immigrazione.
Ma il fatto che oggi Salvini gonfi il petto potrebbe essere un boomerang, perché, la storia lo insegna, l'ideologia è una cosa ben diversa dalla quotidianità e quindi il ''no'' di oggi potrebbe diventare un ''sì'', passando per un ''ni'', pur di tornare a sentirsi importante.
Ma il segretario leghista va avanti per la sua strada, avendo bene in mente i suoi obiettivi che, a dire il vero, sembrano essere più di facciata, inseriti in una strategia di comunicazione che porta Salvini a girare come una trottola, tra cantieri e inaugurazioni, intestandosi risultati anche di pratiche che altri hanno avviato.
Sarà il tempo a dire se le scelte di Salvini avranno ritorni positivi (tra consensi e voti), dopo le ultime batoste. Ma questo presupporrebbe che Meloni non muova un dito per fermare la straripante logorrea politica del suo vice, che continua a ripetere che il governo è coeso, ma sembra fare di tutto per aumentare il suo peso a danno degli alleati.
La stessa scelta di difendere, acriticamente e con pervicacia Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, ai domiciliari nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Genova, sembra una mossa essenzialmente politica, di calcolo, piuttosto che dettata dalla vicinanza all'illustre detenuto. Con il sospetto che sia una mossa per portare Toti (e i suoi consensi) su un fronte vicino alla Lega, allontanandolo dall'originario recinto forzista.
La tracimante politica salviniana, però, non ha solo voci nella casella dei risultati positivi, perché il suo innamoramento verso Roberto Vannacci, di cui ha imposto la candidatura alla Lega, spazzando perplessità, dubbi e ostracismi, sta mettendo il partito in un angolo in Europa. Perché si ha un bell'accreditarsi come uno dei fondatori dei Patrioti europei se poi il tuo candidato alla vicepresidenza del gruppo, appunto Vannacci, viene clamorosamente bocciato per le sue posizioni in materia di diritti, come quelli degli omosessuali.
Parlare di libertà, come quella degli europei di sperare di essere governati in modo diverso, è cosa normale, ma se si candida un personaggio divisivo come Vannacci si deve mettere in conto che le sue idee possano stranire gli alleati. Forse Salvini sperava che, sul piano politico, la questione potesse essere risolta, ma la netta opposizione degli eletti del Rassemblement National (della sua amica Marine Le Pen) deve essergli sembrata uno sgarbo, un'offesa personale, di cui però ha la piena colpa avendo cercato di imporre Vannacci a dispetto delle cose che ha scritto e che continua a ripetere, anzi vantandosene.