Salvini uno e bino: in Italia con Meloni, in Europa no
- di: Redazione
Cos'abbia in testa realmente Matteo Salvini è quesito sul quale molti analisti, più o meno di parte, più o meno ''terzi'' rispetto ai partiti, si stanno interrogando. E le interpretazioni sulla strategia che il segretario leghista sta portando avanti sono molteplici, concordando sostanzialmente solo su un elemento: quella di Salvini è una guerra di sopravvivenza, nella consapevolezza che, dall'esito delle ormai imminenti elezioni europee, dipende gran parte del suo destino.
Ma appare evidente, comunque, la schizofrenia del suo agire perché, se continua a ripetere che lui con Giorgia Meloni e il resto degli alleati della coalizione di governo va d'amore e d'accordo, nei fatti si comporta come un competitore del presidente del Consiglio, di cui cerca di appannare l'immagine in proiezione Bruxelles.
Salvini uno e bino: in Italia con Meloni, in Europa no
Le parole in politica sono quelle che sono, parole appunto, perché, affinché esse siano importanti, devono avere un seguito nei fatti. E allora come si può conciliare il sempre riaffermato rispetto per il patto di governo se poi, scientemente, si concede a Marine Le Pen, in occasione del raduno della destra europea, fortemente voluto da Salvini, un palco mediatico dal quale lanciare non punzecchiature, ma vere e proprie bordate nei confronti di Giorgia Meloni, nell'ottica della consolidata amicizia con Ursula von der Leyen, che il Ppe ha ricandidato a succedere a sé stessa alla presidenza della Commissione europea?
Le alleanze si dovrebbero sempre rispettare, quindi a Roma come a Bruxelles. E se non si condividono idee e obiettivi dei compagni di viaggio si denunciano, assumendo le conseguenti determinazioni. Anche perché Salvini mai ha fatto mancare, al dibattito politico, gli attacchi contro l'Ue. riconducendo alle istituzioni comunitarie l'origine di tutti i mali e sostenendo che l'Europa deve cambiare, anche se il governo italiano, nella sostanza, dialoga quotidianamente e positivamente con Bruxelles e i suoi vertici.
Se a Salvini e alla Lega (sempre che il movimento condivida, hic et nunc, le idee del suo segretario) non va bene la saldezza del rapporto tra Meloni e von der Leyen, diventato il bersaglio di Marine Le Pen - che non è certo andata leggera nei confronti del presidente del consiglio -, essi hanno delle opzioni. Ma al momento quelle politicamente più logiche non sembrano essere contemplate dal ''capitano''.
Il quale, peraltro, cosciente che ormai Forza Italia segue da presso la Lega in termini di voti (e forse l'ha già superata per consenso), ha messo in cima ai suoi pensieri contestare i vertici azzurri, accusandoli di avere scelto di abbandonare il ''credo'' berlusconiano.
Ora, fare assurgere Berlusconi al rango di protagonista del pantheon leghista appare come un'operazione smaccatamente spregiudicata, nel tentativo di rosicchiare qualche voto a Forza Italia puntando sull'eredità morale dell'ex Cavaliere, di cui Antonio Tajani è però il celebrante assoluto.
Rivendicare come propria la filosofia berlusconiana nel momento in cui Forza Italia sembra riprendere vigore, nonostante la scomparsa del suo vate, può anche essere un escamotage politico, ma, contestualmente, sembra essere la presa d'atto che lo spostamento dell'asse portante della Lega ben oltre il confine del conservatorismo (di cui Giorgia Meloni è riferimento in Europa) sta nuocendo al cuore del movimento che, ormai sempre più manifestamente, mostra i sintomi di un rigetto delle scelte di Salvini, qui e in Europa.