Gli ottimi risultati del bilancio 2023 e le previsioni per il 2024, l’aumento di fatturato e redditi di ingegneri e architetti, l’importanza dei proventi derivanti dai rendimenti finanziari degli investimenti e le azioni di diversificazione messe in atto, i provvedimenti che vengono chiesti a Parlamento e Governo, i nuovi orizzonti posti, nel breve e nel medio periodo, in termini di welfare e lo sviluppo della professione. Parla il Presidente di Inarcassa, architetto Giuseppe Santoro, che ‘governa’ con piglio manageriale una platea di circa 175mila iscritti, mentre i pensionati sono oltre 45mila 500.
Giuseppe Santoro: "Inarcassa è credibile perché crede nell'Italia"
Presidente, il bilancio consuntivo di Inarcassa del 2023 si è chiuso con 1miliardo e 156milioni di utile. Quali elementi hanno determinato questa crescita?
Abbiamo una strategia diversificata: Inarcassa dal 2004 investe nel private market, in equity, nel debito e in venture capital. Credo che non ci siano dubbi sul fatto che Inarcassa sia l’unico ente di previdenza, e non solo, che possiede 23 partecipazioni in società quotate italiane. Per fare qualche esempio: Moncler, Ferrari, Enav, Eni, Fine Food, Bonifiche Ferraresi, Fincantieri, Italgas. Abbiamo partecipazioni in società quotate e non quotate. I nostri investimenti sono mirati sul ritorno italiano in quanto, nell’Economia Reale Italia, non esiste società o struttura nelle quali non ci siano direttamente o indirettamente ingegneri e architetti coinvolti. Noi crediamo molto nel progetto reale Italia: Inarcassa, dove può, esercita il diritto di voto responsabile nelle assemblee dove possiamo candidare una nostra lista o un nostro collegio sindacale e, per questo motivo, in Fincantieri noi possiamo contare su ben tre consiglieri d’amministrazione e il presidente del collegio sindacale, in Italgas abbiamo due consiglieri d’amministrazione e il presidente del collegio sindacale, in Webuild e in Bonifiche Ferraresi abbiamo il presidente del consiglio sindacale. Ultimamente abbiamo ottenuto anche un consigliere in Nb Aurora. Dove è possibile, quindi, noi ci inseriamo nel tessuto perché siamo credibili. Consideriamo, inoltre, un aspetto fondamentale: Inarcassa gestisce risparmio previdenziale per poter pagare, un giorno, le pensioni. Non siamo speculatori, ma certamente per pagare pensioni ci dobbiamo quantomeno dare una direzione coerente, considerando che le pensioni e i pensionati aumentano sempre di più. Inarcassa deve tenere a galla questo risparmio previdenziale: il mondo del lavoro e le platee di lavoratori inevitabilmente mutueranno e diminuiranno e, di conseguenza, la parte finanziaria dovrà certamente avere un peso importante.
Quanto agli investimenti, qual è la vostra strategia?
La diversificazione rappresenta lo strumento più importante per poter sostenere patrimonio finanziario da una parte e platee dall’altra. Inarcassa ha 14 miliardi e mezzo di patrimonio, ma immaginiamo una cassa di previdenza piccola, con un patrimonio di circa un miliardo: per quanto si può esporre in proporzione e quanto può investire in Italia? È chiaro che in questo momento c’è bisogno di liquidità: le casse di previdenza rappresentano il primo bancomat a cui molti pensano e attingono. L’investimento sulle PMI è materia viva sulla quale lavorare e noi ci abbiamo creduto sempre. Il tema, però, è quanto possiamo esporci per una startup di 100 milioni, che è già un valore abbastanza alto. Per questo motivo, ci siamo dotati di una policy, al di là del Decreto sugli Investimenti che, tra l’altro, stiamo aspettando da 11 anni e di una guida per le casse di previdenza.
Per lo Stato le casse di previdenza non possono essere tutte uguali: tutte possiedono un background importante, ci sono strutture che muovono miliardi di euro, ma ci sono anche alcune casse abbastanza piccole, dove il Direttore Generale ricopre anche la funzione di Direttore del Patrimonio, Direttore del Personale, Amministrazione e controllo. Chi ha la responsabilità di governare una struttura di patrimonio importante, secondo il nostro avviso, deve essere lasciato libero di agire. Nel 1995 siamo partiti con un patrimonio di poco meno 30 miliardi, ora le casse di previdenza hanno un patrimonio di 108 miliardi. Significa che qualcosa di importante è stato realizzato.
