Rosario De Luca: "Consulenti del lavoro, mutazione tecnologica. Ma valori fondanti sono sempre gli stessi"

- di: Redazione
 

Legalità, sicurezza e trasparenza. È la triade della professionalità dei Consulenti del Lavoro, per un mondo del lavoro più equo, sicuro e inclusivo, obiettivo che definisce l’operato della categoria fin dalla sua origine. Se i valori fondanti restano gli stessi, molto però cambia: la categoria è alle prese con l’adeguamento alla rivoluzione digitale e chiede al Governo un supporto concreto attraverso politiche che favoriscano la semplificazione delle procedure e la digitalizzazione dei processi. Il bilancio dei primi due anni di mandato del Presidente, che è stato riconfermato nella carica per il triennio 2023-2026. La questione degli infortuni sul lavoro.

Rosario De Luca: "Consulenti del lavoro, mutazione tecnologica. Ma valori fondanti sono sempre gli stessi"

Presidente De Luca, può fornirci un quadro sintetico del ruolo cruciale dei consulenti del lavoro e di come la rivoluzione digitale sta cambiando i contenuti di questa professione? Intanto, chi può essere Consulente del Lavoro?

Il Consulente del Lavoro è un professionista che si occupa di amministrazione aziendale, supportando imprese e lavoratori nella gestione dei rapporti di lavoro. Dalla certificazione dei contratti alla normativa riguardante la sicurezza, dalla gestione delle politiche attive del lavoro alla consulenza previdenziale e fiscale. Passando per la promozione del welfare aziendale, la conciliazione delle controversie di lavoro e la mediazione civile e commerciale. Si tratta di una professione che offre numerosi sbocchi lavorativi ai laureati in discipline economiche, giuridiche o sociali. Che poi dovranno svolgere 18 mesi di praticantato e conseguire l’esame di Stato per l’abilitazione professionale. Sicuramente, la rivoluzione digitale sta trasformando significativamente la vita di studio e anche le modalità con cui vengono gestiti gli adempimenti. Con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale possiamo svolgere le attività in maniera più efficiente. L’IA, infatti, non va concepita come una minaccia, ma come un’opportunità per reinventare e semplificare il nostro modo di lavorare.

Lei ha affermato che, “negli ultimi vent’anni”, la professione dei Consulenti del Lavoro “si è affermata per i grandi valori sociali di cui è portatrice”. Possiamo elencare tali valori e tracciare l’evoluzione della professione negli ultimi 20 anni?

La realizzazione di un mondo del lavoro più equo, sicuro e inclusivo è l’obiettivo che definisce l’operato della categoria sin dalle sue origini. Legalità, sicurezza e trasparenza, infatti, caratterizzano la vocazione sociale del Consulente del Lavoro. Da 10 anni promuoviamo la cultura del lavoro etico e regolare tramite l’Asse.Co., l’asseverazione contributiva e retributiva dei rapporti di lavoro, e andiamo nelle scuole a far conoscere l’importanza della sicurezza sul lavoro. Perché crediamo che le nuove generazioni debbano farsi portatrici dei valori alla base del vivere civile. Sono questi i valori sui quali continueremo a puntare anche in futuro.

Lei è stato eletto Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro nel 2022 e, a novembre 2023, è stato confermato per il triennio 2023-2026. Quale bilancio può tracciare su questi primi due anni di mandato? Cosa farà, invece, nei prossimi mesi?

Il bilancio è complessivamente positivo. In questi due anni abbiamo avviato iniziative rivolte all’evoluzione della professione e a esaltare il ruolo sociale della categoria, che da sempre promuove i valori dell’equità e dell’inclusività e tutela le fasce più deboli del mercato. Oggi siamo protagonisti delle dinamiche giuslavoristiche e fiscali del Paese grazie al contributo concreto che abbiamo offerto alle Istituzioni e alla politica, seguendo con attenzione le trasformazioni dell’assetto sociale e produttivo. Il nostro obiettivo sarà sempre quello di interpretare con versatilità le continue trasformazioni del mondo del lavoro, senza mai dimenticare le esigenze di imprese e lavoratori, sia dipendenti che indipendenti. 

Quali gli elementi principali che sono emersi dagli Stati Generali dei Consulenti del Lavoro? Quali problemi, quali progetti, quale futuro per la professione? In particolare, cosa chiedete alle Istituzioni, a cominciare dal Governo? 

Gli Stati Generali dei Consulenti del Lavoro hanno messo in luce la necessità di rimodulare le competenze in risposta alle nuove tecnologie. La categoria, infatti, investirà maggiormente sui nuovi strumenti tecnologici per rendere ancora più appetibile la professione per le nuove generazioni. Ma anche sulla formazione mirata degli iscritti, all’insegna dell’alta specializzazione e in linea con quanto oggi richiedono le imprese. Alle Istituzioni chiediamo un supporto concreto attraverso politiche che favoriscano la semplificazione delle procedure e la digitalizzazione dei processi.

Secondo l’indagine della Fondazione Studi - di cui lei è Presidente - in partnership con Confapi, l’11% delle imprese ha già sviluppato sistemi di intelligenza artificiale (AI), mentre il 52% pensa di investire nei prossimi tre anni. I Consulenti del lavoro sono pronti davanti ai nuovi scenari che l’AI produrrà in termini di competenze, tipi di lavoro, riorganizzazioni aziendali e così via?

I Consulenti del Lavoro già utilizzano i sistemi di intelligenza artificiale nei loro studi. Ma, grazie a una formazione specifica in materia, saranno in grado di supportare le aziende in maniera ancora più incisiva nella riorganizzazione dei loro processi produttivi. Come categoria, però, ci interroghiamo sul rapporto tra etica, deontologia e applicazione dei nuovi strumenti tecnologici. L’IA costituirà un valido aiuto per l’uomo, ma il valore delle professioni intellettuali resterà sempre un punto fermo. La stessa intelligenza artificiale, infatti, non potrà svolgere quel ruolo sussidiario e di raccordo tra Stato, imprese e cittadini che spetta solo ai professionisti ordinistici.

Torna prepotentemente - e talvolta tragicamente - alla ribalta la questione degli infortuni sul lavoro. Lei ha affermato che “la normativa esistente, ultimamente anche revisionata, è certamente adatta”, ma serve “un’azione che deve coinvolgere tutti e partire già dalla formazione scolastica”. A che punto siamo su questo problema?

Credo si stia procedendo verso la giusta direzione, ma molto ancora può essere fatto. Il disegno di legge al vaglio del Parlamento che introduce l’insegnamento nelle scuole della sicurezza sui luoghi di lavoro rappresenta un buon segnale. L’attività di vigilanza degli organi ispettivi da sola non basta. È fondamentale diffondere una cultura della sicurezza a 360 gradi. I giovani devono essere coscienti delle sfide future del mercato, così come delle misure di prevenzione e contrasto agli infortuni. Bisogna partire da loro per realizzare un cambiamento culturale e consolidare la consapevolezza che la sicurezza non rappresenta un costo, ma un investimento in serenità sociale.

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