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Nuovo test del sangue anticipa la diagnosi di cancro fino a 3 anni

- di: Vittorio Massi
 
Nuovo test del sangue anticipa la diagnosi di cancro fino a 3 anni
Scopri come un’analisi rivoluzionaria sta cambiando il futuro della diagnosi oncologica – e cosa dicono gli esperti.
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Prevedere il cancro prima che bussi alla porta
Un team della Johns Hopkins University ha annunciato di aver sviluppato un test del sangue in grado di scovare segnali di cancro fino a tre anni prima della comparsa dei sintomi. Un risultato tanto sorprendente quanto promettente per la medicina preventiva e l’oncologia.

Come funziona il test?
Il cuore dell’innovazione chiamata MCED – multicancer early detection, sta nella sofisticatissima sequenziazione del DNA circolante (ctDNA): basta un campione di plasma per individuare frammenti genetici rilasciati dalle cellule tumorali.
Lo studio ha analizzato 52 campioni da partecipanti allo studio ARIC (Atherosclerosis Risk in Communities), un’inchiesta sull’insufficienza cardiovascolare. Tra di loro, 26 persone hanno sviluppato un tumore entro sei mesi dalla raccolta del sangue; dei restanti, 8 sono risultati positivi al test MCED. In 4 casi, il segnale era già presente 3,1–3,5 anni prima della diagnosi clinica.

“Tre anni di vantaggio possono fare la differenza”
La dott.ssa Yuxuan Wang, prima autrice dello studio, ha dichiarato: Three years earlier provides time for intervention. The tumors are likely to be much less advanced and more likely to be curable”.
Anche il prof. Bert Vogelstein, tra gli autori senior, evidenzia l’importanza di questo traguardo: “This study shows the promise of MCED tests in detecting cancers very early, and sets the benchmark sensitivities required for their success”.
E il prof. Nickolas Papadopoulos punta il riflettore sulle potenzialità cliniche: “Detecting cancers years before their clinical diagnosis could help provide management with a more favorable outcome”.

Le sfide restano: seguire la positività
Non tutto è risolto: uno dei principali quesiti permette di trasformare un risultato positivo in un percorso terapeutico condiviso. Come agire? Imaging? Biopsia? Monitoraggio? Gli autori riconoscono:
“Of course, we need to determine the appropriate clinical follow-up after a positive test”.

Realtà o illusione? Il criterio statistico
Secondo il Pulitzer Siddhartha Mukherjee (The New Yorker) è fondamentale valutare questi test alla luce del “prior probability”: più è basso il rischio nella popolazione, più aumenta il tasso di falsi positivi e il rischio di sovradiagnosi.
Il dilemma: catturare ogni segnale possible o evitare inutili stress e trattamenti? Serve equilibrio e medicina personalizzata.

Cosa cambia per i pazienti
Diagnosi precoce: tumori più piccoli, trattamenti meno invasivi, migliori tassi di sopravvivenza.
Sopravvivenza a 5 anni: può oscillare dal 99 % (diagnosi precoce) al sotto il 32 % (diagnosi tardiva), come avviene nel tumore al seno.
Il test non sostituisce lo screening tradizionale (mammografia, colonoscopia, Pap test), ma punta a integrarlo e completarlo.

E adesso? Le prossime tappe

1. Validazioni più ampie: necessari grandi trial su popolazione generale e gruppi a rischio.
2. Standard clinici: sviluppare linee-guida condivise per ogni positività.
3. Accesso e regolamentazione: né il test né altri MCED sono ancora approvati FDA – sono in “Laboratory Developed Tests”.
4. Cultura della prevenzione: trasparenza ai pazienti, etica e bilancio tra benefici clinici e psicologici.
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Un balzo strategico nella corsa contro il cancro
Questo test non è solo un passo avanti: è un balzo strategico nella corsa contro il cancro. Il lavoro di Johns Hopkins dimostra che anticipare l’oncologia può significare vincere. Ma serve rigore: selezione dei pazienti, interpretazione dei dati, gestione delle conseguenze.
In futuro, un semplice esame del sangue potrebbe diventare un alleato potente, capace di cambiare la narrazione della malattia: da emergenza a prevenzione. Il mondo medico e scientifico osserva – con speranza, cautela e responsabilità.

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