Nel 2023 il fatturato e reddito degli ingegneri e degli architetti sono aumentati del 20% rispetto all’anno precedente, al lordo dell’inflazione. Cosa ha determinato una crescita così robusta?
Nella nostra cassa di previdenza sono presenti due anime: ingegneri e architetti. Per entrambe le categorie, siamo riusciti a realizzare una cassa comune, ma gli ordini sono separati. Per esempio, i commercialisti e i ragionieri hanno un ordine unico ma due casse distinte.
Il Sismabonus, in questo, ha rappresentato un grande volano, soprattutto per gli ingegneri iscritti alla nostra cassa, ma non per tutti: vi assicuro che molti professionisti non hanno fatto alcuna pratica di Sismabonus ed Ecobonus grazie ai quali, bisogna dirlo, è comunque ripartita l’edilizia.
Un ingegnere riesce a lavorare e ad inserirsi nel mondo del lavoro anche se non possiede la partita Iva e anche se non è iscritto all’albo. Un architetto no: se non possiede una partita Iva e non è dipendente è obbligato ad iscriversi all’albo e ad iscriversi ad Inarcassa e, se il mercato dell’edilizia entra in difficoltà, gli architetti ne risentono particolarmente. Grazie al Sismabonus e all’Ecobonus è partita un’edilizia privata: molti cittadini e anche alcune amministrazioni, infatti, hanno riattivato la domanda di ordini di commesse e di impiego. Il 110% ha trascinato l’edilizia e il reddito degli architetti, soprattutto nel picco degli anni 2022 e 2023. I recenti provvedimenti sul blocco del Sismabonus e sulla limitazione dell’erogazione dei crediti contribuirà un minimo alla discesa di questo segmento di mercato anche se, fino al 2025/2026, i redditi saranno ancora sostenibili. Noi, rispetto ad altre categorie professionali, abbiamo un andamento ciclico: nel mondo dipendente, infatti, il reddito è sempre crescente, mentre noi siamo condizionati inevitabilmente da accadimenti investimenti stanziati.
Lei ha affermato: “Siamo chiamati ad investire le nostre risorse nel Paese e al tempo stesso veniamo penalizzati dalla tassazione sui rendimenti, meccanismo che nel 2021 ha assicurato all’erario 765 milioni di euro. Analogamente, siamo assoggettati a normative destinate alla Pubblica Amministrazione senza tuttavia poter azionare le leve di gestione ad essa riservate”. Quali provvedimenti, di preciso, chiedete a Parlamento e Governo?
Nel panorama delle tassazioni in Europa la pensione, gli investimenti delle casse di previdenza e il provento che deriva dai rendimenti sono tutti esenti da tasse. Noi invece, possiamo dedurre i nostri contributi e abbiamo tassati i nostri rendimenti e le nostre pensioni. Ci pare quantomeno strano che il risparmio obbligatorio sia tassato al 26%, mentre il risparmio facoltativo al 20%. Ci sono 6 punti percentuali di differenza e non sono pochi. A tal proposito, abbiamo presentato diverse proposte al Parlamento e alle Commissioni, una in particolare insieme al Presidente Oliveti: se ci permettessero di pagare il 20%, potremmo decidere di investire i 6 punti percentuali di rendimento che avanzano in welfare e in sociale. È chiaro che ci deve essere una condizione: non posso prendere 6 punti percentuali dalle casse di previdenza e poi ci costringono a realizzare alloggi sociali a un canone di 20 euro al mese. Noi abbiamo ancora istituti di case popolari nei quali l’affitto medio mensile è pari a 18 euro. Questo 6% possiamo destinarlo verso un pacchetto di misure ritenuto strategico per il Paese Italia, garantendo a noi un minimo di rientro. Questa operazione, al momento, appare complicata per un motivo: abbiamo 3mila miliardi di deficit. Non è banale togliere 600milioni da un bilancio e da una finanziaria. Il Ministro dell’Economia, su questo, è stato chiarissimo: ora non ci sono coperture. Dobbiamo sostenere, da qui a 7/8 anni, una spesa ingente. Fino a quando ci sarà un’esigenza di questo genere, mi rendo conto che sia difficile realizzare un’idea simile per quanto valida.
Con Inarcassa abbiamo un progetto, realizzato con l’INPS chiamato Fondo Aristotele Senior volto alla realizzazione di appartamenti per persone che hanno una pensione di 2.500 euro lordi annui e decidono di stare in una casa con dei servizi. Sui progetti sociali, quindi, siamo molto presenti.
Io sono anche Vicepresidente dell’Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati), la quale conta circa 1milione e 600mila iscritti. Moltiplichiamo, per esempio, questa cifra per 2 persone facenti parte del nucleo familiare: per tutti questi cittadini noi forniamo una polizza sanitaria gratuita tramite la quale possono effettuare interventi chirurgici, un checkup gratuito annuale e altre visite. Grazie a questa polizza sanitaria gratuita, supportiamo concretamente le strutture pubbliche, alleviandole da un significativo numero di persone che altrimenti le congestionerebbero.
Nel momento in cui mi offri la possibilità di investire utilizzando quel famoso 6%, questi servizi si amplierebbero.
In quest’ottica, si pone un quesito fondamentale: le casse di previdenza sono soggetti pubblici o privati? È vero che eroghiamo un servizio sostitutivo, che prima del 1995 era completamente in carico all’INPS, ma noi nasciamo e siamo ancora un soggetto privato. E da tale, lo Stato non dovrebbe imporci degli obblighi pubblici come bilanci, spending review e altro ancora. Le casse di previdenza sono nell’elenco Istat e, ogniqualvolta che il governo prende una decisione in vari ambiti, inevitabilmente coinvolge anche noi. Nel bilancio consolidato annuale, però, lo Stato inserisce puntualmente in entrata 108 miliardi di euro che, in seguito, non troviamo come voce in uscita. Ci sono alcune casse di previdenza che, negli anni, hanno fatto male i conti e questo è innegabile, ma come ho asserito in precedenza per lo Stato non possiamo essere tutte uguali.
Inoltre, le casse di previdenza posseggono anche il 26% di Banca d’Italia: solo 3 casse di previdenza (medici, avvocati e la nostra di architetti e ingegneri) rappresentano circa il 15% di questa porzione.
Inarcassa presenta numeri che testimoniano l’attenzione della Cassa verso il welfare e lo sviluppo della professione. Quali sono i nuovi orizzonti che vi ponete, nel breve e nel medio periodo?
Un aspetto sul quale mi piacerebbe lavorare sono le platee: non può valere solo per le professioni che riguardano Inarcassa, ma deve valere per tutti gli impieghi. I nostri ordinamenti professionali, infatti, sono fermi al 1900 e mi riferisco a tutte le categorie, dagli ingegneri agli architetti, dai farmacisti ai notai. Gran parte dei lavori sono drasticamente cambiati rispetto a 30/40 anni fa.
Inarcassa nasce con una matrice ordinistica: ognuno di noi, infatti, è iscritto a un albo indipendentemente dalla professione (commercialista, ragioniere, avvocato e via dicendo). Il mondo, tuttavia, sta andando anche qui in una direzione molto più liberale. Ci sono delle professioni che coinvolgono gli ingegneri, per esempio, che qualche anno fa non esistevano: pensiamo agli ingegneri biomedicali, informatici, designer.
Gran parte di questi professionisti si laureano in ingegneria o in architettura, aprono una partita Iva, non sono dipendenti e non hanno alcuna intenzione di iscriversi a un albo perché lavorano ugualmente. L’ingegnere sulla sicurezza, per esempio, apre una partita Iva, non è dipendente, apre un suo studio professionale e lavora. Stesso discorso, a volte, vale per avvocati e commercialisti. Dove versano i contributi tutti questi professionisti? Alla gestione separata dell’INPS. Questo accade perché, nella maggior parte dei casi, queste persone non vogliono alcun vincolo con un modello nel quale non si riconoscono. E questo è un tema che riguarda le platee: l’elevato numero di professionisti iscritti alla gestione separata dell’INPS potrebbe rappresentare una platea molto appetibile per le casse di previdenza. Da qui, però, sorgono due problemi: l’INPS può farne a meno, tenendo conto che l’unica realtà in attivo all’interno dell’INPS è proprio la gestione separata?
La seconda riguarda la resistenza, comprensibile anche in questo caso, da parte dei Consigli nazionali degli Ordini Professionali. Infatti, a mio avviso ma non solo, il mondo professionale si dividerà in 4 macroaree: un’area sanitaria (formata da infermieri, medici, veterinari), un’area tecnica (ingegneri, tecnici, geometri), un’area legale (avvocati, giornalisti) e un’area contabile (ragionieri, commercialisti). Il nuovo assetto del mondo del lavoro porterà a una nuova configurazione non solo in ambito professionale, ma anche per quanto riguarda le casse di previdenza.